Scuola di Chiesa e scuola di Stato di M.Vigli

Marcello Vigli
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La divulgazione della recente sentenza della Corte di Cassazione sull’obbligo del pagamento dell’Imu per le scuole paritarie, molte delle quali gestite da istituzioni cattoliche, ha suscitato commenti e polemiche sulla sua coerenza con il dettato costituzionale.

Nessuno, a quanto mi consta, ha profittato per metterlo in discussione chiedendone la modifica in questa fase di revisione in corso. Dibattiti e contrasti sull’argomento lasciano emergere la equivocità del testo e le contraddizioni che introduce. Esso pretende infatti di conciliare l’onere, tassativo per la Repubblica, di istituire scuole di ogni ordine e grado costituendole di fatto come strutture istituzionali, l’obbligo dei cittadini di frequentarle fino al sedicesimo anno e il diritto per Enti e privati di istituirne di proprie da offrire come sedi per adempiere a tale obbligo.

Vale la pena di ricordare che questo si giustifica solo perché tale frequenza serve alla collettività. Serve infatti a garantire che i giovani, raggiunta la maggiore età, siano in grado di esercitare il loro diritto/dovere di cittadini essendosi formati sui principi della Costituzione, fondamento della cultura scolastica a cui si ispira la scuola statale. Se altri sono i principi ispiratori delle scuole promosse da privati – anche gli istituti religiosi lo sono – non possono assolvere a quella funzione.

Di questa differenza si nutre l’impossibile parità fra pubblico e privato nei processi formativi.

La gerarchia ecclesiastica considera, infatti, la scuola una sede per avviare i giovani a maturare la scelta di fede che i genitori hanno loro imposto battezzandoli.

Legittima esigenza, funzionale, però, alle esigenze della comunità ecclesiale e non alla promozione della solidarietà civico-politica.

Il progressivo offuscamento di tale impossibilità fino all’aberrante legge di parità promossa da Luigi Berlinguer hanno non poco contribuito alla crisi che il Sistema scuola sta attraversando.

Sul rifiuto di tale radicale diversità si fonda, oggi, la giustificazione del diritto delle scuole paritarie all’esenzione, condivisa, pur se in diverso modo, da gran parte della comunità cattolica: l’insufficienza dello Stato a rispondere alla domanda d’istruzione giustifica la supplenza delle scuole cattoliche.

I Cristiani di base, che pure sostengono che lo Stato dovrebbe avere una scuola sufficiente per tutti, non sfuggono a questa tentazione, magari aggiungendo che, eccetto le scuole private con scopo di lucro che devono pagare ogni tassa fino all’ultimo centesimo, quelle paritarie senza scopo di lucro, dovrebbero essere a totale carico dello Stato, perché sono una supplenza ad una mancanza indecorosa di uno Stato che spende denaro pubblico a iosa e lascia crollare le scuole sulle teste dei bambini.

Un recente episodio dà la misura, invece, di come vivono la scuola paritaria quei cattolici che la considerano un’appendice della famiglia ad uso dei loro figli. A Crema, si sono mobilitati con proteste in Municipio e in Curia, con raccolta di firme, con minacce di ritirare dalla scuola i propri figli al grido gli immigrati dove ci sono i nostri figli non li vogliamo, per imporre al vescovo di desistere dal progetto di accogliere una ventina di giovani profughi extracomunitari in un ex convento di suore contiguo alla “loro” scuola.

Pur con stile ben diverso anche mons. Galantino a nome della Cei, per rivendicare l’esenzione, si appella al diritto delle famiglie di scegliere la propria scuola: La ragione non può rinunciare a prendere atto di alcuni dati precisi …, queste scuole vengono scelte da un milione e trecentomila studenti, ciò vuol dire almeno un milione di famiglie. … La scuola paritaria non può essere valutata solo per la natura commerciale per il fatto che vengono pagate delle rette, ignorando la valenza formativa e sociale e lo scopo no profit.

Per questo, a suo avviso, non deve essere solo la componente cattolica a ribellarsi dato che le scuole paritarie sono anche promosse dalla chiesa valdese, dalla confessione ebraica, e dal mondo del no profit, tanto più che il governo sembra condividere il loro orientamento, dichiarando, con il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, che le paritarie: svolgono un servizio di pubblica utilità: bisogna uscire dai pregiudizi ideologici.

In verità, a superare l’impasse inducono le osservazioni sollevate dall’Unione Europea sull’esenzione dall’Imu per le scuole paritarie e per tutto il no profit, tanto che il Governo italiano già un anno fa, attraverso un decreto del Mef, ha stabilito che deve essere pagata dalle paritarie, pur soltanto se le rette superano il costo medio per studente fissato dallo stesso ministero.

In questa prospettiva, per adeguarsi al recente pronunciamento della Corte il governo ha convocato, il 4 agosto, un Tavolo di confronto con le organizzazioni laiche e cattoliche delle scuole paritarie sulla questione Imu. L’incontro si è concluso con la decisione di riconvocare il Tavolo entro la prima metà di settembre con l’obiettivo di arrivare ad un chiarimento definitivo.

La Corte nel riproporre con il suo intervento le evidenti difficoltà a risolvere questi ed altri problemi, imposti dalla pretesa di realizzare una parità, impossibile senza snaturare la funzione istituzionale del Sistema scolastico pubblico, ha reso ancor più drammatica la prospettiva dello scontro, già preannunciato per la ripresa di autunno, fra mondo della scuola e governo, impegnato ad attuare le innovazioni introdotte dalla legge renziana sulla “Buona scuola” approvata nel luglio scorso.

(08.08.2015)