Viaggio nella Chiesa conciliare di G.D’Alessandro

Giacomo D’Alessandro
Adista Segni nuovi nn. 46/13, 2/14, 4/14, 8/14

 

Plurale, laica, libera, in dialogo con la storia

Quali sono e come comunicano le realtà ecclesiali che a 50 anni dal Concilio Vaticano II portano avanti l’innovazione conciliare? È questo il tema di un’indagine che ha richiesto due anni di viaggi, incontri e documentazioni in giro per l’Italia, di cui proponiamo, in quattro puntate, le conclusioni più significative. L’obiettivo è contribuire alla creazione di nuovi strumenti per dare spazio e peso a un dibattito ecclesiale plurale, che aiuti la Chiesa a rinnovarsi profondamente.

 Una mappa utile

Tutto inizia da una domanda urgente: è possibile oggi in Italia creare una mappa significativa delle realtà ecclesiali che innovano? Ma cosa si intende per innovazione e cosa per mappa significativa? Si intende qui individuare e raccogliere le realtà che portano avanti l’innovazione del Concilio, quel mondo ecclesiale più libero e critico, aperto a un dialogo collaborativo con la società, in cerca di un’adesione più radicale al Vangelo e quindi che rifugge la dimensione del potere e della rivendicazione religiosa. Questo mondo è composto di realtà ecclesiali nell’accezione più ampia del termine: reti, gruppi, associazioni, parrocchie, movimenti, singole personalità… tutto quel protagonismo di base che ha la sua matrice nel Concilio Vaticano II.

La costruzione di questa mappa dovrebbe interessare tutti coloro che sono impegnati in un processo di riforma della Chiesa (dove riforma – ricorda lo storico Alberto Melloni – significa tendere a un’adesione sempre più fedele al Vangelo), con la prospettiva di sfruttare tutte le potenzialità del web: quando infatti l’innovazione è messa in rete e comunicata, genera conoscenza e dibattito; se le realtà ecclesiali trovano uno strumento moderno ed efficace per emergere, la loro voce acquisterà un peso maggiore nella vita della Chiesa, così spesso ridotta – almeno mediaticamente – a Vaticano, papa e cardinali, a discapito della pluralità che le è propria. Una Chiesa che emerge nelle sue componenti più aperte, plurali, credibili e impegnate socialmente avrà una capacità maggiore di incontrarsi e collaborare con le realtà laiche e non credenti del mondo contemporaneo. Al suo interno, il dibattito e il fermento troveranno terreno più fertile perché siano affrontati collettivamente una sere di gravi nodi che, dal dopo Concilio a oggi, stanno incancrenendo l’azione ecclesiale, azzoppandone l’annuncio.

L’innovazione nel Concilio

Il Vaticano II è certamente l’evento innovativo per eccellenza nella Chiesa del ‘900. I suoi documenti, ma ancor più le discussioni e le personalità che ne sono state protagoniste, mettono in luce una serie di precisi caratteri che rendono visibile questa novità e che oggi possiamo ricercare nelle realtà ecclesiali per definirle più o meno innovatrici.

A monte il taglio volutamente pastorale, che produce un aggiornamento, un dibattito caratterizzato da discussioni collettive: per accrescere la fedeltà al Vangelo da parte della Chiesa e delle persone occorre favorire una sana e costruttiva autocritica. In secondo luogo il nuovo rapporto con la storia e con il mondo, che genera un dialogo con le Chiese sorelle, con le altre religioni, con i non credenti e l’ateismo. Ciò cambia complessivamente il modo della Chiesa di stare nella società contemporanea. In terzo luogo la libertà di coscienza e l’eguaglianza, che si portano dietro da un lato la libertà religiosa e dall’altro l’inizio di un ripensamento della concezione sacerdotale (diaconato uxorato, teologia del sacerdozio comune…). Un risultato concreto è l’apertura e l’incentivazione dello studio della teologia e della Bibbia verso i laici e le donne, che porta frutto in tutto il secondo ‘900 nei cenacoli teologici (anche critici) e nelle teologie non romane. Infine la concezione della Chiesa come “popolo di Dio in cammino” che introduce la prassi della collegialità e della valorizzazione dei laici come presenza attiva nella società, nella politica e nella Chiesa stessa.

Il tema dell’aggiornamento suggerisce che processi di innovazione sono sempre leciti in ogni tempo e luogo, e che necessitano del contributo di tutte le realtà ecclesiali. Il dialogo con il mondo esorta con un approccio positivo e costruttivo all’incontro, allo scambio e alla collaborazione con la società e con le culture, per contribuire al bene universale. Quest’ultimo rimane uno dei criteri vincenti per individuare le realtà ecclesiali che innovano, quelle che a una rivendicazione di fede e di potere autoreferenziale preferiscono uno stile di umiltà, apertura e collaborazione con tutte le componenti della società. La prassi, largamente inattuata, della collegialità esorta a vivere i processi di governo della Chiesa a partire dalla pluralità di voci e di opinioni, legittimando la discussione e la condivisione. La valorizzazione dei laici è l’altra discriminante per valutare innovatrice o meno una realtà ecclesiale: da una base plurale, fertile e desiderosa di sinodalità dipende la capacità di autonomia e di critica nell’operare all’interno della Chiesa e della società. Da una valorizzazione dei laici condizionata a un’obbedienza cieca alla gerarchia si creano invece quelle “chiese parallele” di tendenza settaria come è evidentemente accaduto per alcuni potenti movimenti cattolici.

 Sviluppi post-conciliari

Dagli anni ‘60 ad oggi l’innovazione del Concilio ha influenzato in vari modi la formazione e lo sviluppo di realtà ecclesiali, dando vita ad evoluzioni, sperimentazioni, ulteriori innovazioni ma anche tensioni, contrasti e a volte rotture ecclesiali.

Un primo passaggio chiave è la Teologia della Liberazione, nata in America Latina a partire dalla conferenza di Medellìn (1968) per promuovere una liberazione integrale (di coscienza, economica, sociale e politica) delle popolazioni oppresse, e che è stata soggetto e oggetto di polarizzazioni, ammonimenti, rotture e condanne nel rapporto con il Vaticano. Negli stessi anni ad aprire tra le realtà ecclesiali spazi di evoluzione e dibattito è l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI sulla regolazione delle nascite, che ha generato filoni di ricerca, contestazione e discussione attuali tutt’oggi. Un terzo passaggio chiave si può individuare nelle proposte di riforma della Chiesa cattolica venute fuori da sinodi, pubblicazioni, circoli teologici, appelli pubblici, eventi, personalità di spicco, gruppi e realtà ecclesiali, dagli anni ’80 ad oggi. Va aggiunto su un binario parallelo il vasto mondo della pastorale ordinaria, in cui è possibile individuare figure che hanno saputo tradurre in scelte e percorsi pastorali i caratteri di innovazione del Concilio. Un nome su tutti: Carlo Maria Martini.

Il fermento post-conciliare di cui questi passaggi sono rappresentativi è stato raccontato e sviscerato da un largo numero di riviste e pubblicazioni, vere e proprie fotografie di percorsi ecclesiali fuoriusciti dagli schemi istituzionali, fino a spingersi su terreni inesplorati. È evidente l’attualità che mantengono gli argomenti di innovazione introdotti dal Concilio, molti in gran parte ancora da attuare. È lecito dunque domandarsi: a che punto siamo oggi? Chi porta avanti l’innovazione conciliare, anticamera del rinnovamento della Chiesa?

Allargare la visuale

Affermare il valore della pluralità di percorsi innovativi dopo il Vaticano II è necessario per provare a leggere la realtà ecclesiale di oggi. La nostra ricerca guarda innanzitutto alle realtà che germogliano dal Concilio stesso, tra cui l’area cosiddetta del dissenso o della contestazione: chi tra queste ha una funzione di sola memoria storica e chi invece ha ancora linfa vitale per svilupparsi ulteriormente? Al contempo bisogna osservare realtà più recenti, anche quelle non legate al dissenso o al Concilio, eppure di fatto innovatrici perché ne vivono e ne promuovono gli stessi temi. Come comunicano e come dibattono queste realtà nella Chiesa e nella società?

Che la si chiami Ekklesìa o “cattolicesimo conciliare”, quest’area ecclesiale esiste, può essere raccontata e ha bisogno di essere messa in rete per emergere e favorire un dibattito fertile nella Chiesa, per la Chiesa e per la società. Occorrono strumenti idonei e pensati di comunicazione, in linea con le nuove tecnologie e con le dinamiche relazionali e collaborative della “modernità liquida”, che rendano efficace questa mappa, questa rete inter-connessa e comunicante.

Un punto di partenza in questo senso è stato per me incontrare alcune realtà rappresentative per capire quali siano le esigenze, le difficoltà, i punti di forza a disposizione, la visione del mondo e della Chiesa, i temi di discussione più comuni. Senza sottovalutare la difficoltà di far parlare tra loro percorsi diversi, approcci differenti, risorse limitate e spesso già troppo oberate sul fronte sociale per avere la forza e la competenza di occuparsi di comunicazione in rete. Senza lasciare che a queste difficoltà non si tenti di rispondere con energie nuove. (continua sul prossimo numero…)

Consigli per le letture

Valerio Gigante e Luca Kocci, La Chiesa di tutti, Altreconomia, 2013 (acquistabile anche presso Adista, 06/6868692, abbonamenti@adista.it, www.adista.it);

Aa. Vv., Concilio e antiConcilio, speciale di Adista, n. 32/12 (acquistabile anche presso Adista);

 Aa. Vv., La Chiesa gerarchica e la Chiesa di Dio, MicroMega n. 7/2012;

 Giacomo Costa, Festeggiare i 50 anni del Concilio con Carlo Maria Martini nel cuore, Aggiornamenti Sociali n. 9-10/2012;

 Cfr. anche il sito: www.vivailconcilio.it.

|

|

Dalle riviste ai blog, come comunica la Chiesa del Concilio?

Per individuare le realtà che portano avanti l’innovazione del Concilio è utile una panoramica della comunicazione esistente. A partire dalle riviste, da chi scrive, dibatte e racconta, dai blog e dai portali online, possiamo ricostruire una mappa geografica e qualitativa delle realtà ecclesiali.

L’urgenza e l’utilità di questa ricerca sono confermate sia dal “buco informativo” che i media cattolici ufficiali mantengono rispetto alla parte di Chiesa più autonoma, critica e innovatrice, sia dalla frammentazione ed ampiezza dell’informazione ecclesiale di base. La voce della Chiesa in Italia coincide, sui media ufficiali e su quelli nazionali, con la voce dell’istituzione. E se tra le cause il sociologo gesuita Domenico Pizzuti denuncia come si siano «abituate strutturalmente le persone a non partecipare e a non intervenire», il sociologo Marco Marzano in Quel che resta dei cattolici (v. Adista Notizie n. 27/12 e Adista Segni nuovi n. 34/13) registra che «questa sovraesposizione mediatica del vertice ecclesiastico fa sì che la prima Chiesa invada continuamente il terreno della seconda, lo colonizzi, lo espropri», intendendo con “seconda” la Chiesa di popolo. Altra causa, secondo don Walter Fiocchi, è la profonda clericalizzazione dei luoghi in cui si decide la linea editoriale, che seleziona e rappresenta notizie e opinioni in un rigido allineamento ai vertici: certe persone non sono coinvolte né tollerate nel processo informativo, così come certe esperienze, discussioni e prese di posizione. A non avere spazio mediatico è una sensibilità ecclesiale; ciò fa perdere ai media che si definiscono cattolici la possibilità di essere i luoghi del dibattito cristiano contemporaneo, di una ideale “opinione pubblica nella Chiesa” plurale e rappresentativa.

Voci lontano dal Vaticano

È fuori dall’Italia che sono emersi negli ultimi anni i fenomeni ecclesiali più innovativi, forse grazie ad un’influenza culturale cattolica meno soffocante. A partire dal 2010, troviamo in Francia il “Comité de la Jupe”, in Belgio il movimento “I credenti prendono la parola”, negli Stati Uniti l’Association of catholic priests, in Germania il Zentralkomitte der deutschen katholiken, in Austria l’ormai noto movimento Pfarrer-Initiative. In Germania 160 teologi hanno firmato il Memorandum Kirche 2011 (oltre 340 adesioni accademiche da tutto il mondo). A Friburgo oltre 200 preti hanno firmato un appello per la comunione ai divorziati risposati (recentemente raccolto dalla Diocesi, vedi Adista Notizie n. 36/13). Oltre 200 teologi hanno promosso il portale internazionale ChurchAuthority.

Ciascuna di queste realtà è sorta attorno ad urgenze pastorali ignorate dal vertice ecclesiastico, intorno a quella necessità di innovazione e rinnovamento che in questi Paesi trovano uno spazio mediatico più sviluppato. Canali comunicativi come il National Catholic Reporter negli Usa, il quotidiano online internazionale Religion Dispatches, il portale spagnolo Religión Digital (con una ricca piattaforma di blog internazionali), il settimanale francese Témoignage Chrétien, l’inglese The Tablet, sono strumenti di rete e di dibattito più moderni e dinamici delle forme di comunicazione ecclesiale “di base” in Italia. Per don Pierluigi Di Piazza, da noi la Chiesa “altra” non riesce a coordinarsi e organizzarsi, forse aggiungo anche per una cultura digitale meno sviluppata. Ciò non significa che non esista una fitta serie di riviste e siti web i quali – pur con diversi limiti – contribuiscono a far vivere un dibattito e uno confronto.

Una mappa delle voci conciliari in Italia

Nell’ambito della comunicazione cartacea individuiamo alcune tipologie di pubblicazioni:

– Testate informative di riferimento nazionale, come Il Regno delle Dehoniane di Bologna e Adista, riconosciuta per il taglio critico e l’attenzione al mondo del dissenso; il mensile Confronti.

– Pubblicazioni di gruppi religiosi come le comboniane Nigrizia e Combonifem e i mensili dei gesuiti Aggiornamenti Sociali e Popoli.

– Pubblicazioni tematiche come Testimonianze, rivista di pensiero politico fondata da Ernesto Balducci; ItaliaCaritas, istituzionale ma apprezzata per il tessuto connettivo sui temi delle migrazioni e delle povertà; MissioneOggi dei saveriani, riferimento per molti operatori missionari ma povera di innovazione ecclesiale.

– Pubblicazioni di particolari realtà ecclesiali come Nuovo Progetto del Sermig di Torino, Mosaico di Pace promosso da Pax Christi, Narcomafie di Libera e Gruppo Abele e riviste minori di confronto ecclesiale e pastorale come La Guardia dell’omonimo santuario genovese, Il Margine dell’Associazione culturale Oscar Romero di Trento, i Quaderni di Ore Undici vicino Roma. Possiamo includere anche il settimanale Riforma, preziosa voce del mondo cristiano non cattolico.

– Testate come Rocca, Tempi di Fraternità, Il Gallo, il foglio, Esodo, la cui rilevanza nel mondo conciliare si vede oggi decisamente ridimensionata per la contrazione del target di riferimento e anche forse per una scarsa presenza online, sebbene continuino a monitorare con passione la realtà di base.

– Due riviste maggiori per livello istituzionale e diffusione, Famiglia Cristiana e Jesus, edite da San Paolo, che hanno mantenuto uno spirito conciliare nell’autonomia di pensiero e intervento su alcuni temi, politici ed ecclesiali.

Voci conciliari sul web

Per giudicare la “presenza web” di ogni realtà considerata utilizziamo alcuni parametri essenziali:

– accessibilità: il sito risponde alle più elementari regole della comunicazione e della navigazione?

– grafica: è fruibile/coerente/gradevole/professionale? Emerge come limite?

– multimedialità: sono presenti oltre ai testi anche fotografie, video, audio?

– social network: il sito si integra col mondo social, favorendo la condivisione dei contenuti?

Delle riviste sopracitate, un numero limitato presenta canali web sufficienti o discreti, molte utilizzano prevalentemente il web come vetrina del cartaceo. Di recente creazione e buona qualità è il blog Vino Nuovo, nato per iniziativa di 14 giornalisti che si occupano di Chiesa e che oggi conta circa 50 collaboratori. Di ottimo livello anche multimediale i siti di Popoli e Aggiornamenti Sociali, che si giovano però di una struttura e di risorse superiori alla gran parte delle testate prese in esame. Un buon lavoro di aggregazione di contenuti della Chiesa conciliare lo fa Noi Siamo Chiesa. Esemplare Progetto Gionata, ottimo portale di rete e informazione su fede e omosessualità in Italia.

Da migliorare sotto l’aspetto grafico ma con buoni contenuti, il sito del gruppo di Verbania Incontri di Fine Settimana e il progetto siciliano Quelli della Via. Portali più che altro conoscitivi di collegamento tra diverse realtà, i siti Status Ecclesiae della rete “Il Vangelo che abbiamo ricevuto” e I Viandanti (buona grafica) della rete omonima, cui si aggiunge C3dem del cattolicesimo democratico. Tra i media maggioritari che raccontano la Chiesa “dall’esterno” merita menzione Vatican Insider, piattaforma online de La Stampa che sta divenendo il riferimento nei mass-media su papa e Vaticano (quindi si occupa più che altro dell’istituzione, ma con un taglio pluralista e conciliare).

Innovative espressioni mediatiche sono i blog personali o di comunità locali, quegli spazi web di opinione più che di informazione, il più delle volte con un basso livello di professionalità comunicativa e grafica, contenenti materiale pastorale o commenti d’attualità più o meno caratterizzati. In diversi casi manifestano o generano vere e proprie “comunità virtuali” senza unità geografica. Tra gli esempi significativi il blog di Paolo Curtaz, l’attività web di Paolo Farinella, i blogger ecclesiali su quotidiani online.

Frammentati e artigianali

Possiamo tirare alcune conclusioni: la prima è l’enorme difficoltà che le realtà ecclesiali post-conciliari hanno avuto e hanno ancora nel fare il “salto” al web, anche per un mancato ricambio generazionale e di trasmissione dei loro percorsi ai giovani. Chi è sbarcato online lo ha fatto spesso senza le necessarie risorse di conoscenza, competenza e comunicazione. Il risultato è una frammentazione (corrispondente a quella reale) di portali e siti, perlopiù poco comunicativi e graficamente insufficienti, aggiornati irregolarmente e con contenuti riversati da materiali cartacei. Un uso molto, troppo artigianale del web che non ne sfrutta le piene potenzialità, dotando di scarsa incisività le realtà conciliari nell’opinione pubblica della Chiesa. Emergono certamente alcuni esempi positivi che incoraggiano la ricerca a spostarsi sul campo, per ripensare insieme strumenti adeguati di presenza in rete. (continua sul prossimo numero…)

|

|

Le vie della partecipazione nel Nord Italia

In questi due anni mi sono messo in viaggio per incontrare diverse realtà ecclesiali che esplicitamente o nei fatti sviluppano le istanze innovative del Vaticano II, spesso attraverso un significativo impegno sociale. Comunità, riviste, gruppi, associazioni, parrocchie o singole persone, uno scorcio certo incompleto ma rappresentativo di chi oggi costituisce la nervatura di una nuova mappa conciliare e rappresenta buone pratiche e prospettive per una Chiesa “altra” (per l’elenco completo delle realtà non citate per motivi di spazio, visitare il link: urlin.it/56a34).

Alcune le ho incontrate personalmente, altre le ho studiate attraverso i loro canali web, riviste e testimonianze. Ho posto loro un canovaccio di domande: come vi definite, come comunicate, se e come fate rete con altre realtà, come reagite all’idea di una nuova piattaforma web che faccia rete e informazione sul mondo conciliare in Italia. Sono stati dialoghi e confronti preziosi che mi hanno permesso di stabilire una relazione viva con diversi “pezzi di Chiesa” e di riceverne gli spunti. Cercherò di dare conto di questa esplorazione proponendo i tratti rilevanti delle realtà più significative e del loro valore nell’innovazione ecclesiale.

Passaggio a Nord Ovest

In Val d’Aosta ho incontrato Matteo Moretti dell’Associazione Zaccheo, nata attorno al teologo Paolo Curtaz, che promuove attività di annuncio della Parola attraverso il sito tiraccontolaparola.it, i ritiri spirituali e i pellegrinaggi interculturali. Da quando a Curtaz, padre e marito, non è stato consentito di proseguire il ministero sacerdotale, diversi ambienti ecclesiastici ostacolano le sue iniziative, cui si accostano persone religiosamente apolidi o in cerca di ciò che in parrocchia non trova.

A Torino mi sono fermato alcuni giorni all’Arsenale della Pace del Sermig (Servizio missionario giovani) fondato da Ernesto Olivero: fraternità e comunità di accoglienza dove si recano ogni anno circa 12mila giovani. Nel panorama italiano è forse l’esempio più evidente di realtà ecclesiale che, senza criticare esplicitamente, innova ecclesialmente attraverso pratiche, scelte e messaggi. Qui ho incontrato i ragazzi che seguono la comunicazione, di certo la più evoluta riscontrata nella mia indagine: dirette streaming, news quotidiane, newsletter, video musicali. Per Olivero il Sermig deve molto a uomini del Concilio come Hélder Câmara e frère Roger di Taizè. La conversione della Chiesa, dice, è tornare alla semplicità: chi è importante diventa servo; una struttura meno pesante; trasparenza nei bilanci.

Altra grande realtà è quella del Gruppo Abele fondato da don Luigi Ciotti, che fa accoglienza, cultura e politica con circa quaranta attività tra cui Libera, la rete di associazioni, nomi e numeri contro le mafie. L’agire sociale e il dialogo con il mondo sono fortemente conciliari, con una comunicazione innovativa, anche se non c’è critica esplicita sui temi ecclesiali.

Fuori Torino incontriamo la Comunità di base di Pinerolo, da sempre attiva nella costruzione di spazi e percorsi per persone omosessuali nella Chiesa. In provincia di Ivrea (dove tra l’altro è vescovo emerito mons. Bettazzi) vive la Comunità Monastica di Bose fondata da Enzo Bianchi, una delle personalità più universalmente riconosciute della Chiesa italiana, voce biblica e spirituale ma anche ecclesiale su quotidiani, programmi e incontri, presenza al contempo equilibrata ed aperta.

Ad Alessandria ho incontrato don Walter Fiocchi e Agostino Pietrasanta, animatori del blog Appunti Alessandrini nato per liberare sensibilità ecclesiali e politiche non più in sintonia con la linea diocesana. Per don Walter, dopo il Concilio, la pastorale ecclesiale ha espresso fermenti e novità in quantità, ma spesso questo patrimonio non si è voluto trasmettere, non c’è stata narrazione anche a causa di una clericalizzazione dell’informazione cattolica a tutti i livelli.

A Milano sono stato due mesi ospite dei gesuiti del Centro San Fedele, che mette insieme arte, cinema, musica, scuola biblica, cultura, assistenza sociale, vita parrocchiale, ed è sede delle riviste Aggiornamenti Sociali e Popoli, di approccio conciliare nel dialogo con la società e la politica, nella valorizzazione dei laici, nelle aperture sui temi dell’innovazione ecclesiale. Si avverte la forte impronta del card. Martini e di personalità che mi hanno dato spunti essenziali per questa indagine, come Bartolomeo Sorge, Giacomo Costa e i laici della redazione. Grazie ai gesuiti ho incontrato anche la Comunità di famiglie di Villapizzone, da cui è nata la rete nazionale Mondo di Comunità e Famiglia. Realtà laica e non confessionale, per la sua storia di fatto promuove un cristianesimo incarnato e conciliare, anche supportando le attività nazionali dei Gesuiti a Selva di Val Gardena.

Vittorio Bellavite, coordinatore della sezione italiana di Noi Siamo Chiesa mi racconta di questo “movimento per la riforma della Chiesa Cattolica” nato nel 1996, che esprime in modo non organizzato l’opinione di gran parte dell’area conciliare, in posizione molto critica sulla gestione del Vaticano e della Conferenza episcopale italiana. Sta mancando, dice, un’unificazione delle varie realtà conciliari, ma è promettente il recente tentativo della rete Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri.

Ricordiamo poi la Casa della Carità di don Virginio Colmegna, il Laboratorio di Sinodalità Laicale, nato dagli incontri nazionali della rete Il Vangelo che abbiamo ricevuto, e i gruppi di credenti omosessuali Il Guado, La Fonte e Il Varco. A Pavia la Casa del Giovane, fraternità e comunità di servizio sociale mista (laici e religiosi, uomini e donne).

Scendendo sul mare a Genova, oltre alla storica Comunità di San Benedetto al Porto animata dal compianto don Andrea Gallo, troviamo oggi la Comunità di San Torpete nata con don Paolo Farinella, il Gruppo Bethel di persone lgbt animato da Lidia Borghi e Laura Ridolfi col diacono Claudio Boldrini, la comunità dei gesuiti con proposte pastorali per giovani e adulti e la onlus San Marcellino per la promozione umana. Alcune sperimentazioni pastorali aperte al dibattito ecclesiale e interreligioso sono partite dal Santuario della Guardia e dal Centro Banchi, realtà animate da mons. Marco Granara con gruppi di laici.

Vento di Nord Est

Per quest’area ho raccolto materiali e testimonianze attraverso una lunga indagine web, utile a osservare la presenza online e la qualità comunicativa con cui ogni realtà sa raccontarsi. A Udine dal 1989 c’è il Centro Ernesto Balducci di accoglienza e di promozione culturale, con don Pierluigi Di Piazza, da cui non di rado partono appelli e riflessioni pubbliche di forte impegno politico ed ecclesiale innovativo; a Bolzano il Centro per la Pace affidato dal Comune a Pax Christi e a Francesco Comina (giornalista e scrittore, discepolo del teologo pioniere del dialogo interreligioso Panikkar). A Trento ho visitato la storica Villa Sant’Ignazio di cui oggi è presidente il gesuita Alberto Remondini (anche animatore della innovativa rete nazionale Jesuit Social Network), con un’ampia varietà di opere sociali seguite anche da laici, e cooperative di reinserimento.

Scendendo nel Triveneto, oltre all’associazione-rivista veneziana Esodo, da alcuni anni viene pubblicata la Lettera di Natale di una decina di parroci conciliari che mettono in luce esigenze di innovazione. Padova raccoglie entità interessanti: Beati i costruttori di pace, associazione nazionale di volontariato nata nel 1985 con don Albino Bizzotto e attiva sui temi della pace e della decrescita; dal 2007 la Rete interdiocesana Nuovi Stili di Vita di p. Adriano Sella, per nuove pastorali sulle politiche ambientali e la custodia del creato; la Chiesa cattolica dei peccatori “San Felice Papa” di Sante Sguotti, prete sposato che ha continuato il suo ministero autonomamente con una comunità viva e attiva; dal 2009 il Gruppo Galilei, rete ecumenica di cristiani di coscienza critica, fortemente improntato alla laicità e all’approfondimento biblico. A Verona operano le comunità e le riviste dei comboniani, mentre presso la Comunità di Sezano ha preso vita nel 2009 l’Associazione Monastero Bene Comune, animata da laici con p. Silvano Nicoletto. A Vicenza il Coordinamento Cristiani per la Pace è impegnato nella Casa per la Pace comunale in rete con le altre associazioni.

Da Parma è partita la rete de I Viandanti, associazioni e gruppi intenti a fare rete tra realtà ecclesiali che innovano e promuovono una Chiesa partecipata. Ritroviamo esperienze di rilevanza ecclesiale anche storica a Bologna, con la Fondazione per le Scienze Religiose, luogo conciliare di conservazione e ricerca sul lascito ecclesiale del card. Lercaro e di don Dossetti; la comunità di famiglie Maranathà che accoglie bambini, disagiati psichici e persone in ricerca vocazionale, proponendo uno stile di vita ed ecclesiale alternativo con valorizzazione dei laici, e la comunità dei Gesuiti di Villa San Giuseppe.

|

|

Le vie della partecipazione nel Centro Sud

Dopo l’Italia settentrionale, il viaggio prosegue verso sud.

Tra l’Arno e il Tevere

A Montefano, nelle Marche, animano il Centro Studi Biblici Vannucci i padri serviti Alberto Maggi e Ricardo Pérez Márquez, con attività di divulgazione e ricerca biblica in apertura all’innovazione ecclesiale. A Fermo vive e lavora nel sociale dal 1966 la Comunità di Capodarco con don Vinicio Albanesi, di forte impronta conciliare. In Umbria ricordiamo in particolare la fraternità di Spello dei Piccoli Fratelli di Charles De Foucauld – ancora oggi impegnati in un agire sociale povero e radicale per l’Italia – storico luogo di riferimento per i credenti conciliari.

A Firenze ho visitato la Comunità delle Piagge di don Alessandro Santoro, già nell’occhio del ciclone per alcune scelte pastorali innovative ritenute invise alla gerarchia; una parrocchia-centro sociale per una periferia dai molti disagi; una Chiesa in dialogo, partecipata sui temi più scottanti. Don Andrea Bigalli, referente di Libera e a fianco di credenti omosessuali, anima la parrocchia “d’elezione” di Sant’Andrea in Percussina con attività su Vangelo e cittadinanza attiva. Ha sede in questa zona la Casa per la Pace di Pax Christi Italia. Con l’affievolirsi di realtà storiche e pionieristiche come l’Isolotto, resta viva una sensibilità che si è fatta sentire ad esempio nel gruppo della Lettera alla Chiesa fiorentina del 2007 sulle vicende Welby ed Englaro, in opposizione al silenzio e al pensiero unico della Chiesa locale e nazionale. Sono attive anche alcune realtà che ereditano il pensiero di Ernesto Balducci (la Fondazione Ernesto Balducci, la Badia fiesolana). Nel Casentino, vicino Arezzo, troviamo la Fraternità di Romena e il Monastero di Camaldoli. La prima, nata nel 1991 da don Luigi Verdi, è una delle nuove e più conosciute forme di fraternità conciliare capace di parlare al mondo d’oggi. Il secondo, monastero benedettino, è storico e attuale riferimento per eventi, seminari, incontri di realtà ecclesiali conciliari da tutta Italia.

A Roma ho visitato il Centro Astalli per i Rifugiati ed altre comunità dei gesuiti come il Centro nazionale per l’apostolato giovanile a San Saba, divenuto anche ostello per giovani, che fa innovative proposte pastorali di ogni tipo (preghiera, servizio, pellegrinaggi, cultura, musica, arte) rivolte ai giovani in tutta Italia. Lo scopo, dice p. Piorar, è aiutare sia i lontani sia i vicini a fare un incontro con Dio e delle scelte, a partire da agganci più universali come il sociale, la giustizia, i viaggi. Di comunicazione e reti ecclesiali ho parlato con i redattori di Adista, con Flavio Bottaro per la Compagnia di Gesù, con le associazioni del Jesuit Social Network, con personalità romane di riferimento come don Franco Amatori, che sottolinea come i mezzi oggi non manchino, ma sono poche le persone nella Chiesa che si azzardano a uscire dal coro, sapendo di venire subito additate come “sobillatori” o “non autorizzati”. C’è un fermento che la Chiesa ufficiale non è in grado di raccogliere, ed è difficile che si sviluppi senza anche il coinvolgimento dei vescovi. Per Giuseppe Florio, teologo, fondatore della ong Progetto Continenti e animatore delle Comunità d’Ascolto in varie città, la necessità primaria resta dare parola e dare la Parola, rendere le persone autonome nel rapporto con la Scrittura: questo allarga orizzonti culturali ed ecclesiali. Don Mario De Maio mi racconta la sua avventura nel gruppo Ore Undici come tentativo di «stare sul confine, per accogliere coloro che hanno difficoltà ad entrare e per trattenere coloro che hanno difficoltà a restare». È ancora attiva e propositiva anche la storica Comunità di Base di San Paolo, fondata da Giovanni Franzoni.

Di impegno per la giustizia e la pace si occupano Emmaus Italia, movimento internazionale fondato dall’Abbé Pierre, il Centro Interconfessionale per la Pace avviato da Gianni Novelli, e, più in ambito politico, Agire Politicamente che confluisce nella recente rete del cattolicesimo democratico C3Dem.

Più a Sud

Il mio soggiorno a Napoli e in particolare a Scampia è stato uno dei più intensi. In quello che è forse il quartiere più malfamato d’Italia ho incontrato un fermento di piccole comunità e gruppi di cittadini, a partire dal Centro Hurtado curato dai gesuiti Fabrizio Valletti e Sergio Sala con una serie di laici, luogo di accoglienza estiva per giovani da tutta Italia, e di studio, gioco, cultura e lavoro per la cittadinanza. Valletti è una personalità ecclesiale in grado da sempre di fare innovazione, dissenso, rete e dialogo istituzionale. L’ultraottantenne gesuita sociologo Domenico Pizzuti, già impegnato nei comitati per i rom, nell’osservatorio su illegalità e camorra, nella rete per Scampia felice, prosegue anche il suo lungo impegno pubblico per il sacerdozio femminile, la collegialità e la valorizzazione dei laici. Qui operano poi la Comunità di Base del Cassano (con la Scuola della Pace, la scuola d’italiano per stranieri, gli orti urbani gestiti da Aldo Bifulco) e la Casa Arcobaleno dei fratelli lasalliani che tra l’altro realizzano una scuola nomade per madri rom e iniziative ecclesiali ed ecumeniche.

A Napoli (Teduccio) ho visitato Figli in Famiglia, comunità fondata dalla laica (vera e propria leader ecclesiale popolare) Carmela Manco con don Gaetano Romano, luogo di accoglienza e proposte educative, formative e artistiche per il quartiere. Di iniziative simili si occupa l’associazione Oltre il Chiostro che tra l’altro ospita le veglie antiomofobia; nel rione Sanità ho incontrato il comboniano Alex Zanotelli sempre in prima linea sui temi della giustizia sociale, dei migranti e dei beni comuni. Riferimenti importanti per la regione sono infine don Tonino Palmese, coordinatore di Libera, e a Caserta, Casa Rut delle suore orsoline per il recupero umano e sociale delle donne migranti nel traffico della prostituzione.

Un intenso e recente viaggio in Calabria mi ha portato a conoscere don Pino Demasi, referente di Libera e animatore dei campi nazionali sulla legalità nella piana di Gioia Tauro, personalità fortemente conciliare. A Lamezia la Comunità Progetto Sud di un gruppo di laici insieme a don Giacomo Panizza sviluppa una miriade di servizi sociali in piccole comunità sul territorio. A Cosenza spicca il Circolo Culturale Popilia che sostiene la scolarizzazione e l’integrazione dei bimbi e ragazzi rom ad opera di un gruppo di famiglie insieme a Gesuiti, e la cooperativa Arcadinoè per il reinserimento di giovani disabili. A Reggio Calabria negli ultimi anni ha preso piede il movimento civico Reggio non tace per un rinnovamento civile contro le mafie, animato dal gesuita Giovanni Ladiana.

Della Sicilia menzioniamo la diocesi di Mazara del Vallo retta da Domenico Mogavero, di forte impronta conciliare e impegnata sul tema migranti e intercultura attraverso il festival Sponde e altre iniziative anche ecumeniche.

Conclusioni

Il panorama – che non è e non può essere completo né definitivo (per l’elenco completo delle realtà non citate per motivi di spazio, visitare il link: urlin.it/56a34) – delle realtà ecclesiali che innovano venuto fuori in questo articolo e nel precedente (v. Adista Segni Nuovi n. 3/14), unito al panorama dei media ecclesiali che danno spazio alla sensibilità conciliare (v. Adista Segni Nuovi n. 2/14), ci avvicina a un’idea più chiara e concreta di chi siano e cosa facciano oggi le persone impegnate in vari modi a proseguire l’innovazione della Chiesa, ovvero il suo farsi più simile al Vangelo.

È chiaro che per molti versi il “taglio ecclesiale” ha perso di rilevanza, che molte realtà nate dopo il Concilio hanno fatto fisiologicamente il loro tempo e hanno perso energie e mordente. Che questo mondo è enormemente frammentario, oltre che nel comunicare e nel posizionarsi, anche nel leggere le esigenze e la realtà della Chiesa oggi. Ma è importante vedere in questo panorama le potenzialità e i punti di forza per proiettare “ciò che resta e ciò che nasce” del mondo conciliare nelle nuove dinamiche e nei nuovi mezzi di rete e comunicazione. Rileggere questo mondo con occhi contemporanei per ridirlo e riesprimerlo con efficacia e freschezza nella odierna situazione ecclesiale e sociale.

|

|

Ridare la parola alla Chiesa di tutti

Dopo il “viaggio” fra le realtà ecclesiali conciliari raccontato nei precedenti articoli (v. Adista Segni Nuovi nn. 46/13; 2, 4 e 6/14) è ora il momento di tirare le somme rispetto alla scommessa di fondo: è pensabile ed è realizzabile una piattaforma web innovativa che faccia rete e informazione della Chiesa conciliare in Italia? Al contempo risolvendo il “buco” mediatico che su questa sensibilità ecclesiale si riscontra nei canali ufficiali e facendo emergere in maniera più incisiva nel dibattito ecclesiale l’apporto innovativo, critico, plurale della Chiesa conciliare.

Reti presenti, reti future

È importante mappare quelle reti e quei movimenti non riconducibili a una sola area geografica, che hanno a che fare con la Chiesa conciliare, alcuni già citati. Il movimento Noi Siamo Chiesa per la riforma della Chiesa cattolica, la recente rete dei Viandanti che raccoglie circa 21 gruppi e associazioni più una serie di riviste, «di (e per) un laicato cristiano adulto che […] vuole operare in modo responsabile sui temi ecclesiali e sociali»; il Progetto Gionata che si occupa egregiamente di mettere in rete gruppi ed esperienze e di fare informazione multimediale su fede e omosessualità; il Coordinamento Teologhe Italiane, con un aggiornatissimo portale; e la neonata rete “Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri”, che mette insieme oltre 100 realtà ecclesiali tra associazioni, gruppi, riviste e portali e che alcuni considerano il primo vero successo nella promozione iniziative sostenute da una base ampia del cattolicesimo conciliare, anche se si trascina una lacuna dal punto di vista comunicativo. E sul piano politico il coordinamento di cattolici democratici C3dem-Costituzione, Concilio, cittadinanza.

Sono poi numerose le realtà ecclesiali che hanno aderito alla rete laica “Sbilanciamoci!” impegnata su altreconomia, diritti, pace e ambiente, temi su cui lavorano anche la Rete Radié Resch fondata dal giornalista Ettore Masina e la ReteLilliput “per un’economia di giustizia” animata dalle principali associazioni cristiane per la pace. Abbiamo già segnalato per i gesuiti la giovane rete del Jesuit Social Network che intende impostare “una voce fuori dal coro” e fare opinione pubblica a partire dalle esperienze sul campo che può vantare nei settori più complessi del sociale. Un movimento a sé stante che merita attenzione è quello di Taizé, la piccola comunità francese fondata da frère Roger Schulz che in Italia come nel resto d’Europa ha portato alla formazione di decine di gruppi locali, una spiritualità innovativa universale, praticata e contaminante diocesi, parrocchie, ordini religiosi e cristiani apolidi, che ha realizzato di fatto l’ecumenismo, dimostrandone la fattibilità e la grande vocazione giovanile. Occorre infine rilevare quattro realtà-movimento che – eccezionalmente rispetto al focus non istituzionale di questa indagine – costituiscono riferimenti per la Chiesa conciliare dimostrando una particolare capacità di discussione e fermento a livello ecclesiale e sociale; si tratta di Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani), Pax Christi, Comunità di Sant’Egidio e Libera (associazioni, nomi, numeri contro le mafie).

Comunicare, ombre e luci di un cambio d’epoca

Qual è un primo giudizio sulla comunicazione delle realtà ecclesiali che innovano? Che prospettive dimostrano su se stesse e sul loro contributo alla Chiesa? Come si pongono di fronte alla sfida della rete e della presenza online? Dall’indagine svolta si conferma come l’ampio segmento ecclesiale che ho considerato non abbia coscienza programmatica di sé: fatica a vedere una base comune a livello ecclesiale su cui puntare per costruire qualcosa di più incisivo, anche se vanno riconosciuti alcuni recenti segnali positivi. È inoltre comprovato come una serie di grandi realtà (ad esempio il Sermig, Bose e Taizé) siano ancora in grado di incidere – attraverso il loro stile e le loro attività – sulla definizione dell’immaginario collettivo di Chiesa. Per molti diventano l’oasi in cui vivere una Chiesa diversa, desiderata, non trovata.

Terzo aspetto: quasi tutte le persone incontrate hanno riconosciuto il valore e la necessità di ripensare e ristudiare la comunicazione, ammettendo però al contempo di non avere né energie né competenze sufficienti per preoccuparsene. Si percepisce l’urgenza di una buona comunicazione; ciascuno fa quello che può, ma nella maggior parte dei casi le potenzialità restano inespresse e non si costruisce un progetto comunicativo multimediale. Spesso chi ha l’esperienza e la volontà di fare rete non ha le competenze o i collaboratori necessari per curare il salto comunicativo; è sufficiente un giro sulle pagine web citate per rendersi conto di quanta artigianalità e di quanto “vecchiume” sia ancora dominante. In certi casi colpa anche di una certa diffidenza di chi ancora non ha capito che – come dice bene il responsabile web dei gesuiti, Flavio Bottaro – la comunicazione non è più un optional. Occorre, anche per una trasmissione generazionale, che ogni realtà entri in un circuito più ampio di scambio e partecipazione.

L’altra faccia della medaglia è che ho incontrato diversi modelli di buone pratiche comunicative: il portale del Progetto Gionata, le video-omelie di Curtaz, Maggi e altri, le rubriche che danno spazio ai lettori su riviste e portali, gli appelli online su tematiche ecclesiali importanti, l’efficacia di blog come Vino Nuovo che, con una grafica semplice e moderna, ospita contributi regolari e di varie sensibilità ecclesiali, ben divulgati online e praticamente a costo zero, ma anche i blog di religiosi, preti e laici su quotidiani online, che ne sfruttano l’ampia visibilità. Si è già detto che la comunicazione migliore tra le realtà considerate appare quella del Sermig, una piattaforma comunicativa completa, dal vecchio mensile al sito quotidiano, dai social network ai libri ai video musicali, persino lo streaming. Se non è necessario né pensabile che ogni realtà si procuri un armamentario del genere, è auspicabile e possibile estrapolare una sola o più delle buone pratiche citate per comunicare meglio la propria specificità e il proprio contributo.

Prospettiva di… piattaforma web?

La mia proposta è che a partire dai modelli e dalle buone pratiche osservate, a partire dallo stato attuale delle realtà ecclesiali che innovano e dell’informazione ecclesiale in Italia, si pensi di approntare e testare una piattaforma web pensata per mettere in rete, valorizzare e comunicare tutto quanto riguarda la Chiesa conciliare (le notizie, le attività, l’opinione pubblica) a servizio di una crescita della Chiesa e anche della società. Ritengo possibile, coltivando e implementando le relazioni e conoscenze tra le persone, costruire e alimentare un vero e proprio quotidiano online su cui produrre e convogliare contenuti multimediali e informazioni, e su cui siano chiamate e messe in dialogo più voci e sensibilità ecclesiali per far emergere un dibattito aperto. Un gruppo giovane impegnato in questo progetto avrebbe lo spazio e la chiamata a offrire, nel curare personalmente le relazioni con le realtà sparse per il Paese, anche un po’ di formazione per una auto-comunicazione essenziale e significativa.

Alcune recenti esperienze personali mi hanno incoraggiato particolarmente. Un anno fa col gesuita sociologo Domenico Pizzuti di Scampia abbiamo dato vita al blog Pensieri in Libertà, su cui pubblicare le sue riflessioni settimanali su Chiesa, attualità e politica. In altre circostanze ho collaborato col canale YouTube LoEscludo che realizza efficaci video con personalità ecclesiali conciliari, strumento oggi quanto mai potente e immediato. Estremamente utili infine le discussioni su temi ecclesiali che ho sviluppato su Facebook coinvolgendo amici di diverse sensibilità, laici e preti, scout e seminaristi, non credenti e integralisti. Contesti nei quali si è acceso l’interesse e soprattutto è emersa la pluralità congenita alla Chiesa e spesso soffocata. Perché è interesse della società avere una rappresentazione più autentica della Chiesa e una valorizzarne gli slanci innovativi che la desiderano più coerente. Ed è interesse della Chiesa affrontare «il fatto che si stiano restringendo gli spazi dell’opinabilità», la «tendenza pericolosa a scomunicarsi a vicenda, senza ammettere che possano esserci questioni su cui è legittimo avere opinioni diverse» come ha detto l’arcivescovo emerito di Pisa, mons. Alessandro Plotti. Quella inaugurata da papa Bergoglio potrebbe essere la stagione giusta per dare seguito a questo processo: ridare parola a una Chiesa di tutti.