Boom dei pentecostali in Italia. A Torino chiesa per mille fedeli

Paolo Coccorese
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La chiesa più grande nella città della Sindone? Sulle pagine delle guide turistiche è quella di San Filippo Neri, che può accogliere fino a 250 fedeli. Ma il record non le appartiene più da un po’. A Torino, il titolo non lo detengono le chiese cattoliche, ma i templi costruiti dalle sempre più numerose comunità evangeliche-pentecostali. Come quello del «Ministero Cristiano El-Shaddai» del pastore Mike: 4 mila metri di terreno e un ex capannone industriale con oltre mille posti a sedere appena inaugurata alla periferia della città.

Via Reiss Romoli è uno stradone a sei corsie che attraversa un’area industriale simile a un deserto di serrande abbassate, erbacce alte un metro e insegne con nomi di aziende fallite per colpa della crisi. Dietro un cancello, un vecchio edificio che in un’altra vita era una scintillante concessionaria di auto giapponesi, da maggio ha ricominciato a vivere.

«Dopo una lunga ricerca abbiamo scelto questo spazio perché è grande abbastanza da accogliere le tante persone che partecipano alla vita della nostra chiesa e perché facilmente raggiungibile dalla provincia», dice il Pastore Mike, il cui nome di battesimo è Michele di Lascio, fondatore della chiesa Mce nel 1997, bidello in pensione. E’ nato 56 anni fa in Puglia. «Ero un hippy – racconta -, frequentavo brutte compagnie, facevo uso di droga. Poi, ho scoperto la Bibbia».

Da quasi vent’anni è il «ministro di culto» del Ministero Cristiano El-Shaddai, una delle tante chiese evangeliche presenti in Italia, associata alla federazione delle Pentecostali. Oggi ha oltre cinquecento fedeli, la maggioranza sotto i trent’anni. Ma in futuro punta a moltiplicarli.

Ci vorrà ancora qualche mese per vedere completata la nuova chiesa Mce. Dopo la primavera, la sua comunità che agli albori si radunava in una stanzetta affittata comunale, che durante la settimana accoglieva il servizio di consultorio, potrà finalmente celebrare la messa domenicale in un unico grande auditorium di almeno 800 posti, con un palco di centro metri quadrati. Fino ad allora, sono costretti a fare i turni come in fabbrica.

La messa è ripetuta tre volte per accontentare tutti i fedeli nella saletta a fianco detta «dei giovani», che conta 150 posti. Ma non è l’unico spazio destinato alla preghiera che domenica si anima. Per i bambini e gli adolescenti ci sono altre sale, in futuro nascerà un baby parking e gli spazi per l’insegnamento biblico contano insieme 120 posti sedere.

Il maxi-tempio del pastore Mike non è un caso isolato. La palma della più grande se la contende con la storica chiesa Cristiana Evangelica di via Spalato: superfice simile, ma un edificio più maestoso con la sala per le funzioni domenicali che assomiglia a un teatro e che contra molte più sedie per accogliere i fedeli.

«Non riceviamo aiuti economici da nessuno – dice il pastore -. La nuova chiesa è il frutto delle offerte e del lavoro dei nostri tanti fedeli». Comunità sempre più numerosa in questo periodo di crisi e d’immigrazione dall’Africa e dal Sud America, dove questo tipo di fede va fortissimo. Le chiese come la Mce hanno carattere profetico, guaritore, credono nell’uso magico delle scritture e prevedono un calendario di attività lungo l’intera settimana con incontri serali. Le messe sono musicali: si canta e si balla sui ritmi moderni rock e funky.

La fede evangelica e la predica dei numerosi pastori vanno a riempire i vuoti lasciati liberi da quella cattolica. Oltre al servizio per aiutare i clochard, la nuova chiesa accoglierà anche una biblioteca, un internet caffè, una cucina. Gli spazi sono stati per trasformarsi e accogliere eventi meno religiosi come feste aperte a tutto il quartiere che potrà trovare una stampella in questo periodo di crisi nella consegna di sacchi viveri e medicine per i più poveri.

Si punta ad aprirsi il più possibile all’esterno e a Torino: non è un caso che i muri della grande hall d’ingresso saranno disegnati e raffigureranno la nuova metropolitana che collegherà stazioni con nomi nuovi come fede, speranza, bibbia.

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Marketing e fusioni: così la “fede degli schiavi” fa il pieno di proseliti

Giacomo Galeazzi
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In dottrina sono conservatori ma utilizzano qualunque strumento “hi-tech” per fare proselitismo. In origine erano pochi e divisi in mille sigle, ora si aggregano e aumentano a vista d’occhio. I seguaci della Chiesa evangelica internazionale (Ceiam) prima di erigere mattone su mattone il loro maestoso tempio a Torino si sono dati una missione epocale: rivitalizzare la galassia pentecostale. Per questo raccolgono la maggior parte delle offerte durante le funzioni religiose e qualche aiuto economico lo ricevono anche dalla “casa madre” negli Usa.

I loro centri principali sono in Campania e in Sicilia ma crescono anche a Torino e in altre città del nord grazie agli emigrati dal Mezzogiorno, oltreché ai flussi dall’Africa e dall’Asia. Il sociologo Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur (Centro Studi sulle nuove Religioni) analizza i 350mila pentecostali evangelici in Italia. «Per più di un terzo si distribuiscono tra Campania e Sicilia, cioè in regioni dove molta gente è sensibile alla religiosità popolare e calorosa, ai miracoli, ai canti, ai balli e sente come troppo celebrale e socio-politica la teologia cattolica che ha abbandonato le confraternite e le feste patronali». Quindi «la provincia di Caserta e la Sicilia sono il Sud America d’Italia».

Le comunità pentecostali (di diverse denominazioni) sono quelle maggiormente in crescita e rappresentano quasi un terzo dei circa due miliardi di cristiani presenti nel mondo e tre quarti dei protestanti. Si ritengono la nuova fase della storia dopo il cristianesimo tradizionale. Le comunità della Chiesa evangelica internazionale traggono origine dall’attività del pastore americano John McTernan (1900-1975), che negli Stati Uniti sono legate a una Chiesa frequentata prevalentemente da afro-americani. McTernan in Italia offre, costituendo la Ceiam nel 1966, un ombrello giuridico a Chiese assai diverse (alcune modaliste, altre carismatiche ma trinitarie), con l’obiettivo di creare una struttura giuridica in Italia per tutte le Chiese pentecostali diverse dalle Assemblee di Dio, che con mille comunità e 150mila fedeli sono la sigla maggioritaria dei pentecostali italiani.

Il progetto rimane largamente sulla carta quanto alla sua ambizione nazionale unitaria; tuttavia ancora oggi la Chiesa offre un quadro giuridico a gruppi (fra i quali se ne segnalano alcuni di una certa consistenza, come il Ministero cristiano El Shaddai di Torino, guidato dal pastore Mike Di Lascio che raduna alcune centinaia di adepti) che ne sono privi. Il pastore Silvano Lilli, una figura importante del mondo pentecostale romano e nazionale, ha riorganizzato in profondità la struttura ideata da McTernan. Oggi la Ceiam ha dieci articoli di fede, la cui condivisione è necessaria per aderire alla Chiesa. Essi comprendono la Trinità, la divinità di Gesù Cristo, l’ispirazione «verbale e plenaria» della Bibbia, il battesimo per immersione in acqua, il battesimo nello Spirito Santo la cui evidenza iniziale è il dono delle lingue.

Gli articoli di fede permettono di accogliere nella Ceiam realtà pentecostali diverse, alcune direttamente legate al Movimento della Fede, altre di natura diversa. Dal 1966, ogni anno a Roma la Ceiam organizza una conferenza evangelica nazionale (Cen). Nel 1999 a Roma la Ceiam ha aperto una scuola biblica. A Roma operano anche una corale di adulti (La Rugiada) una di bambini fra i 5 e i 13 anni (I Piccoli Angeli) e un gruppo musicale (I Diaspri).

Un mese fa a Caserta papa Francesco ha visitato la comunità pentecostale del pastore Giovanni Traettino proclamando per i cristiani «l’unità nella diversità» perché «ogni parte ha la sua peculiarità, il suo carisma». L’ecumenismo è «un poliedro».