Le comunità€ di base salutano Enzo Mazzi, maestro di “eresia” e di ortoprassi di V.Gigante

Valerio Gigante
Adista Notizie n° 80/2011

Tanti, tantissimi i messaggi di cordoglio, le riflessioni e le testimonianze di preti, laici, associazioni, movimenti e realtà ecclesiali che hanno intrecciato il loro cammino con quello di Enzo Mazzi e della Comunità dell’Isolotto. Quelli che riportiamo qui di seguito sono alcuni di quelli arrivati dalle “sue” Comunità di Base, da tutta Italia.

«Quello che Enzo è riuscito a donarci con le pratiche e con le parole, è la dimensione comunitaria esistenziale ed ecclesiale come dimensione antropologicamente necessaria per costruire reti di relazioni tra le persone chiamate a cooperare e quindi a superare l’individualismo, la competizione divenuta sempre più feroce negli ultimi trent’anni. Ma anche la dimensione di precarietà che le Comunità cristiane di Base sanno di vivere, con il compito di essere come il frumento che si nasconde e si mescola nella massa per farla lievitare tutta; precarietà come antidoto al senso di onnipotenza insito nelle istituzioni soprattutto in quelle che si pensano divine e perciò eterne. Enzo ci ha poi insegnato l’importanza di una lotta culturale contro ogni forma di sacralità, intesa come forma di dominio, di controllo sui corpi e sulle menti di donne e di uomini; sotto questo aspetto Enzo non risparmiava neanche i “laici” che giustamente riteneva per lo meno disattenti nei confronti della dimensione oppressiva del sacro». Peppino Coscione, comunità di Oregina

«Quando sabato scorso abbiamo avuto la notizia della morte di Enzo ci sono tornate in mente le parole che lo stesso Enzo aveva pronunciato, 12 anni prima, in occasione dei funerali di un’altra figura di primo piano delle CdB, venuta a mancare l’undici settembre 1999, Martino Morganti. Eccole qui di seguito (al posto di Martino si può leggere Enzo): “Noi siamo abituati a vedere le istituzioni come realtà che riproducono continuamente se stesse nonostante la morte dei loro membri. ‘Morto un papa se ne fa un altro’, se ne deve fare un altro perché l’istituzione viva: questa è la filosofia esistenziale di fondo delle istituzioni. Gli individui sono mortali, le istituzioni eterne. Ed è proprio attraverso la perennità delle istituzioni, aggrappandosi ad essa, costruendola generazione dopo generazione, proteggendola in ogni modo spesso anche violento, che gli individui riescono a rimuovere la propria mortalità. La nostra scelta va nel senso opposto: morto un Martino non se ne fa un altro e morti tanti di quelli che ci hanno accompagnato nel cammino comunitario non se ne fanno altri. Questo è secondo me il senso del nostro essere e voler essere comunità precarie, provvisorie, prive di strutture forti. E così la vita delle nostre comunità si popola di assenze feconde. Feconde di che cosa? La vita che muore, attraverso la morte rinasce, ma rinasce in qualcosa di nuovo e diverso: questa è secondo me la riconciliazione nostra fra la vita e la morte anche a livello comunitario”». Leo Piacentini (CdB Piazza del Luogo Pio-Livorno)

«L’eresia di cui parla Enzo non è la contrapposizione di un dogma ad un altro, di un impianto teorico contro l’altro, di un’ortodossia ad un’altra, bensì il convincimento che la fede non possa essere declinata in dogmi, precetti perenni ed etica immutabile. La fede deve invece tradursi in un’ortoprassi ispirata alla buona novella della fratellanza e sorellanza universali e interagire continuamente con un “pensiero dinamico, alternativo, critico e contestuale, che la gerarchia – sottolinea Franzoni (Manifesto, 25/10) – ha condannato come eretico”. L’ortoprassi di Enzo – che riconosciamo come nostra anche se non ci sentiamo autorizzati a dire che sia di tutto il movimento delle CdB – è una prassi di liberazione; liberazione da tutte le forme di potere a partire dal potere del sacro che si fonda sulla pretesa che la rivelazione sia conclusa, che Dio non possa più dire nulla di sé agli uomini e alle donne, o meglio che nulla di più e di diverso gli uomini e le donne possano pensare di Dio».
Gruppo Monte Sacro, CdB di S. Paolo – Roma

«Non addio, ma ciao Enzo, nostro fratello, nostro amico, energia creativa e solidale a disposizione di tutti. Abbiamo scoperto insieme come e quanto il dono del dare e del ricevere abbia arricchito e sostenuto il cammino delle nostre vite personali e comunitarie ed abbia riempito di significato ogni scelta . È un cammino ricco di gioia, di emozioni positive, di amicizie personali, di affetti profondi quello che abbiamo percorso insieme in questi anni, ma anche di difficoltà, ostacoli ed a volte incomprensioni: Enzo è stato anche segno di contraddizione in mezzo a noi, ma soprattutto è stato e rimane uno di noi che ha sostenuto questa esperienza mettendo in gioco la sua vita e donando con generosità le sue risorse di amore e di fede. “Enzo rimane vivo in mezzo a noi”, ma la sua memoria non appartiene a nessuno. Egli ha costituito spinta vitale per tutta la comunità perché si è rifiutato di chiudersi-chiuderci in un recinto e ci ha continuamente spinto, sbalzato nella dimensione cosmica della ricerca di “tutti gli uomini di buona volontà”».
Comunità di Base dell’Isolotto

«È triste pensare di non averlo più… non sentire quel suo vocione, non leggerlo più puntualmente. Ma è tanto quello che ci ha dato e ci ha lasciato, che è e sarà sempre presente. Gli dobbiamo l’esempio del suo rigore, del suo coraggio, dell’avere immaginato e fatto intravedere anche a noi – tanti anni fa – la possibilità di vivere la fede in un modo nuovo, significativo, diverso. Ora è in buona compagnia, con i profeti – anche ‘nostri’ – che l’hanno preceduto. Siamo tanto vicini a Luciana e a tutta la Comunità dell’Isolotto».
CdB Nord-Milano

«Non sono mai riuscito a dare un volto a quell’angelo del Vangelo che venne a dire a Maria… “Non aver paura”….oggi riconosco il volto di quell’angelo… è il tuo volto… perchè so che tu sei stato incarnazione con la tua vita di quel richiamo vero e profondo a non farsi imprigionare da quella paura e da quel controllo che tutti i poteri religiosi ed istituzionali impongono su di noi e sulla “povera gente”. Continua, ti prego a visitarmi e a visitare la comunità delle Piagge e a suggerirci quelle parole che ci permetteranno ancora di “generare Vita”, avendo come unico riferimento l’amore gratuito e pieno del nostro amico e compagno Gesù di Nazareth. Torno nel silenzio che ascolta… mi rimane solo il fiato per un Grazie vero… senza aggiungere altro. A… Dio».
Don Alessandro Santoro (Comunità Le Piagge)

«Quando circa 40 anni fa incontrammo per la prima Enzo ci colpì profondamente la sua grinta, la sua coerenza e la sua capacità di coinvolgere gli altri nelle battaglie per una società più giusta e, più in particolare, per una Chiesa più evangelica. Atteggiamenti costantemente espressi attraverso un sorriso contagioso e che hanno accompagnato la nostra comunità fino ad oggi. E di questo vogliamo ringraziare con affetto e gratitudine Enzo».
CdB S. Agostino – Alghero (Ss)

«È un momento di grande sofferenza per tutte le Comunità di base Italiane e per quanti uomini e donne in questi anni hanno guardato all’esperienza di Enzo e dell’Isolotto come ad un punto di riferimento nel cammino della ricerca di una fede viva, adulta, laica e schierata dalla parte degli Ultimi. Enzo ha saputo essere schivo, umile mescolando sempre la sua persona nell’humus vitale della comunità, ma oggi tutti noi possiamo ricordare con forza come in questi anni la sua persona, la sua testimonianza, il suo pensiero, il suo sorriso siano stati un faro per cercare di costruire una “Chiesa di base”. Una Chiesa povera, priva di ogni forma di sacralità, come lui con tenacia affermava, che navigando al di fuori di ogni recinto sapesse incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo nella condivisione delle loro lotte di liberazione».
La Comunità del Cassano – Napoli

«Per ognuno di noi Enzo ha rappresentato la testimonianza viva del cambiamento che il Concilio Vaticano II ha introdotto in un corpo un po’ invecchiato e malaticcio, come era la Chiesa cattolica, prima di questa ventata, voluta da papa Giovanni e condivisa da tanta parte delle comunità cristiane. L’esperienza dell’Isolotto ha tradotto nel concreto alcune intuizioni dei padri conciliari: la centralità del Popolo di Dio, i poveri, gli ultimi, gli oppressi come destinatari della Buona Notizia, una pluralità di compiti all’interno della Chiesa, ma sempre in ottica di servizio. Con il passare degli anni questo spirito conciliare ha rischiato di venire riassorbito da tentazioni di potere e da nostalgie costantiniane: Enzo, anima della Comunità dell’Isolotto, ha mantenuto viva la fiammella conciliare, grazie all’ascolto di una Parola di Dio, incarnata nella complessità e concretezza dell’oggi, e all’ascolto di quel vasto Popolo di Dio, non chiuso nelle sagrestie o nei sacri templi, ma vivente nelle strade, nelle fabbriche, nelle comunità».
Chiara e Rufillo Passini (Comunità di Base di Bologna)