Spunti per un dialogo fra donne – tratti da “PENSARE IN PRESENZA” di Chiara Zamboni

Gruppo Donne in Ricerca – Verona

Il saggio prevede uno spazio del tutto femminile: donne alla ricerca di un pensiero libero e vero. Ci riporta alle dinamiche dei collettivi femministi di autocoscienza dove il racconto del vissuto di una di noi diventava emozione di tutte.

Le donne più degli uomini sono inclini al dialogo, ad introdursi nel percorso della ricerca con note improvvisate ed appropriate come un bravo jazzista, dice l’autrice, con la sua band.

Si inizia a discutere avviandosi per un percorso di cui non si vede l’andamento, né il disegno conclusivo..

Il dialogo nasce dalla creatività frutto di una relazione, fra donne, fondata sulla fiducia.

Avviene una trasformazione che è allo stesso tempo personale e collettiva.

Il fine è arrivare a sfiorare la verità, “punto dove il pensiero s’incontra con l’essere, punto d’inserzione che ha a che fare con i limiti del simbolico  Non si raggiunge la verità, la si sfiora, quando le si è vicini le parole che la esprimono diventano ‘vincolanti'”.

Il fine è molto ambizioso richiede “apprendistato, autodisciplina”.

Il titolo  “Pensare in presenza” allude ad uno spazio che precede la parola per guidarla.

Pensare per fare spazio ad un pensiero che può nascere solo con l’apporto di  tutte, pensare  per percepire la tonalità che alcune più facilmente riescono a sentire e che  ci porta sul corretto percorso, pensare come essere all’interno di quanto dice l’altra .

La presenza “vissuta “, fisica, del nostro corpo è importante nel farsi del dialogo.

Il nostro corpo, il suo modo di porsi parla, dal corpo scaturiscono le nostre parole che dicono quello che noi siamo portandoci “fuori”: noi siamo le nostre parole. Dal concorso  di questi elementi, presenti in tutte, nasce quella rete sottintesa che porta al formarsi di un pensiero comune, che supera quell’io e quel tu che pur agiscono all’interno del discorso .

Alla presenza fisica si deve molto spesso l’empatia, la capacità che abbiamo di “calarci” nel discorso dell’altra di “cogliere l’intenzione significante che guida il discorso dell’altra”.

Importante è dare autorità al pensiero della donna che parla, quella stessa autorità che diamo ai grandi del pensiero, ai grandi autori del passato.

Bisogna seguire il filo del testo orale che si va formando, stando molto attente perchè  basta poco a creare dissonanze, incomprensioni, risentimenti che potrebbero danneggiare definitivamente “l’affiorare della verità” .

Capita a molte di noi di commettere l’errore di affidare all’accettazione del nostro “pensiero espresso” la nostra identità, la nostra dignità, per cui se questo viene confutato ci sentiamo offese, come se avessero rifiutato noi stesse; questo dall’autrice viene visto come un grossa possibilità di errore e quindi di inquinamento del dialogo, qui deve venire in soccorso il sentimento di fiducia .

Fiducia non solo verso le donne che compongono “la comunità di pensiero, ma verso la discussione che è il modo umano, imperfetto non assoluto di essere al mondo”.

Spesso ci colpiscono alcuni motivi del discorso dell’altra che, anche se non hanno molto a che fare con il tema, vanno seguiti, nascono dall’inconscio, da ciò che sta veramente a cuore. Il discorso orale permette questi “spostamenti” dal tema, che potrebbero alla fine mostrarsi molto utili al nostro intento primario, o aprire altre vie, o più semplicemente, arricchire il simbolico femminile. E’ l’attenzione che si pone al racconto dell’altra che può arricchire il pensiero che procede in forma stellare, anche se il tema dato non è stato svolto.

Importante è anche “dar parola” alle immagini, che  si  presentano con nitidezza nella mente durante il dialogo; spesso hanno una forza simbolica più efficace del pensiero stesso, così come le esperienze “che rendono visibile ciò che non è visibile, ma che deve esserci perchè provoca effetti”.

Chi racconta crea con l’immaginazione la propria esperienza, dandone forma e chi cerca di capirla la ricrea con la propria  immaginazione “invitando ad un cammino di scoperta e di trasformazione”.

“La fatica è allora intraprendere il lavoro di dare parola alle risonanze che tali immagini provocano”.

Il ‘modo’ in cui l’esperienza viene narrata ci porta vicino ad una verità soggettiva, ma molto più vera di qualsiasi ricostruzione oggettiva, “modo” che è del tutto appannaggio del pensiero  femminile .

Raccontare un’esperienza in modo argomentativo ha un forte indice di realtà è una specie di confessione . E’ un dono alle presenti e un desiderio di essere aiutate nel decifrarla.

Un altro punto interessante, sempre all’interno del tema “dialogo” è quello delle contraddizioni.

Quando sorgono delle contraddizioni, queste non vanno “armonizzate” o appiattite, o fatte in qualche modo rientrare, vanno esaminate e affrontate e se non si risolvono, vanno accettate, patite, vissute per lasciarsi modificare da esse. Spesso “l’intelligenza”  vorrebbe dare soluzioni, ma il pensiero sa accogliere lo scacco e attendere”.

Non è necessario inoltre arrivare a formulare delle definizioni più spesso prodotte da una volontà di chiarezza o dal desiderio di arrivare con un balzo alla conclusione che non dall’amore della verità.

“In realtà il pensare quanto più è guidato dall’amore della verità tanto più è fragile perchè è la verità ad essere fragile”.