Matteo Renzi: il grande freddo tra il premier e il mondo cattolico. Invece Enrico Letta e Romano Prodi…

Alessandro De Angelis
http://www.huffingtonpost.it 27/04/2015

La “questione cattolica” è riemersa. Il ritorno politico e mediatico di Enrico Letta, tra i tanti significati, ha quello di riaccendere l’attenzione sulla freddezza tra cattolici e renzismo. E c’è un motivo se, come primo atto, l’ex premier è salito da Sergio Mattarella, primo presidente cattolico dopo lustri. E c’è un motivo se, sulla copertina del libro di Letta, è scolpita una frase che per un cattolico è densa di senso (“Se vuoi andare lontano devi farlo assieme”). O se le richieste di presentazione del libro tra le associazioni non si contano più. Stimolate, forse, anche dall’attivismo di Enrico Letta, ospite dalla Gruber lunedì sera, ma che ha in agenda anche un’intervista su un quotidiano e un’altra uscita televisiva nel fine settimana.

C’è tutto un mondo cattolico che, dopo un anno e mezzo di Renzi, nutre, nei confronti dell’inquilino di palazzo Chigi, una insofferenza che sconfina nell’irritazione. È troppo dire che Letta lo rappresenta del tutto o che si pone come unico interlocutore. Ma non è sbagliato dire che sia Letta sia Prodi, cattolici democratici e fondatori dell’Ulivo, parlano a quel mondo smarrito nell’era del Partito della Nazione che sul territorio intercetta anche pezzi di Forza Italia. Il disagio arriva fino alle gerarchie, abituate a trovare una interlocuzione con palazzo Chigi. E che non trovano ascolto per un confronto sui vari temi.

Perché, con la Cei, semmai a telefono risponde Lotti in modo sbrigativo. Ma il premier, come accade con i sindacati, le associazioni, i corpi intermedi, vive il confronto come un freno di chi si oppone al cambiamento. È anche per questo che – per dirne una – dopo aver dato iniziale disponibilità, Renzi ha evitato di partecipare al congresso del Movimento Cristiano dei Lavoratori, mentre Lotti, dopo aver detto che avrebbe partecipato, ha disdetto il giorno prima. Movimento cristiano dei lavoratori, Acli, Compagnia delle Opere, ma anche Coldiretti, Confartigianato, Confcooperative e Cisl: sono le associazioni che ai tempi del convegno di “Todi”, con la benedizione della Cei e di Bagnasco, scesero “politicamente” in campo per “stimolare una mobilitazione” della società, di fatto, contro il governo Berlusconi.

Fonti di più di una associazione dicono all’HuffPost: “Renzi non si confronta, non parla, non ci riceve per uno scambio di vedute sui temi della famiglia, del lavoro della scuola e del sociale. Per lui parlare con noi è una perdita di tempo. Ha una visione individualistica della società. Il leader che comanda e gli individui. Punto”. E lo stesso vale per Sant’Egidio, Focolarini, neo-catecumenali, Rinnovamento dello Spirito, le cosiddette lobby del Vaticano che hanno un rapporto diretto col Papa, ma anche con la gente, visto che furono proprio quelli di Rinnovamento dello Spirito a riempire lo stadio Olimpico per Bergoglio a giugno nello scorso anno.

Ecco, è tutto un mondo alla ricerca di un dialogo. E a Renzi non è bastato correre all’aeroporto di Fiumicino per salutare il Papa o precipitarsi al raduno degli scout per guadagnarsi la benevolenza dei vescovi. Proprio nella Cei ci sono gli altri covi di insofferenza. Il segretario della Cei Nunzio Galantino aderisce appieno alla lettera al nuovo corso di papa Bergoglio che si pone all’opposto della gestione Bagnasco della Cei e soprattutto dell’asse tra l’ex segretario di Stato Bertone e il clan berlusconiano di Gianni Letta. Uno dei primi obiettivi di Francesco è stato proprio quello di sganciare la Chiesa italiana dalla politica romana. Proprio per questo, e proprio perché Galantino è abituato a frequentare Santa Marta, dove risiede il pontefice, le sue frequenti critiche a Renzi sono sinonimo di autentico disagio e non nascondono retropensieri politici.

Come quando criticò gli ottanta euro, o quando invitò il governo a smetterla con gli slogan. O quando invitò la politica ad avere l’orecchio “appoggiato alla storia comune della gente”. E dalle diocesi e dalle parrocchie quello che sale ogni giorno è un grido sempre più disperato per la crisi economica. È sufficiente ascoltare gli appelli durante le messe domenicali di qualunque parrocchia popolare italiana: richieste di aiuto di ogni genere.

Messe dove, non è sfuggito, Matteo Renzi non va, per quanto si professi cattolico. A differenza di Enrico Letta, di Romano Prodi e di Sergio Mattarella. E qui torniamo alla portata simbolica e al significato politico dell’incontro tra Letta e Mattarella. Perché è l’attuale capo dello Stato il vero punto di riferimento dei cattolici in Italia. Di Papa Francesco e delle gerarchie. Detta così pare ovvio. In verità è una rivoluzione silenziosa quella che sta avvenendo. All’insegna del grande ritorno del cattolicesimo democratico, rispetto ai tempi dell’asse tra Ruini prima e Bagnasco poi con Gianni Letta. Cattolicesimo democratico dunque che trova in Mattarella il suo punto di riferimento istituzionale. Ma che, sul piano politico, è in una fase di transizione. E non è un caso che, nel corso della presentazione del libro Non come Pilato Pier Luigi Bersani ha detto: “La cultura cattolica in politica, in Italia ha dato un contributo basico sui temi della democrazia. Oggi mi sembra un po’ affievolito”.

A livello parlamentare tutti con Renzi, ma fuori dal parlamento parecchi mondi si sentono esclusi. Dice un parlamentare che ha parlato con Letta: “Enrico non si è mai prestato a fare operazioni fuori dal Pd. Ma è chiaro che il Pd sta cambiando pelle. In questo momento la sinistra post-comunista e i cattolici democratici, i fondatori dell’Ulivo cioè, sono marginali nel disegno di Partito della Nazione che attrae i verdiani e non viene più votato dalla Camusso e da un pezzo del mondo del lavoro”. L’unità politica dei cattolici è finita da tempo ed è finito da tempo anche il voto cattolico organizzato. Però i mondi cattolici restano sempre un metro per misurare il rapporto tra i governi e il paese. E l’irritazione non è un segnale rassicurante.