Riconciliazione: l’ingrediente mancante

Mazen Faraj e Dubi Schwartz, ceo associati Forum famiglie delle vittime israelo-palestinesi
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Ramy ha perso la figlia Smadar di tredici anni nel 1997, Bassam Abir ha perso una figlia di dieci anni nel 2007, Roby ha perso nel 2002 suo figlio David di ventinove anni, e Bushra nel 2008 ha perso suo figlio Mahmoud che aveva diciotto anni. Queste persone, e molte altre (circa 600 famiglie) fanno parte di Parents circle, il Forum delle famiglie vittime del conflitto israelo-palestinese che operano per la pace e la riconciliazione. Si tratta di famiglie israeliane e palestinesi che hanno dovuto pagare il prezzo più alto: tutti i soci del forum hanno perso un membro della famiglia a causa del conflitto. Oggi sono coinvolte, insieme, in un processo educativo pubblico che promuove il riconoscimento reciproco del dolore e della sofferenza come base di un processo di riconciliazione tra i due popoli con il fine di spezzare per sempre il ciclo del dolore. «Se ci riusciamo noi», dicono, «possono farlo tutti».

In questi giorni, mentre sta nascendo un accordo quadro tra Israele e l’Autorità palestinese, i membri del forum Famiglie vittime del conflitto israelo-palestinese chiedono ai responsabili del negoziato di riconoscere l’importanza del processo di riconciliazione per entrambi i popoli, includendolo nell’accordo quadro. Solo un processo di riconciliazione infatti ha il potere di trasformare un documento firmato da capi politici in un vero processo di cambiamento per i due popoli. La ricca esperienza del forum accumulatasi grazie alle disparate attività svolte insieme, in centinaia di incontri tenuti ogni anno con giovani ed adulti sia in Israele che presso l’Autorità palestinese, ma soprattutto la nostra stessa esistenza, forum di famiglie israeliane e palestinesi in lutto, ci ha insegnato che una riconciliazione non solo è possibile, ma necessaria .

Un processo di riconciliazione, iniziato a livello popolare e poi completato al livello della classe politica, ha dimostrato la sua efficacia in molti casi di conflitto nel mondo risultando il mezzo migliore per la creazione di un senso di sicurezza e fiducia tra le parti opposte. In una sessione del consiglio di sicurezza dell’Onu tenutasi il 29 gennaio 2014, Jeffrey Feltman, il vice segretario generale per gli affari politici dell’Onu ha affermato che «quando gli accordi di pace non sono accompagnati da un processo di riconciliazione, assistiamo in molti casi al proseguire della violenza». L’ambasciatore della Giordania presso le Nazioni Unite e presidente di turno del Consiglio di sicurezza, il principe Zeid Al-Hussein, ha dichiarato che «l’Onu non è in grado di promuovere processi di riconciliazione, tuttavia questi non succedono da soli«.

Nella sanguinosa realtà di un conflitto in corso come il nostro, esistono molti ostacoli alla risoluzione dei problemi ed alla riconciliazione. I principali, all’interno delle rispettive società, sono costituiti dal fattore umano-emozionale e dalla necessità di confrontarsi con un passato difficile e pesante. In uno studio recente eseguito dal forum delle famiglie sul significato della riconciliazione nel conflitto israelo-palestinese, gli esperti in risoluzione di controversie, professor Muhammad Abu Nemer, Dr. Maya Cahanov e Ofer Shiner hanno determinano che nel corso dei molti anni durante i quali si è protratto il conflitto sono nati in entrambi le società dei meccanismi psicologici atti ad affrontarne il prolungamento. Meccanismi che induriscono la flessibilità e rendono ancora più difficile il progredire dei negoziati.

Secondo la concezione prevalente, un processo di risoluzione dei conflitti si concentra di solito sugli aspetti concreti del conflitto e sugli interessi futuri. Tuttavia gli esperti affermano che questo non basta ed è anche necessario avviare un processo di riconciliazione ed affrontare il passato. Un processo capace di condurre ciascuna delle parti al riconoscimento della sofferenza dell’altra, assumendone in parte la responsabilità. Un processo che ciascuna delle società coinvolte deve attraversare, sia al suo interno sia reciprocamente. Entrambe le società devono sostituire l’ethos della lotta con quello della riconciliazione. Si tratta di un nuovo modo di guardare al conflitto cercando di superare la terminologia semplicistica di «aggressori» e «vittime», per arrivare a vederne gli aspetti più complessi dove ciascuna delle parti riconosce un certo grado di responsabilità per la situazione creatasi.

Pur esistendo differenze fondamentali nelle esigenze e nelle singole realtà di ciascuna delle parti, il forum delle famiglie individua un’analogia per quanto riguarda il senso di vittime provocato dal lutto e dal trauma collettivo. Una sensazione condivisa di vulnerabilità che il forum delle famiglie cerca di scoprire e riconoscere nel corso degli incontri organizzati tra israeliani e palestinesi, con la speranza di far nascere un’empatia, una voglia di cambiamento, e una convinzione che la fine del conflitto non solo sia necessaria ma anche possibile.

Il forum delle famiglie rivolge ai politici ed alla società intera l’invito ad associarsi al processo di riconciliazione già nella fase presente dei pre-accordi, al fine di provocare un cambiamento emotivo e cognitivo presso entrambi le società, spezzando il terribile ciclo del dolore.