Giovanni Franzoni. Autobiografia di un cattolico marginale

Prendi una nonna materna mitteleuropea, sposa di un ufficiale della Koeniglich und Kaiserlich Kriegsmarine, la marina militare del Kaiser; uniscili a un nonno paterno garibaldino, eroe della battaglia di Bezzecca e marito di una gentildonna di nobile famiglia inglese, la cui madre era stata di compagnia della regina Vittoria, e il cui nonno ammiraglio di Sua Maestà; aggiungi un padre uscito dal marmo anarchico di Carrara ma venato dal nero della gioventù fascista e sposato alla dolcezza italo-slovena di una madre istriana; amalgama per bene i vari DNA e cosa ne verrà fuori? Un poeta? Un drammaturgo? Un capopopolo? Uno scienziato da nobel?

Niente e un po’ di tutto questo: è venuto fuori Mario Franzoni secondo l’anagrafe, Giovanni Battista, monaco benedettino e poi Abate della patriarcale basilica di S.Paolo fuori le mura secondo questa autobiografia.

In essa, e nei documenti per lo più inediti che l’accompagnano, appare chiara la fertilità di quel meticciato, che lo ha portato a considerare sempre le diversità come una ricchezza, senza perdere le radici profonde delle origini.

L’autobiografia si chiude con uno sguardo che dal passato si volge al futuro: cosa si intravede, dopo 40 anni di cammino insieme alla Comunità cristiana di base di San Paolo, che intorno a lui si è costituita e che con lui ha cominciato il suo esodo dalla basilica?

Giovanni Franzoni racconta, per la prima volta in modo non episodico, la sua vita, dandoci modo di riflettere sulle circostanze che hanno influito sulle sue scelte. Oltre ottant’anni, cruciali nella storia del nostro paese e della Chiesa cattolica, scorrono sotto i nostri occhi attraverso i ricordi di un protagonista.

Dopo l’età giovanile trascorsa a Firenze nel periodo fascista e della guerra, completa i suoi studi a Roma e nel 1950 entra nel Monastero benedettino di S. Paolo. Divenuto abate nel 1964, partecipa alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, del quale ricorda fatti poco noti e personaggi importanti. Di questi ultimi sono riportate in appendice lettere inedite, accanto alla testimonianza toccante delle zie, che, a Firenze, seguivano “dal basso” le sue travagliate vicende.

Infatti, quei “profeti di sventura” che Giovanni XXIII aveva temporaneamente messo a tacere, rialzano presto la testa e vedono nelle scelte sue e di altre chiese locali, una pericolosa deriva radicale.

Seguiamo quindi i retroscena del suo strano “processo”, al termine del quale è costretto a rassegnare, nel 1973, le dimissioni e a trasferirsi in modesto locale lungo la Via Ostiense con la Comunità nel frattempo costituitasi attorno a lui e che tuttora opera cercando di testimoniare un modo “altro” di essere Chiesa.

Editore Rubbettino – Anno 2014 – pag. 262

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