Lettera a Edoarda, pediatra di comunità di V.Calia

di Vincenzo Calia (L’Unità 30-11-2016)
(da Stefano Toppi – CdB S. Paolo, Roma)

“Edward”
Sarà stato il 1982, ti ricordi?, mi ero trasferito da poco a Roma. Mi avevano messo in uno scantinato, “Poliambulatorio” lo chiamavano, ma i piccoli pazienti erano veramente pochi.
Poi arrivasti tu, spettinata e “cicciottella”, ti presentasti e mi chiedesti se ero disposto a spostarmi per fondare, insieme ad un gruppo di altre ragazze come te, un consultorio in periferia: accettai subito.
Cominciammo a lavorare insieme: un appartamento piccolo in una casa popolare, anche lì si scendeva qualche gradino, ma era bellissimo, ridipinto e arredato con amore. L’indirizzo era già un programma: via degli Angeli.

Nacque un consultorio che diventò presto un punto di riferimento per tutto il quartiere; ci alternavamo, io e te, nella stessa stanza, sulla stessa scrivania.
E subito cominciammo a litigare sulla disposizione dei mobili: io li mettevo in un modo, e tu li spostavi in un altro…
Avevamo anche un’idea diversa della pediatria: io sostenevo che dovesse essere tutta del pediatra “di base” e tu difendevi i consultori.
E come ci arrabbiavamo nelle nostre discussioni! Io dicevo che tu eri quella “cattiva”, come i personaggi interpretati da Edward G. Robinson: perciò cominciai a chiamarti Edward. Allora tu mi rispondevi: “Ricordati che ti ho tirato fuori da uno scantinato.”
Era vero, ma non l’avrei mai ammesso.
Anche se, più tardi, avrei trovato il modo di sdebitarmi.

Poi partisti per il Nicaragua, inseguendo un sogno, un ideale; tre o quattro anni, non ricordo più, ma successe di tutto. Il mitico consultorio di via degli Angeli fu chiuso all’improvviso: dicevano che i locali non erano idonei. Forse invece lo chiusero perché funzionava troppo bene. E così al tuo ritorno tutto fu diverso.
Era settembre, ti raccontai che avevo trovato un convegno bellissimo e dei pediatri come noi. Andammo insieme a Perugia per conoscere questa famosa ACP; viaggiammo sulla tua piccola macchina rossa, sgranocchiando croccantini (dietetici naturalmente). Fu quello il mio ringraziamento per avermi tirato fuori da quello scantinato.
Chi avrebbe immaginato, che molti anni più tardi, saresti diventata Presidente dell’ACP Lazio, e avresti svolto il lavoro che hai svolto con la tua consueta diligenza?

Quindi gli anni del Pedibas.
Quante discussioni: io dalla parte dei pediatri “di famiglia” e tu da quella della “pediatria di comunità”, che la Lettera Pediatrica, per farti arrabbiare, chiamò “la pediatria che non c’è”.
Come ci azzuffavamo!
“Se fossimo due coniugi che litigano, almeno potremmo divorziare”, dicevi sempre.
Per fortuna invece non potevamo farlo.

Tu eri diventata responsabile del servizio Materno Infantile della mia ASL e portammo avanti insieme un’esperienza irripetibile di collaborazione sulle vaccinazioni.
Durò a lungo e con successo fino a quando al tuo posto, ancora una volta all’improvviso, non misero un qualcuno che subito si diede da fare per distruggere tutto.
Per me fu un segnale: smettemmo di litigare… ma continuavo a chiamarti Edward.

Ora te ne sei andata.
Anche questa volta tutto è successo all’improvviso.
Non posso neppure venire a salutarti perché devo assentarmi da Roma.
E così ho pensato di scriverti.

Dubito che tu possa leggere questa mail, ma spero che la leggano i tantissimi amici che ti hanno conosciuto, ciascuno dei quali come me, conserverà un tuo ricordo.
Come io conservo il mio.

Enzo