La crisi è tutta dentro la Chiesa

di Enzo Mazzi, Cdb Isolotto – Firenze
da il manifesto, 11 aprile 2010

Questa imponente alzata di scudi da parte dell’establishment ecclesiastico in difesa dell’istituzione cattolica e della persona del papa aggrava i problemi anziché risolverli. Non ci vuole molto a capirlo. I media sono avidi di misteri e di scandali. Più si nasconde e più si offre loro l’occasione di scavare e scoprire e realizzare scoop scandalistici. La persona scompare, la sua dignità, i suoi diritti sono calpestati. Il mercato dell’informazione è questo. Andrebbe moralizzato. Ma è impossibile senza moralizzare tutto il sistema del mercato di cui il mercato dell’informazione è parte costitutiva.

E chi può compiere tale moralizzazione o almeno tentarla? Non certo il potere ecclesiastico che è tutto interno al sistema. Il potere, ogni potere compreso quello della Chiesa cattolica sta sfuggendo al controllo degli uomini e sta incarnandosi nell’entità sempre più inafferrabile e incontrollabile che si chiama danaro. Il potere ecclesiastico non ha metabolizzato la grande trasformazione operata dalla modernità. L’ha esorcizzata e si è lasciato ingoiare senza produrre in sé gli anticorpi per aprire varchi di liberazione. Alzano barricate e non si accorgono che la crisi è dentro, anche quella mediatica, per cui non fanno che peggiorare la situazione.

La soluzione non sta nel chiudersi ma forse nell’aprirsi senza paura. Aprire gli archivi, dire tutto. Lo dice con una chiarezza inusuale qui in Italia l’arcivescovo di Poitiers, monsignor Albert Rouet, scrivendo su Le Monde del 4 aprile scorso. «Perché ci sia pedofilia sono necessarie due condizioni, una profonda perversione e un potere. Questo vuol dire che ogni sistema chiuso, idealizzato, sacralizzato è un pericolo. Quando una istituzione, compresa la Chiesa, si erge in posizione di diritto privato e si ritiene in posizione di forza, le derive finanziarie e sessuali diventano possibili. È quanto rivela l’attuale crisi e tutto questo ci obbliga a tornare all’Evangelo: la debolezza del Cristo è costitutiva del modo di essere Chiesa. Bisogna scendere dalla montagna, scendere in pianura, umilmente».

In questi giorni in cui le alte gerarchie della Chiesa si lamentano per gli attacchi che le loro persone ricevono dai media mi sono andato a rileggere una stupenda pagina del Giornale dell’anima (il diario personale di Roncalli) nella quale Papa Giovanni confessa di soffrire – «il mio cuore sanguina» – ma non per gli attacchi contro la sua persona quanto piuttosto per «ogni forma di diffidenza o di trattamento scortese verso chicchessia, soprattutto verso i piccoli, i poveri, gli inferiori». Quale differenza!

È quello che dice da anni e soprattutto che tenta di fare in concreto la chiesa amante del Concilio. In particolare sono le comunità di base, per lo più ignorate ed emarginate, che tentano la strada della debolezza, condivisione, semplicità, trasparenza, democrazia reale. Che esse da fastidioso incomodo si rivelino la vera risorsa per il superamento della imponente crisi che sta attraversando la Chiesa Cattolica nel mondo?