La Chiesa e la sfida della rinuncia ai privilegi

Enzo Mazzi, Cdb Isolotto (Firenze)
La Repubblica, 27 agosto 2011

Era inevitabile che la Chiesa cattolica fosse chiamata in causa di fronte al decreto emanato dal governo per avviare il risanamento della situazione economica. Non era invece scontato che fosse il Presidente di una Regione come la Toscana, Enrico Rossi, a chiedere pubblicamente all’amministrazione ecclesiastica di “fare la sua parte” rinunciando a qualcosa, “decida lei cosa, se l’esenzione dall’Ici, l’8 per mille o altro ancora”.

E’ stato un gesto di grande coraggio che va sostenuto, non solo dai laici ma dagli stessi cattolici.
Al fondo dell’appello c’è il valore della laicità positiva che non è affatto laicismo. “La Chiesa ha da essere dei poveri e non solo per i poveri” tuonò il card. Giacomo Lercaro nell’assise conciliare.

La pagò cara perché fu costretto a dimettersi da arcivescovo di Bologna, ma il suo messaggio risuona ancora in molte coscienze di cattoli e non che restano sconvolti dai tanti scandali economici che coinvologono le opere cattoliche e lo stesso Vaticano. Vorrei raccontare un aneddoto.

Durante un presidio per il diritto alla casa mi accompagno ad un clochard.

– Tu, prete/non-prete – mi dice – convinci il tuo Dio a fare il miracolo di dare una casa a tutti. Dio è “senza fissa dimora”, la sua unica chiesa è il mondo, la sua religione è la giustizia e l’amore universale”.
– Ma se sono almeno due millenni – gli obbietto provocatoriamente – che i senza fissa dimora, come Gesù di Nazareth, annunciano la distruzione del “Tempio” e sono sempre sconfitti.
– Hai torto anche tu – mi dice – perché pensi la vita come una guerra con vincitori e sconfitti. Questa è la logica del potere. Così ti porti il “Tempio” dentro. Prendi il tuo fagotto per le sole necessità giornaliere e vieni con me a dormire alla stazione. Ti sentirai liberato da ogni forma di Tempio e riconciliato col mondo. La stessa cosa succederebbe anche al papa di Roma e al pope di Mosca e agli altri capi religiosi. Se andassero poveri come li voleva Gesù, i loro conflitti svanirebbero d’incanto.
– Ma allora – gli domando – che ci fai qui a lottare per la casa?
– La casa diventa prigione e tempio perché è un privilegio – ribatte scaldandosi – un possesso esclusivo da difendere contro chi non ce l’ha. Io lotto perché sia un diritto di tutti, una specie di piazza sconfinata.

Non andai con lui a dormire alla stazione. Ma la sua provocazione mi è penetrata ed ha continuato a lavorare nel profondo. Potrei raccontarne mille altre di provocazioni simili. Ognuna di esse è stata per me una testimonianza di laicità in senso molto profondo, come esodo dalla dimensione del privilegio.

Si fa strada ormai il senso della “Laicità” come caratteristica di uno stato che fonda la legittimazione propria e delle proprie istanze costitutive esclusivamente su se stesso senza dipendere da autorità esterne, in particolare da autorità religiose. Questo senso della laicità in Occidente è il frutto di conflitti durisssimi che hanno segnato per secoli la transizione dalla societas christiana del medioevo alla modernità e alla secolarizzazione.

E di tale conflittualità conserva tutt’ora i segni e le ferite. E’ un po’ il nervo scoperto della politica in tutto l’Occidente e nel nostro paese in modo tutto speciale per la particolarità della storia che lo contraddistingue.

La rinuncia della Chiesa cattolica ad alcuni privilegi potrebbe costituire un passo avanti della laicità sia nella stessa Chiesa che si avvicinerebbe a quell’ideale di Chiesa dei poveri che tanti cattolici auspicano, sia dello stato che verrebbe spinto ad assumersi in proprio il compito della sicurezza sociale per tutti.