Antonio Galli di B.Manni

Beppe Manni – Cdb Villaggio Artigiano
Gazzetta di Modena, 3 agosto 2013

Giovedì a Pieve Pelago il funerale del sacerdote don Galli Antonio. L’abbraccio affettuoso di mille persone. Nei numerosi interventi il Vicario don Morandi, il sindaco Ferroni, il presidente della Scoltenna Migliori, il parroco don Albergucci, don Vignocchi, hanno ricordato questo prete di 105 anni; ciò che ha significato non solo per Pieve ma per tutto il Frignano e per Modena. Come prete, come intellettuale, come uomo. Era il sacerdote più vecchio della diocesi di Modena. Nato a Pieve il 30 giugno del 1908, era rimasto orfano di madre e di padre. Era il 1918: c’era una grande miseria e scoppiò la Spagnola un’epidemia che ne uccise più della guerra. I suoi parenti lo misero in collegio a Modena nell’orfanotrofio del Patronato dei Figli del popolo. Da Canal Grande il bambino, ricorda, vide sfilare stracciati e feriti i fanti italiani sconfitti a Caporetto. Andò nel seminario di Fiumalbo e fu ordinato prete nel 1932. Dopo aver fatto il parroco a S.Andrea Pelago e a Pieve per mezzo secolo, viveva in un appartamentino circondato dall’affetto e dalla stima di tutti pievaroli.

Don Galli pur abitando sempre a Pieve fu un testimone attento e partecipe della storia del 900. Ne sono testimoni i suoi numerosi scritti trattano di religione e di guerra, di storia e di folclore locale. Tra le sue 37 pubblicazioni ricordiamo ‘Storia della chiesa’ tradotta in 7 lingue, ‘Storia di un vecchio ricovero’, ‘A passo di danza verso la rivoluzione’ e un romanzo storico del 2008, ‘Pievepelago in guerra con Barga e i tamburi di via Tamburù’. Ma la sua opera più interessante è ‘Il diario di guerra’. Racconta i tragici giorni della presenza dei tedeschi a Pievepelgo dal settembre del ’43, fino all’aprile de ‘45. Pieve era uno snodo importantissimo: collegava la pianura padana con il passo dell’Abetone e il passo delle Radici, la linea gotica e le divisioni tedesche della toscana. “I tedeschi erano ben armati e disciplinati; c’era da stare molto attenti, c’era da rimetterci la pelle”. “L’unico fatto di sangue fu l’impiccagione di 4 partigiani, neanche di Pieve, impiccati alla Cerreta per l’uccisione di un tedesco”. Don Galli come moltissimi altri parroci della montagna e della pianura modenese, rimase tra la sua gente per difenderla e mediare tra partigiani, tedeschi e fascisti. Mettendo spesso a rischio la propria vita. Il dopo guerra fu durissimo con la fame e la miseria. Molti parrocchiani emigrarono all’estero e in pianura.

I suoi studi, la grande fede e specialmente una dedizione completa per il suo popolo aiutarono don Antonio a capire anche se con fatica i grandi rivolgimenti sociali e religiosi che si susseguirono in modo rapidissimo. Fu contemporaneo di dieci papi, e otto vescovi: Bruni, Bussolari, Boccoleri, Amici, Foresti, Quadri, Cocchi, Lanfranchi. Visse durante due guerre. Poi la ricostruzione economica, il Concilio Vaticano II, la contestazione, il terrorismo, la caduta del comunismo russo e infine la liquida situazione contemporanea. Non fu ‘un uomo per tutte le stagioni’ nel senso che attento ai cambiamenti viveva e interpretava la storia radicato nella sua fede antica e granitica. Anche perchè don Galli, il prete intellettuale dell’Alto Frignano scriveva libri ma viveva nelle contrade di Pieve e seppe ascoltare con umiltà il respiro dell’umile gente della sua terra. “Bonum certamen certavi, cursum conummavi fidem servavi, ho combattuto una buona battaglia, ho terminato la mia cora, ho mantenuto la fede” (Paolo a Timoteo).

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Matrimonio di Belen

Beppe Manni – Cdb Villaggio Artigiano
Gazzetta di Modena, 15 settembre 2013

Don Roberto di Comignago si è rifiutato di celebrare il matrimonio di Belen Rodriguez con Stefano De Martino, il 20 settembre. Non ha fatto polemiche, ma in modo discreto e garbato ha detto che il matrimonio non deve essere una sfilata di moda, troppo Gossip, evento mediatico sovraesposto…il matrimonio cristiano è una cosa seria, è un sacramento. Bravo don Roberto con la tua scelta coraggiosa e controcorrente (altri preti sarebbero stati contenti di fare un matrimonio che dava prestigio alla parrocchia, soldi alle casse e visibilità al prete) hai rivelato le contraddizioni del cosiddetto matrimonio religioso e aiutato altri preti a fare chiarezza.

Il matrimonio fino agli anni 50, era un fatto tradizionale radicato nella cultura del paese: si faceva in chiesa, tutto il paese vi partecipava; la funzione, il pranzo erano semplici e diretti. Spesso non c’era il viaggio di nozze. Con il sopravvento del benessere, ha cambiato velocemente fisionomia. Oggi a Modena più del 50% dei matrimoni sono “civili”, un altro 20% dei giovani sceglie la convivenza. Solo un restante 30% si sposa in chiesa con il matrimonio cosiddetto concordatario. Il prete che sposa è in quel momento anche ufficiale civile e gli atti vengono automaticamente passati al registro comunale.

Non vogliamo ora illustrare le ambiguità del concordato italiano, ma sottolineare le difficoltà che incontra il parroco (è il parroco della sposa che giuridicamente ‘gestisce’ il matrimonio) quando due fidanzati chiedono di sposarsi in chiesa. Parlo della maggioranza, non mi riferisco a quelle poche coppie di consapevoli frequentanti la comunità cristiana, per i quali il sacramento del matrimonio ha un significato molto bello e profondo.

Il prete dunque parla loro di sacramento, di fede, di Gesù, di fedeltà eterna in Dio e impegno ad educare cristianamente al prole. Non c’è interesse da parte loro. E’ come se in un buon negozio di tessuti venisse un cliente a chiederti un chilo di salsiccia: tu insisti a presentargli stoffe pregiate ma loro vogliono altro….Infatti chi sceglie il matrimonio religioso spesso da anni non frequenta più, per lo più lo fa per tradizione familiare, dietro pressione dei parenti o perché “è più bella funzione religiosa” specialmente in una cornice affascinante come un santuario o un’antica abbazia (come nel caso di Belen). Accetta come tassa da pagare il corso prematrimoniale e anche di confessarsi per fare “la comunione” ben fotografato.

Ma poi il giorno del matrimonio gli sposi hanno altro per la testa. Il matrimonio diventa una festa pagana. Prima, durante e dopo. Prima: l’addio al celibato, i lunghi riti per la vestizione della sposa, gli schiamazzi e le sceneggiate carnevalesche sul piazzale della chiesa, macchina d’epoca noleggiata per l’occasione. Durante: sfilate di vestiti e abbigliamenti non ‘adatti’ ad un ambiente sacro, innocenti bambinelle vestite come bambole ed esibite come damine, chiacchiericcio e sorrisi compiacenti, nugoli di fotografi e profusione di fiori, nessuna attenzione alla preghiera e alle parole del celebrante. Dopo: girandola di macchine strombazzanti, pranzo sfacciatamente sfarzoso, fino a tardi con scherzi di cattivo gusto e ubriacature. Tra preparativi, inviti, bomboniere, pranzo, viaggio di nozze e regali inutili, gli sposi spendono 50 mila euro. Spesso indebitandosi per ‘far vedere’ che non si è meno degli altri.

Uno è ovviamente libero di fare le scelte che crede più consone a se stesso. Ma non scegliamo di fare il matrimonio in chiesa. Se poi la cosa riguarda i cosiddetti vip destinati ad un’esposizione enorme, dai prevedibili esiti matrimoniali ecc. decidete voi se don Roberto non ha ragione. Ci si meraviglia casomai che sia il solo a reagire così.