Commento a Giobbe di B.Manni

Beppe Manni
Cdb Villaggio artigiano – Modena

Care amiche e amici

Credo di fare cosa gradita a mandarvi in allegato i testi biblici e il commento fatto domenica passata durante la liturgia. Come sapete la domenica mattina la preghiera liturgia è aperta a tutti e il commento preparato da un gruppo introduce una “discussione” comune.
Domenica ad esempio il tema molto coinvolgente era anche quello del dolore e della sofferenza. dopo l’introduzione di Pier e si diceva che Gesù rifiuta la teologia degli amici di Giobbe che cercavano il colpevole delle sofferenze di Giobbe o la responsabilità del sofferente…La mano di Gesù si protende a salvare sanare e includere gli emarginati.
Pier concludeva affermando che dobbiamo superare una certa teologia tradizionale che vedeva Gesù innocente colpito dalla vendetta di Dio che caricava su di lui tutti i peccati dell’uomo. Dio non ha ha chiesto il sacrificio di Gesù. Nè vuole la nostra sofferenza. Gesù è stato ucciso perchè è stato coerente con le sue scelte. Tanti altri giusti nella storia dell’uomo, hanno sofferto e sono morti come lui perchè hanno lottato contro le ingiustizie.
Credo che questo sia uno dei nuclei teologici che la comunità del Villaggio è andata maturando in anni di riflessioni comuni. Insieme ad altri che potremmo anche elencare in un altro momento. Lo dico perchè noto che ogni tanto emergono o riaffiorano concezioni a livello teologico, biblico e spirituale che sembra ci facciano tornare indietro a una religiosità non dico tradizionale ma tradizionalista superata in nome del lieto annuncio e della libertà in Cristo. Siamo figli della libertà e della gioia non della schiavitù e della paura .
Sono graditi ovviamente commenti.
Saluti

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(Gb 7, 1-4.6-7; Sal 147(146); 1 Cor 9, 16-19. 22-23; Mc 1, 29-39)

Il messaggio che vuole darci la liturgia di oggi è molto chiaro. La condizione
umana è fragile e malata. Giobbe rappresenta il sospiro e il grido di
protesta dell’umanità contro il dolore, la malattia, la morte.
La drammaticità del libro di Giobbe non è data tanto dalla descrizione
della situazione di dolere in cui si trova, nè dai suoi accenti di protesta
nei confronti di Dio, la bestemmia in qualche modo, ma dal fallimento
dei suoi amici che tentano di difendere Dio dalle accuse di Giobbe. Sono
avvocati molto scarsi e non è certo per caso che Dio alla fine tolga loro il
mandato, prenda lui stesso la parola in mezzo alla tempesta e, in sostanza,
si riconosca nelle parole di Giobbe e non in quella dei suoi avvocati.

Dice infatti al primo di loro: “la mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due
amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe”.
Se non chè Dio stesso non ha argomenti validi da contrapporre a Giobbe,
lo riduce al silenzio e basta, si rifiuta di dargli risposta perché l’uomo non
ha diritto di mettere sotto inchiesta Dio, l’infinitamente sapiente, l’onnipotente,
e Giobbe, ridotto al silenzio, riconosce di aver parlato da stupido.
Così si chiude la disputa.

Poi c’è la conclussione consolatoria con Dio che rende omaggio alla rettitudine
e alla grandezza d’animo di Giobbe e gli restituisce tutto quello che
gli aveva tolto….

Ma questo non cambia la sostanza della disputa, anzi rafforza l’idea che
Dio chiuda sì la bocca a Giobbe, ma dandogli in qualche modo ragione.
Il vangelo che la liturgia ci ha fatto leggere si presenta subito come una
nuova risposta, del tutto diversa: Gesù va incontro a Giobbe, all’umanità
malata e sofferente, non gli chiede niente, gli allunga la mano e lo aiuta a
rialzarsi. Sembra dirci: il Regno di Dio che con me comincia a rendersi
presente è questo! Questo è l’annuncio della buona notizia che sono venuto
a portare.

Stiamo attenti però. Lo scarto è meno ampio di quanto possa apparire a
prima vista.

Quello che vi ho proposto e che veramente appare nella liturgia di oggi è
reso possibile dal passaggio dal piano strettamente teologico che si sviluppa
nel testo di Giobbe a uno prevalentemente morale e sociale, la mano
tesa, la presenza di una figura carismatica che suscita una fiducia totale.
Nella predicazione della Chiesa ci si ferma sovente su questo versante,
cogliendo il nucleo forte dell’insegnamento morale e sapienziale di Gesù,
quello che Beppe chiama “il tesoro nascosto” o “le perle”: il buon annuncio
ai poveri, la gratuità,, la compassione, il perdono, la goia, ecc…

Perché nella liturgia si leggono solo frammenti e si valorizzano singoli
detti, singole azioni che veramente ci fanno intravedere il Regno o la sua
possibilità se l’umanità intera si attenesse ai criteri così suggeriti.
Il frammento di oggi è uno di questi. C’era stato al mattino l’insegnamento
nella sinagoga di Cafarnao e la guarigione dell’indemoniato che avevano
suscitato una grande meraviglia (l’abbiamo letto domenica scorsa) e
poi la mano tesa alla suocera di Pietro (Pietro era sposato). Alla conclusione
della giornata di riposo, alla comparsa della prima stella, si erano
avvicinati a lui malati e indemoniati e ne aveva guariti molti. Poi il riposo
e, prima del sorgere del sole la preghiera e infine l’urgenza di annunciare
la presenza del Regno anche negli altri villaggi. Sembra la descrizione di
una giornata tipo di Gesù…

Ma stiamo attenti, questo frammento è collocato all’inizio del vangelo di
Marco. Se leggiamo fino alla fine l’ottimismo lascia il posto all’ansia e alla
paura, emerge di nuovo tutta la drammaticità della condizione umana e
Gesù porta il grido di Giobbe sulla croce come sua ultima parola: “Dio
mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. È una protesta diversa da quella
di Giobbe, ma forse più drammatica ancora!

Non posso chiudere così ovviamente, perché all’alba del terzo giorno le
donne che vanno al sepolcro trovano la tomba vuota. “È stato risuscitato,
non è qui. […] Dite ai suoi discepoli e a Pietro: vi precede in Galilea” e le
donne fuggono piene di stupore e impaurite.
Questo finale sembra dirci che per i discepoli il cammino ricomincia dalla
Galilia, dove tutto era iniziato. Il credente viene rimandato al cammino
terrestre di Gesù; non possiamo più vivere come se la nostra terra non
avesse ospitato Gesù. È la via del cristianesimo…