Bergoglio, il cambiamento e il senso comune di PP.Caserta

Pier Paolo Caserta
http://cronachelaiche.globalist.it

Con l’enciclica “Laudato si'” il papa enuclea una dottrina sociale che certamente merita attenzione, ma diremo subito che Bergoglio non può essere la nuova icona del progressismo che da più parti viene salutata, temiamo, non senza una buona dose di subalternità. Anche questa investitura testimonia di un clima agiografico che trova puntuale riscontro, del resto, nel plauso ormai generalizzato che il gesuita incassa anche per molto meno e con facilità disarmante. Questione di comunicazione, allora? Almeno in buona misura, sì. Basterebbe riflettere sul recente, duro pronunciamento contro Medjugorie. È sufficiente approfondire appena un po’ la notizia per scoprire che la presa di posizione era stata largamente annunciata e che da anni lavorava in questa direzione una commissione di inchiesta guidata dal cardinale Camillo Ruini ed istituita, udite udite, da papa Ratzinger. Ma ve lo immaginate se fosse stato l’arcigno pontefice tedesco a pronunciare identica “sentenza”? Probabilmente avrebbe suscitato un moto generale di empatia nei confronti dei visionari del santuario, con laici ed anticlericali ad accapigliarsi per dispiegare tutto il loro apparato argomentativo nel tentativo di far notare che tra miracolismo visionario e fideismo cattolico esiste semmai una differenza di grado, certamente non di genere, tale da invalidare per lo meno l’efficacia della gag. Però, niente, se a dirlo è Bergoglio, a quanto pare, cambia tutto, parte subito la ola, ed anche molti presunti laici si acquietano soddisfatti. Ma, a ben vedere, non sarà pochino per gridare alla svolta epocale? E i diritti basati sulla laicità, abbiamo smesso di chiederli?

Le ragioni dell’anacronismo della Chiesa cattolica non stanno in questioni superficiali, non possono essere superate dalle scuse molto tardive per errori, persecuzioni e massacri perpetrati nel corso della storia; e nemmeno può bastare la visione geopolitica di questo o quel pontefice. Quelle ragioni stanno tutte nel profondo antagonismo allo stato di diritto. È tutto qui lo scarto che separa la Chiesa cattolica, che non ha mai dismesso la sua pretesa universalistica, rispetto alle altre chiese europee che hanno avuto la Riforma, alle quali non è mai stato consentito di porsi in conflitto con lo stato di diritto. L’universalismo cattolico è teocratico nell’essenza, è pretesa di abbracciare la società nella sua interezza; è pretesa che i principi religiosi propri debbano valere per tutti, anche per i non cattolici, continuando a negare i diritti. Ed è, allora, qui e soltanto qui, e sulle questioni legate al diritto individuale di scelta e alla sua effettiva fruibilità che si dovrebbe misurare ciò che merita il nome di “cambiamento”. Tutto il resto sarà anche molto interessante e non ne dubitiamo affatto, ma dovrebbe interessare soltanto i cattolici. È vero cambiamento che Bergoglio svisceri la sua avanzata dottrina sociale mentre una donna che in Italia voglia esercitare il suo diritto di abortire, previsto dalla legge, continuerà a scontrarsi con le stesse difficoltà di sempre? Se all’indomani del family day che ha messo in scena lo spettacolo del familismo amorale e del fanatismo omofobo la chiesa cattolica conferma nella sostanza le stesse posizioni, potremo certamente non esserne sorpresi, ma a norma di quale criterio vogliamo parlare di aperture, o persino di cambiamento? E, volendo, è una svolta epocale se papa Bergoglio va a chiedere perdono alla Chiesa valdese (intendiamoci, bene ha fatto) ma il perverso meccanismo dell’otto per mille rimane in piedi?

Veniamo, ora, proprio alla famiglia e ai diritti di scelta individuali. Dall’assemblea episcopale svoltasi all’indomani del Family Day è uscita fuori la possibilità che i divorziati risposati possano accedere ai sacramenti, mentre è stata ribadita la linea dura contro matrimonio egualitario, interruzione di gravidanza e fecondazione assistita. Nessuna meraviglia, farà ancora notare qualcuno: non ci si può aspettare che anche su questi temi la Chiesa cattolica cambi idea. Facendoci tornare a dire: benissimo, ma tutte queste aperture, allora? Sono aperture a chi, a cosa, in definitiva? Per conto nostro rispondiamo: sono aperture al senso comune. Che, è fuor di dubbio, dimostrano un acume straordinario nell’accorciare la distanza tra l’immagine della Chiesa e la società. È sicuramente di questo che la Chiesa cattolica aveva bisogno in questo momento storico: di adeguare la sua immagine ai tempi. A quale scopo, all’interno di quale orizzonte e in nome di quale strategia: sono queste le domande di fondo, la cui risposta può scaturire solo dall’osservazione di ciò che viene tenuto fermo in contropartita di ciò che viene cambiato. È l’oltranzismo contro la libertà di scelta, in particolare della donna, la roccaforte che deve restare inespugnabile.

La Chiesa cattolica teme da sempre il femminino come il peggiore dei mali. Persino sul matrimonio egualitario i clericali ovviamente si impuntano, ma sapendo che prima o poi dovranno cedere (il più tardi possibile, si capisce). La negazione dei diritti riproduttivi, il “pro-life”, invece, è l’ultima trincea e l’aguzzo gesuita è chiamato a difenderla, a preservare un ordine sociale e culturale arcaico il cui architrave è la negazione della libertà di scelta della donna. Cambiando tutto il resto perché nulla cambi.