Come cambia il cristianesimo al tempo di Papa Francesco? di F.Gnagni

Chi c’era e cosa si è detto al convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri

Francesco Gnagni
http://formiche.net/ 20 gennaio 2017

Come cambia il cristianesimo al tempo di Papa Francesco? È il tema di discussione del convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri, a Roma, nell’arco di due giornate volte a indagare diversi aspetti del pontificato di Bergoglio, e caratterizzate da un’attenzione particolare per ogni area geografica del mondo.

PER IL CARDINALE KASPER FRANCESCO È “IL PAPA DELL’INCONTRO”

Tra i relatori della prima giornata il cardinale Walter Kasper, che ha definito Francesco “un papa dell’incontro”, sostenendo che “fa parte del suo carisma la capacità di accogliere ogni persona. Egli ha e vive uno stile di dialogo, e di questo avevamo bisogno”. Riassumendo i diversi incontri internazionali di Bergoglio, il porporato li ha spiegati dicendo che “per lui il Concilio Vaticano II non è punto di arrivo ma di partenza”, e per questo “l’ecumenismo è radicato nella sua concezione teologica”. Francesco è un papa evangelico “non in senso confessionale, ma letterale – ha proseguito il cardinale – ed è il primo papa a parlare di una conversione del papato: non vuole una pastorale dai centri accademici, ma dalle testimonianze del popolo. E una sinodalità della Chiesa a tutti i livelli”. La Chiesa infatti “ha bisogno di due poli: sinodalità e primato forte”. Oltre che di “sanare ferite profonde con un dialogo del cuore”, e non con “una lavanda del cervello, ma dei piedi”.

ISLAM E CRISTIANESIMO NELLA VISIONE DEL PRESIDENTE DI SANT’EGIDIO IMPAGLIAZZO

Il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha invece trattato il rapporto con l’islam nella dicotomia “missione/dialogo”: “una vecchio problema – ha detto Impagliazzo – di cui solo il Concilio ha fornito una risposta nuova, indicando nel dialogo la missione della Chiesa”; “è stato infatti il rapporto con l’ebraismo a far nascere Nostra Aetate, implicando una posizione sull’islam”. Citando Lumen Gentium ed Ecclesiam Suam, il professore ha spiegato che “la Chiesa ha instaurato un dialogo partendo dall’Homo religiosus”, e Giovanni Paolo II “nella Redemptor Hominis vede il mondo come una mappa di religioni”, ricordando in questo modo il primato del Concilio per “ciò che è spirituale”. Gli attentati in seguito segneranno la svolta nel rapporto tra occidente e islam: “la Chiesa però non ha mai rifiutato il dialogo”, peraltro “senza nascondere preoccupazioni sempre più sentite”. Così Benedetto “vuole superare il sincretismo, e a Ratisbona condanna il rapporto tra fede e violenza, facendo però scoppiare reazioni di rabbia nel mondo islamico”. Negli anni di Francesco infine il tema dell’islam “torna alla ribalta per via di flussi migratori e terrorismo, e si registra un certo malessere. Ma il papa – ha concluso Impagliazzo – ci dice che di fronte ai profughi bisogna evitare semplificazioni, e l’affetto ai fratelli dell’islam deve farci evitare generalizzazioni. Il dialogo con le religioni non è un sincretismo conciliante ma lo strumento per far sorgere amore dove c’è odio, e pace dove c’è offesa”.

“IN VATICANO ESISTE UN PARTITO DI TRUMP”, RIVELA MASSIMO FRANCO

Il giornalista del Corriere della Sera Massimo Franco invece, parlando degli Stati Uniti, ha spiegato che “oggi negli Usa il cattolicesimo riflette la normalità”, ma con un particolare: “che i cattolici hanno votato Trump, lo stesso che il Papa ha definito un non cristiano. Il che deve far riflettere”. “Il problema – ha continuato Franco – non è religioso ma culturale, cioè del modello di occidente che Trump propone”, considerato “che questo è il primo papa post-occidentale”. Francesco infatti, ha argomentato il giornalista, “riscrive gli equilibri geopolitici, e il suo ruolo in America latina è stato quello di riportare la democrazia: Cuba, Venezuela, Colombia”. Per quanto riguarda i rapporti con Putin, nella realpolitik vaticana il dialogo con Mosca “è la chiave per la Cina”(Paese “mai stato così vicino a Roma”, si è detto in seguito). Trump però “ripropone un suprematismo bianco”, e ciò che si teme è una sua “infiltrazione nel cattolicesimo conservatore”. Il fatto è che “esiste un partito di Trump dentro il Vaticano”, ha rivelato il giornalista del Corriere, che ha poi concluso: “l’ovile cattolico, e non i fedeli ma il corpo ecclesiastico, si sente abbandonato. Il rischio, se alcune parole d’ordine non vengono immerse nel corpo della Chiesa, è di trovare un papa trumpiano al prossimo conclave”.