Papa Francesco: belle le parole, ma i fatti? di E.Rindone

Elio Rindone
www.italialaica.it

Pochi mesi sono un tempo troppo breve per valutare il nuovo pontificato, che del resto è iniziato sotto i migliori auspici: le parole di papa Francesco – che vorrebbe una chiesa povera e a servizio dei poveri, che denuncia la corruzione come un male intollerabile e che domanda ai credenti di testimoniare con i loro comportamenti la fede che professano – gli hanno assicurato, infatti, la simpatia non solo dei fedeli ma anche di vasti strati della pubblica opinione sia in Italia che all’estero.

È ovvio, inoltre, che un papa deve occuparsi dei problemi di tutta la cristianità sparsa sui cinque continenti, che oggi non gode certo di ottima salute, e che le difficoltà per Bergoglio sono accresciute dal fatto che egli, a differenza del suo predecessore, è vissuto lontano dal Vaticano, che quindi conosce poco, così come poco conosce l’Italia.

E, tuttavia, qualche segnale sarebbe forse il caso di cominciare a darlo, per evitare la sgradevole impressione che le parole siano destinate a restare parole e a non tradursi in fatti. L’opinione pubblica italiana, in particolare, si aspetta, infatti, un’inversione di tendenza rispetto alla linea di condotta di una gerarchia poco propensa non solo a rinunciare ai suoi privilegi, e a farsi povera con i poveri, ma anche a lanciare un grido d’allarme contro la corruzione, che nel nostro Paese ha da tempo superato i livelli di guardia, e a prendere le distanze dai cattolici che danno pessima testimonianza mentre sbandierano la loro fede. Ecco alcuni casi in cui è altamente auspicabile che le parole producano presto effetti concreti.

Il papa ha certamente sentito parlare della questione dell’IMU e sarà stato informato del fatto che questa tassa grava spesso su famiglie in difficoltà economica, che negozianti e imprenditori rischiano di dover chiudere la loro attività, che mancano risorse da investire per creare nuovi posti di lavoro, tanto che il problema della disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli drammatici.

Ecco, Bergoglio si è chiesto se questa tassa grava anche sugli immobili di proprietà del Vaticano? Ci sarà almeno uno dei suoi collaboratori disposto a informalo che per diversi anni quegli immobili sono stati esentati, che per evitare le sanzioni dell’Unione europea il governo Monti ha stabilito, pur se con una normativa confusa, che dal 2013 anche il Vaticano dovrà pagare l’IMU, e che tuttavia il governo Letta, alla disperata ricerca di somme da investire per fronteggiare la crisi, sembra aver cancellato dall’ordine del giorno la questione IMU-Vaticano.

È chiaro che, se il papa stabilisse che devono essere pagate senza indugio le somme (intorno al miliardo di euro) dovute al fisco italiano, la sua decisione sarebbe molto apprezzata.

Francesco, vescovo di Roma, è poi sicuramente informato che in città si elegge il nuovo sindaco. Anche in questo caso ci sarà almeno uno dei suoi collaboratori che gli ha segnalato gli interventi del giornale della CEI, l’Avvenire, che offrono criteri per valutare i principali candidati.

Saprà, allora, dei toni allarmistici usati nei confronti di Ignazio Marino, che pure è un cattolico di specchiata moralità. Il giornale dei vescovi arriva addirittura a paventare un “rischio-deriva sui valori” e ad accusare l’illustre chirurgo di essere favorevole all’eutanasia, costringendolo a chiarire in una lettera al giornale che la sua proposta di testamento biologico è in linea con la nostra Costituzione e non ha nulla a che fare con l’eutanasia.

Gli anni della giunta Alemanno sono stati costellati da una serie di scandali, eppure su questi fenomeni di corruzione l’Avvenire preferisce sorvolare. E, del resto, che si tratti di Roma o della Regione Lazio o del governo nazionale, il giornale della CEI ha di solito mostrato una netta preferenza per i partiti di centro destra, da votare almeno come male minore anche quando i loro candidati fossero decisamente impresentabili.

C’è da augurarsi che il papa, che considera la corruzione un grave pericolo per il bene comune, dia presto indicazioni precise perché si possa evitare l’impressione che per la gerarchia ecclesiastica le questioni morali rilevanti siano solo quelle che riguardano l’omosessualità o le coppie di fatto.

L’ex presidente della Regione Lombardia, infine, non è uno dei tanti politici che si dichiarano cattolici. Infatti Roberto Formigoni fa parte di un’associazione, i Memores Domini, caratterizzata dalla pratica dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Ebbene, Formigoni non solo è accusato di gravi reati – e le sue eventuali responsabilità saranno ovviamente giudicate dalla magistratura – ma ha tenuto anche comportamenti che mal si addicono a un consacrato.

Chi s’impegna a una vita di castità, povertà e obbedienza può avere una fidanzata (il rapporto pare che sia durato dal 1997 al 2005), fare vacanze extra lusso e disporre di rilevantissime somme di denaro? Formigoni ha dichiarato, in una spumeggiante intervista, di essere un ‘grande peccatore’, ma si può chiudere così la questione?

Speriamo che il papa, che ritiene fondamentale la coerenza dei comportamenti, chieda a Julián Carrón, assistente spirituale dei Memores Domini, di suggerire autorevolmente a Formigoni di ritirarsi dalla vita pubblica: infatti, se restasse senatore, quasi non fosse successo nulla, si aggiungerebbe scandalo a scandalo.

Gli italiani, credenti o meno, sono in attesa: a quando i fatti?