Mattarella un presidente cattolico? di M.Vigli

Marcello Vigli
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C’è da chiedersi se la religione è ancora un criterio discriminante per definire i comportamenti umani e le appartenenze politiche.

Inducono ad interrogarsi le parole di un insospettabile Papa Francesco durante l’udienza generale in Vaticano del 4 febbraio alla presenza di molti pellegrini ucraini ha detto a braccio: Io penso a voi fratelli e sorelle ucraini, ma pensate, questa è una guerra tra cristiani, voi tutti avete lo stesso battesimo, state lottando tra cristiani, pensate a questo, a questo scandalo, e preghiamo tutti, la preghiera è la nostra protesta davanti a dio in tempo di guerra.

Lo stesso vale per gli islamici in conflitto fra loro, né solo fra sciiti e sunniti: ne sono testimonianza la condanna quasi tutto il mondo islamico nei confronti dei feroci assassini del pilota giordano, oltre che la dura reazione dal cielo da parte dei suoi colleghi contro le loro postazioni nelle terre del nuovo califfato.

Non si tratta delle vecchie guerre di religione nelle quali ci si poteva illudere di combattere per il dio vero contro quello fasullo; né di quanto avvenuto in entrambe le guerre mondiali del secolo scorso che videro cristiani su entrambi i fronti quando la religione era fuori moda e le ideologie, nazi/fascista e liberal/comunista, esaurivano le sfere degli ideali, patriottici e non, che animavano i popoli.

Oggi la religione appare tornata preminente sulle ideologie negli immaginari collettivi delle masse, convivendo con indifferentismo e consumismo.

Non serve, però, neppure per caratterizzare i fedeli di una stessa chiesa.

Su La Croce, il quotidiano clericale uscito nelle edicole nel gennaio scorso, il direttore, l’ex deputato del Pd Mario Adinolfi, nel commentare l’elezione del “cattolico” Mattarella alla Presidenza della Repubblica scrive: a qualcuno Mattarella non piace perché oltre ad essere cristiano è democristiano o perché ha militato nell’ala sinistra di quel partito o perché è “dossettiano”. Cretinate ideologiche, appunto. Mattarella è un presidente cristiano e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l’anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell’utero in affitto tramite la stepchild adoption, è decisivo avere un cristiano non all’acqua di rose al Quirinale

Ai suoi fratelli di fede integralisti, che legittimamente temono proprio i trascorsi dossettiani del neo Presidente, ricorda che, pur non essendo la soluzione ottimale, è la migliore possibile nelle condizioni date, per un obiettivo preciso da raggiungere: tutelare l’Italia da un’offensiva normativa che dal matrimonio omosessuale all’eutanasia ha messo radici, informo i distratti, negli ordinamenti di tutta Europa. In tutta Europa, ma in Italia no.

Un minor male quindi di cui bisogna essere soddisfatti.

Non la pensa così Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi siamo chiesa, soddisfatto anche lui, ma per ben diversi motivi.

Nel rallegrarsi che Mattarella nel suo discorso al Parlamento non ha fatto cenno ai rapporti Stato/Chiesa, in contrasto con le tante e belle parole di Napolitano, e che ha, invece, sottolineato i tanti aspetti progressisti della Costituzione, ricorda che solo una volta ha fatto riferimento a papa Francesco citandolo per la sua condanna della corruzione. Dopo tante sbornie clericoconsociative del lontano e recente passato, dopo tante invasioni di campo, protagoniste entrambe le due sponde del Tevere, non si può che essere contenti.

In verità Mattarella aveva già dato prova della sua autonomia di cattolico adulto sostenendo la ministra Bindi nella battaglia per i “pacs” e soprattutto schierandosi, nel referendum abrogativo promosso dal cardinale Ruini, contro la legge 40 che ha poi contribuito a smantellare come giudice nella Corte Costituzionale.

Già prima, negli anni successivi alla morte del fratello Piersanti, insieme a Leoluca Orlando aveva dato vita alla stagione definita “Primavera palermitana” ed era stato uno dei cinque Ministri della Sinistra democristiana, tra cui anche Martinazzoli, che si dimisero nel luglio 1990 dal governo retto da Andreotti. Non intendevano avallare la cosiddetta Legge Mammì che consegnava a Berlusconi un vero oligopolio nel mercato televisivo sul quale ha fondato le sue fortune politiche.

Lo si dimentica limitandosi a riconoscere che la sua elezione rappresenta un oggettivo successo strategico per Matteo Renzi che, sul nome di Mattarella, ha ricompattato il PD.

Dovrebbe ricordarlo anche il cardinale Bagnasco, Presidente della Cei, che ha dichiarato un bel segnale per il paese intero, per la gente e per tutti noi. Ha poi ammesso: Come sempre per i credenti la fede è una luce che illumina le scelte e le valutazioni, aggiunge qualcosa di più, un valore aggiunto al compito della ragione concludendo che questo non solo non andrà a inficiare quella che è la giusta laicità dello Stato ma semmai andrà ad arricchirla con una luce “particolare”, più completa.

L’uno e l’altro in verità non hanno di che rallegrarsi.

Il decisionismo renziano non avrà vita facile con chi ha dichiarato con ferma determinazione: All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà – imparziale.

Andrà delusa anche la speranza di iscrivere il neo Presidente al partito di chi, per neutralizzarla, usa arricchire la laicità di aggettivi chiamandola giusta, sana … In verità appena eletto è andato alla messa domenicale al mattino, ma nel pomeriggio alle Fosse Ardeatine ha reso omaggio ai martiri di quella religione della libertà e della democrazia che si è impegnato a professare giurando fedeltà a quella Repubblica che dal loro sacrificio è stata consacrata.