Big Bang, l’ultima non-novità di papa Francesco

Piergiorgio Odifreddi
Repubblica.it

Finalmente, dopo tanti discorsi vaghi e generici, che permettevano ai media di attribuirgli una modernità inesistente, papa Francesco ha tenuto un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, ha parlato di cosmologia e di evoluzionismo, e ha sostenuto che le due teorie scientifiche non solo non contraddicono il creazionismo divino, ma lo postulano come principio.

Prima che cominci il rullio dei tamburi, che già si sente nei titoli di agenzia, è bene notare che si tratta di posizioni già dette e ripetute: rispettivamente, da Pio XII e da Giovanni Paolo II, in due discorsi alla stessa Pontificia Accademia delle Scienze, il 22 novembre 1951 e 22 ottobre 1996. Discorsi in cui i predecessori di papa Francesco facevano allora esattamente come fa lui: fingere di accettare le spiegazioni scientifiche sul “come”, ma rivendicando un monopolio teologico sul “perché”.

In realtà, non si tratta che di fraintendimenti. Infatti, l’affermazione che “il Big Bang non contraddice l’intervento del creatore divino, ma lo esige” dimostra che Francesco continua a credere, sessant’anni dopo Pio XII, che il Big Bang sia un evento nel tempo, che permette di domandare cosa c’era prima di quell’evento. Mentre invece si tratta di un limite fuori del tempo, a cui tende il film dell’universo proiettato al contrario: vicino a quell’evento le leggi della fisica oggi conosciute perdono di significato, e con esse appunto anche la nozione di tempo.

La fisica sta cercando di vedere se sia possibile andare al di là di quelle leggi e del relativo Big Bang, ma può farlo solo togliendo a quest’ultimo la caratteristica di singolarità che invece tanto attrae i papi, di ieri e di oggi. Perché nella loro ignoranza essi possono appunto fraintenderlo nell’unica maniera che capiscono, visto gli “studi” che hanno fatto: cioè, come una versione scientifica moderna della mitologia mediorientale antica.

Passando dalle stelle del cosmo alle stalle del nostro pianeta, anche l’affermazione che, per quanto riguarda la vita sulla Terra e l’uomo, “vi è un cambiamento, una novità, perché quando, al sesto giorno del racconto della Genesi, arriva la creazione dell’uomo, Dio dà all’essere umano un’autonomia diversa da quella della natura, che è la libertà” è un totale fraintendimento dell’evoluzionismo, fatto da Giovanni Paolo II e ripetuto da Francesco.

Altro che “il papa rappacifica Dio e Darwin”, come si è già precipitato a titolare qualche ignaro e ignorante giornale! Fin dalla sua prima formulazione da parte di Darwin, l’evoluzionismo non ha presupposto assolutamente nessun meccanismo particolare per la creazione dell’uomo. Al contrario, ha considerato e considera l’evoluzione dell’uomo come un caso particolare di una teoria che rende conto dell’evoluzione di qualunque altra specie vivente.

Continuare ad arrampicarsi sugli specchi per conciliare Dio e la scienza, a proposito della creazione dell’universo e dell’uomo, non è un esempio di modernità da parte dei papi e della Chiesa. Al contrario, è un patetico tentativo di salvare il salvabile, accettando i fatti scientifici fin dove è possibile, per non far la fine dei dinosauri, ma pretendendo di supplementarli con finzioni teologiche non necessarie, per continuare a vivere appunto da dinosauri.

Albert Einstein, ogni volta che gli si nominava il nome di Henri Bergson, che aveva tentato un’operazione analoga con la relatività per salvare la propria filosofia, scuoteva la testa e diceva: “Che Dio lo perdoni”. Lo stesso possiamo dire noi dei papi e dei loro seguaci, continuando a usare scherzosamente quest’espressione metaforica soltanto perché è espressa nell’unico linguaggio che essi possono capire.

Ps. Le lamentele per l’ennesimo post sulle non-notizie del Vaticano vanno cortesemente rivolte, da un lato, al Vaticano che monopolizza i media con queste non-notizie, e dall’altro lato, ai media che si fanno monopolizzare dalle non-notizie del Vaticano. Qui si cerca soltanto di sottolineare che si tratta appunto di non-notizie, soprattutto quando sembra che esse riguardino la scienza.