Le lezioni della storia, le ragioni della pace, il soffio della profezia di M.Mazzetto

Maurizio Mazzetto*
Adista Segni Nuovi, n° 1/2015

In questo stesso luogo in cui si svolge il convegno di fine anno di Pax Christi, nel giugno-luglio 1956 si svolse il secondo Congresso nazionale, presieduto dal patriarca di Venezia Angelo Roncalli. Don Primo Mazzolari, in un articolo pubblicato pochi mesi dopo (marzo 1957) su Adesso, il giornale da lui fondato, così si esprimeva a proposito di Pax Christi italiana: «Pax Christi ha una presenza limitata, una voce ancora fioca e posizioni ancora equidistanti e poco audaci, le quali non riescono a spaccare il neutralismo sonnacchioso dei socialisti e il rischio calcolato dei soliti benpensanti». Da allora Pax Christi ne ha fatta di strada…

A Vicenza, città altamente militarizzata, e non tanto da basi militari italiane o della Nato, ma da caserme e siti militari statunitensi, da qualche anno, come tutti sapete, si è sviluppata un’ulteriore lotta contro la militarizzazione del territorio, in seguito alla decisione, imposta alla città, di costruire, nell’ex campo di aviazione Dal Molin, una nuova base militare Usa – ora costruita e denominata “Del Din” – a servizio della nuova struttura militare statunitense chiamata Africom (il comando per l’Africa delle Forze armate Usa).

Molti cristiani della città e della diocesi, insieme a cittadini consapevoli, hanno ampiamente manifestato e operato perché la nuova base militare non venisse costruita, tenendo conto che la città e i suoi dintorni sono già occupati da realtà che hanno ospitato, dagli anni ’70 agli anni ’90 del secolo scorso, perfino materiale nucleare. Così scriveva il giornalista Antonio Mazzeo il 7 settembre 2012: «Per decenni è stata la punta avanzata della follia strategica Usa e Nato che ritenevano possibile una guerra nucleare “limitata” per contenere l’avanzata delle truppe sovietiche nel nord-est d’Italia.

A Site Pluto, installazione militare top secret, occultata tra le caverne carsiche e i boschi del comune di Longare (Vicenza) sono state immagazzinate le testate nucleari del tipo W-79 con una potenza tra i 5 e i 10 kiloton e W-82 da 2 kiloton, destinate agli obici a corto raggio M-109 e M-110 dell’esercito Usa e ai missili Nike Hercules della vicina base dell’Aeronautica italiana di San Rocco. Poi Longare è caduta in sonno per risvegliarsi all’alba delle nuove campagne militari del Pentagono in terra d’Africa. Adesso che i lavori di costruzione della megainstallazione della 173a Brigata aviotrasportata volgono al termine nell’ex aeroporto Dal Molin e il comando di US Army Africa è pienamente operativo, servono nuovi poligoni per addestrare i reparti di Vicenza. E Site Pluto, con chissà quante altre aree demaniali in Veneto e Friuli, è pronto a fare la sua parte».

Mentre qualche anno fa, lo studioso Paolo Cacace scriveva: «Nel settembre del 1995 il problema delle armi atomiche tattiche acquista un particolare significato in quanto, dopo la firma del trattato di pace austriaco, le truppe d’occupazione americane vengono dislocate nel Nord Italia, a Vicenza, per creare il Setaf (Southern Europe Task Force), cioè una forza americana dotata di missili a breve raggio Honest John e Caporal, a capacità nucleare».

Della nuova base militare statunitense all’ex-aeroporto Dal Molin, una rivista di architettura e ingegneria, Public Works Digest, così scriveva nel gennaio 2007: «In ciascuno dei quattro edifici sono disegnati cinque magazzini indicati come Nbc storage». Nbc è la sigla per le armi nucleari, batteriologiche, chimiche. A tal proposito, Raniero La Valle, in un seminario nazionale di studio tenutosi a Vicenza il 16 giugno 2007, affermava che «non si tratta di un ampliamento e neanche di un raddoppio di una base preesistente, non si tratta di un accasermamento di altri duemila uomini di truppe aviotrasportate in modo che siano più vicini agli scenari di guerra. Si tratta di una base per azioni di deterrenza e ritorsione nucleare previste nel quadro di una pianificazione militare chiamata “Punta di diamante”. (…). È una base di intervento rapido nucleare, la casa madre dell’unica unità aviotrasportata del Comando europeo degli Stati Uniti la cui area di responsabilità abbraccia l’Europa, gran parte dell’Africa e del Medio Oriente».

Se questo è il quadro, mi pare bello ricordare che il nuovo vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol, declinando l’invito ad andare a benedire la nuova base militare, il 4 luglio 2013, così si esprimeva nella lettera di giustificazione inviata al colonnello David W. Buckingham, comandante della Guarnigione dell’Esercito statunitense a Vicenza: «Mi sia concesso sperare, sapendo che il cuore degli uomini ha delle risorse molto più efficaci delle armi, che questa base militare possa essere trasformata in un centro di formazione e di azione per promuovere lo sviluppo del Continente africano, a servizio della vera libertà e della democrazia».

Il sogno di Isaia, dunque, continua, e ci vede impegnati ogni giorno, affinché, con l’aiuto di Dio, si realizzi. Il nostro convegno di fine anno si svolge, con queste premesse, nei pressi di questa città, tanto bella quanto espressione del militarismo che promuove e perpetua le guerre.

Inoltre, il territorio vicentino, e più in generale del Triveneto e del Friuli Venezia-Giulia, è stato teatro, cento anni fa, della Grande guerra, l’«orrenda carneficina», il «suicidio dell’Europa civile», l’«inutile strage», come affermava Benedetto XV. Il Monte Pasubio, l’Altopiano di Asiago, il Monte Grappa, furono scenario di immense tragedie. La Grande guerra, origine di tanti mali che giungono fino ai nostri giorni, fu una sconfitta per tutta l’Europa e per l’umanità intera: esse uscirono dal conflitto con quel senso di colpa che, nel nostro Paese, solo la retorica fascista riuscì a coprire, per celebrare la “Vittoria”, e per predisporsi, di lì a non molti anni, ad una nuova guerra mondiale, la Seconda.

Della testimonianza del papa di allora, Benedetto XV, oltre alla celebre “Lettera ai capi dei Paesi belligeranti” del 1° agosto 1917, vale la pena ricordare, secondo le parole di un giornalista cattolico, Marco Roncalli, «le precise istruzioni fatte giungere in segreto ai singoli ordinari, per evitare ogni iniziativa che potesse interpretarsi come adesione pubblica della Chiesa italiana alla guerra (…). Resistono insomma i segni della sua lotta contro il militarismo, contro il nazionalismo, mentre altri non desideravano che consacrare soldati italiani al Sacro Cuore. E, tutto questo, avendo subito capito che la guerra era “un suicidio dell’Europa” (4 marzo 1916), “la più tenebrosa tragedia della follia umana” (4 dicembre 1916)». Nonostante il papa, scrive ancora Roncalli, «le Chiese nazionali appoggiarono i governi degli Stati di appartenenza. Tuttavia è proprio con Benedetto XV che si volta pagina, che si incrinano le strutture portanti della teoria della “guerra giusta”».

Nel sito www.inutilestrage.it, promosso da Pax Christi, è inserito questo testo, con il titolo “Onore a Benedetto XV”, tratto da un piccolo ma prezioso libretto di Giuseppe Dossetti jr (Cento anni non sono bastati, Edizioni San Lorenzo, 2012): «Con significativa tempestività, Benedetto XV scrive il 25 maggio 1915 una lettera al card. Vannutelli. L’Azione Cattolica (giornale della diocesi di Reggio Emilia, ndr) la riporta integralmente. Ecco il passo più significativo: “Ci ascoltino, dicevamo, coloro che hanno nelle loro mani i destini dei popoli. Altre vie certamente ci sono; vi sono altre maniere onde i diversi diritti possano avere ragione: a queste, deposte intanto le armi, essi ricorrano, sinceramente animati da retta coscienza e da animo volenteroso (…).

Ma la voce dell’amico e del padre, lo diciamo con l’animo affranto dal dolore, non venne ascoltata; la guerra continua ad insanguinare l’Europa e neppure si rifugge in terra e in mare da mezzi di offesa contrari alle leggi dell’umanità ed al diritto internazionale. E quasi non bastasse, il terribile incendio si è esteso anche alla Nostra diletta Italia, facendo purtroppo temere anche per essa quella sequela di lagrime e di disastri che suole accompagnare ogni guerra, sia pur fortunata”. L’azione discreta, ma condotta con determinazione, di papa Benedetto XV contro la guerra, per una composizione pacifica delle controversie, non è cominciata nell’agosto 1917, con la celebre lettera che parla dell’“inutile strage”», ma all’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia.

Concludo con un pensiero spirituale, tratto dallo libro di Dossetti jr.: «Proprio perché Cristo ha riconciliato gli uomini con il Padre e infuso in loro un sentimento radicale e totalizzante di pace, questo deve energicamente sospingere gli uni verso gli altri a opere concrete di misericordia e all’edificazione della pace».

* parroco a Vicenza, fa parte di Pax Christi. Il testo è tratto dalla relazione al convegno di Pax Christi che si è svolto a Vicenza il 30-31 dicembre 2014