Non per diritto ma per grazia

Doranna Lupi – Pinerolo

Non sono solo gli scandali della pedofilia o dello IOR ad affliggere il clero al governo della chiesa.

Di fronte al gesto insolito delle dimissioni del papa, gli uomini più illuminati si sono spinti fino a nominare la crisi profonda che attraversa la chiesa, la sua incapacità di cogliere lo “Spirito dei tempi” e affrontare i propri nodi irrisolti. Per chiesa essi intendono, in questo caso, la gerarchia ecclesiastica (maschile) e la generica questione femminile rappresenterebbe uno dei nodi irrisolti.

Alcune donne autorevoli hanno invece messo l’evento in relazione alla crisi del patriarcato e del suo crollo, rimandando il discorso ad una questione maschile, della quale gli uomini non possono più fare a meno di occuparsi, anche se la maggior parte di loro sembra misconoscerla.

Il patriarcato è nudo afferma Marinella Perroni (teologa), Luisa Muraro (filosofa) riconosce in questa vicenda la frana del patriarcato, mentre, sull’inserto del Corriere della Sera, la giornalista Marina Terragni intitola il suo articolo: il patriarcato si dimette.

Si tratta di un pensiero profetico, che viene da lontano e con il quale molte donne si sono misurate.

Il Sottosopra Rosso (Gennaio 1996), documento storico del femminismo radicale italiano, intitolato “E’ accaduto non per caso”, iniziava così:

Il patriarcato è finito, non ha più il credito femminile ed è finito. E’ durato tanto quanto la sua capacità di significare qualcosa per la mente femminile. Adesso che l’ha perduta, ci accorgiamo che senza non può durare. Non si trattava, da parte femminile, di un essere d’accordo. Troppe cose furono decise senza e contro di lei, leggi, dogmi, regimi proprietari, usanze, gerarchie, riti, programmi scolastici… Era, piuttosto, un fare di necessità virtù. Che però adesso non si fa più, adesso è un altro tempo e un’altra storia, tanto che le cose decise senza e contro di lei, si sono messe a deperire, come se avessero sempre obbedito a lei. Che strano! Ma forse, per i rapporti di dominio vale quello che vale per l’amore, che bisogna essere in due?”

La cosa continua a riguardarci da vicino, anche se da un punto di vista decentrato.

Sarà per questo che siamo meno attanagliate dall’angoscia del crollo. Dal punto in cui ci troviamo è più semplice vedere con chiarezza che, a lato, stanno prendendo corpo e sostanza una forza e una libertà femminile inedite, radicate nelle relazioni e nelle pratiche femminili.

Per la teologa Marinella Perroni è necessario che la chiesa accolga la soggettività femminile.

Ora, nella chiesa, intesa come comunità dei credenti e delle credenti, è in prevalenza il clero maschile a non accogliere la soggettività femminile che si mostra e si è mostrata (da sempre) nelle chiese gremite di donne o tra le religiose che nel mondo sono 700mila contro 39mila religiosi.

Pertanto, la chiesa si è nutrita e si nutre con abbondanza di soggettività femminile. La differenza oggi sta nella profonda coscienza di sé maturata da parte di molte donne che non si prestano più alla cancellazione del conflitto con il maschile, che, perciò, in alcuni casi, è reso manifesto. Un conflitto che non ha niente a che vedere con la lotta per l’uguaglianza all’interno della chiesa o la rivendicazione dei diritti, bensì ha a che fare con la grazia, con un percorso interiore che fa luce e porta consapevolezza.

A pronunciare queste parole è Madre Ignazia, badessa di un convento di clausura nei dintorni di Milano quando, durante una intervista (sito Libreria delle donne di Milano), risponde: “C’è dispiacere tra noi per il ruolo delle donne nella Chiesa, è vero. Per un ruolo perduto. Nelle prime comunità cristiane le donne erano importanti. Del resto, una donna fu scelta per dare l’annuncio della Resurrezione. Poi nei secoli qualcosa è successo, qualcosa non ha funzionato. A noi è rimasto solo il ruolo di “brave bambine” della Chiesa, il fiore all’occhiello dei chierici. Ed è stato un grande spreco”. E dunque? “Dunque, se lei immagina cortei di protesta, rivendicazioni, manifestazioni, bene, non accadrà. Il nostro ruolo non è diritto, è grazia. Non si rivendica: si cerca”.

Credo che questo sia il percorso seguito dalle suore statunitensi che tanto hanno inquietato i maschi del vaticano negli ultimi anni.

Le accuse della Congregazione della dottrina della fede (ex Santo Uffizio) nei loro confronti sono sempre le stesse: di ignorare l’insegnamento del Magistero, trattandolo come una opinione tra le tante, e di non essere conformi all’insegnamento della chiesa.

La visita apostolica, iniziata dal Vaticano nel 2009, nei confronti dell’organismo rappresentativo delle superiore delle congregazioni religiose degli Stati Uniti, ha prodotto il suo commissariamento.

L’organismo, denominato “Leadership Conference of Women Religiosus”, conta 1500 aderenti e rappresenta 57mila suore americane. Offre riflessioni teologiche, analisi sociali e suggerimenti per l’azione su molti temi legati alla giustizia.

Di cosa vengono accusate le suore? In pratica di saper leggere i segni dei tempi! Ciò che, viceversa, sembra non saper fare l’altra metà del cielo all’interno della chiesa, clero in testa.

Loro ne sono profondamente consapevoli.

Siamo cambiate e andiamo avanti” dichiara Nancy Sylvester, suora USA (Adista Documenti n. 30 del 01/09/2012): “I vescovi hanno ragione. Le religiose sono cambiate, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. Siamo cambiate in modo tale da lasciar andare chi credevamo di essere. Arrenderci allo Spirito ci ha risvegliato a nuove visioni, che hanno toccato il nostro nucleo più profondo. Il cambiamento ha alterato il modo in cui vediamo noi stesse, il Vangelo, la nostra Chiesa, il nostro mondo e, cosa più importante, il modo in cui intendiamo il nostro Dio. E questo cambiamento di coscienza non è stato facile, ha prodotto dolore, ma un dolore simile a quello del parto, che si dissolve con indescrivibile meraviglia nella vita che nasce”.

Per loro il messaggio evangelico ha mantenuto tutta la sua originaria carica dissidente che non si piega ai poteri forti di questa terra!

Cristo è la vite, non il vaticano», afferma in un’intervista suor Gramick, dal 2001 componente della congregazione delle Sisters of Loretto, da sempre dedita al ministero rivolto alle minoranze sessuali:

Rifiutare garbatamente di essere dominate da un sistema patriarcale che non comprende la natura comunitaria della Chiesa significherà dimostrare che un cristiano maturo non obbedisce ciecamente agli uomini, ma segue la chiamata di Dio nella preghiera. Tale scelta dirà che non c’è bisogno di persone controllori dell’ortodossia o di inquisizioni. Tale scelta dirà che Cristo, e non il Vaticano, è la vite e noi ne siamo i rami. Tale scelta dirà che lo Spirito di Dio guida la Chiesa e che sotto questa guida non abbiamo paura. Sotto questa guida abbiamo fede e fiducia”.

Alle minacce del Vaticano di allontanarla dalla vita religiosa, le sue consorelle hanno scelto di non allontanarla e, a questo punto, non l’ha fatto nemmeno il Vaticano.

L’invisibilità di questo conflitto sta alla base della nostra civiltà.

Far “garbatamente” luce su questo conflitto è già come scatenare un terremoto.

Si può comprendere l’angoscia che ne consegue da parte maschile e, nello stesso tempo, il susseguirsi veloce, sulla scena, di immagini inedite e imprevedibili, come quella di Papa Francesco e Papa Benedetto XVI che pregano vicini vicini sullo stesso inginocchiatoio.