Bambini e bambine di Aleppo di A.M.Marlia

Anna Maria Marlia
(CdB San Paolo – Roma)

A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno mi chiedo se dovremo assistere ancora, come in questi ultimi mesi, ad un atteggiamento di disinteresse e di abbandono nei confronti dei bambini e degli adolescenti che abitano in paesi in cui guerre e terrorismo imperversano; paesi dove bambini e giovani quotidianamente sono nelle cronache che segnalano le condizioni di disagio, precarietà e ogni tipo di difficoltà fino al pericolo di perdere le loro vite, e non certo per colpa loro.

Tanto per citare qualche caso, penso ai quattromila bambini, minori abbandonati, rimasti soli ad Aleppo, senza chi fornisca loro il minimo per sopravvivere, senza chi si preoccupi dei rischi di ogni tipo che ogni giorno questi ragazzi sono costretti ad affrontare a causa di una situazione disperata di guerra che non sembra trovare né soluzione, né fine.

Essere bambino, oggi come ieri, e forse più di ieri sembra comportare in certe aree del mondo un peso che la società non sa, o non può o non vuole, sostenere. Essere bambino o ragazzo comporta troppo spesso delle condizioni esistenziali che sono il segno, oggettivo, di una mancanza di speranza nel futuro, il segno di una mancanza di progetto da sviluppare nel tempo per il quale si dispongono e si organizzano le strutture sociali e politiche capaci di assistere e preparare le generazioni che verranno.

Possibile che nessuna organizzazione internazionale, pubblica o privata, sia riuscita fino ad oggi neppure ad organizzare una via protetta e sicura per far uscire i bambini abbandonati da Aleppo e sistemarli in luoghi idonei non solo a farli sopravvivere ma anche a offrire loro un briciolo di speranza nel futuro? Possibile che non sia organizzata una protesta a livello mondiale per almeno evidenziare le gravità di ciò che avviene giorno dopo giorno nel silenzio e nella nostra complicità?

Possibile che si organizzino interventi del valore di miliardi di euro per salvare una sola banca e non una voce si faccia sentire per bloccare questa strage di omissione in atto in Siria? Eppure, diciamo, i giovani sono l’apertura al futuro, sono la speranza che le guerre possano un giorno cessare, possano ricadere sotto la razionalità e il controllo di generazioni future visto che per quelle presenti non riescono ad essere neppure controllate nella loro assurda frequenza e nella loro indiscriminata capacità di distruzione.

Una società senza giovani si ripiega su se stessa e non vede e non sogna speranza di quello che potrà essere il futuro.

Purtroppo emerge troppo spesso, anche nelle nostre società, che crescere dei ragazzi oggi diventa spesso più un lusso che un progetto umano di sviluppo: garantire condizioni materiali di crescita, possibilità di studio e crescita umana e culturale per una vita che diventi progetto vuol dire aver vinto battaglie e prove di forza contro una società sorda che sembra privilegiare pulsioni di morte.

I bambini e i ragazzi di Aleppo scontano sulla loro pelle la “sfortuna” di non essere nati in un paese occidentale, l’Italia per esempio, dove pur in mezzo a contraddizioni e a ritardi, solo a pochi mesi dall’evento distruttivo del terremoto, gli scolari hanno a disposizione spazi adeguati e attrezzati per compiere il loro percorso di apprendimento.

I bambini e i ragazzi di Aleppo, quelli che sopravviveranno al massacro, chi troveranno che voglia prendersi cura di loro per farli crescere, per insegnar loro a inserirsi nella società e imparare a essere persone capaci di dare e di ricevere? E quanti di loro saranno ancora persone capaci di intravedere un futuro libero da violenza e da conflitti, che meriti di essere vissuto nella serenità, nell’amicizia e nella gioia?