Il metodo (e non solo)

Carla Galetto – Pinerolo

Siamo consapevoli di proporre un metodo a cui siamo poco abituate, ma siamo state colpite positivamente da come abbiamo vissuto l’incontro di Paestum dell’ottobre scorso (Primum vivere: la rivoluzione necessaria. La sfida del femminismo nel cuore della politica), dove il metodo è sicuramente stato l’elemento più caratterizzante: non un convegno, niente relazioni né iniziali né finali, non schemi gerarchici o preiscrizioni. E’ stato proposto e praticato un “pensare in presenza”, in cui ciò che ci accomunava era proprio questa pratica dell’ascolto e dello scambio in presenza, per lavorare ad una autonomia di pensiero che sola può produrre azioni efficaci: donne che ricevono la loro forza da sé e dalle altre donne.

Abbiamo condiviso che la pratica femminista funziona così: “mette in scena più che stilare programmi, mostra il cambiamento più che dichiarare intenzioni, modifica la soggettività più che enumerare obiettivi (Ida Dominijanni).

Anche per il nostro convegno di maggio proponiamo questo metodo: ognuna delle presenti potrà intervenire, con un microfono e 5 minuti a disposizione. Il tempo limitato permetterà di dare spazio alla parola di tutte.

Nel pomeriggio ci divideremo in gruppi per poter proseguire, in numero più limitato, ma con le medesime modalità e, quindi, con più tempo a disposizione di ciascuna, lo scambio sui contenuti emersi nell’assemblea del mattino.

Il giorno dopo proseguiremo in assemblea.

Il nostro desiderio è che, insieme, partendo ognuna da sé, si mostri il cambiamento avvenuto in questo percorso in relazione tra noi, per alcune da più di trent’anni, ma anche cambiamento che può avvenire in presenza, nel qui e ora.

Quanta importanza diamo alla pratica, all’esperienza e al pensiero che nasce proprio da questa pratica?

La ricerca di autonomia dalla visione del mondo che ci portiamo dentro – incorporata – è ancora un elemento essenziale della pratica del femminismo: dentro di noi abbiamo sedimentati schemi cognitivi, modi di vedere il mondo, che hanno secoli alle spalle. Dobbiamo lavorare per l’autonomia di pensiero, perché è questa che può produrre azioni efficaci.

Siamo consapevoli che è di fondamentale importanza la pratica di relazione tra noi (politica) che ci aiuta a uscire da questi schemi maschili di agire e di elaborare pensiero, schemi a cui spesso rischiamo di essere subalterne?

La “misura” delle nostre pratiche è data dalla relazione tra di noi, oppure cerchiamo ancora riconoscimento, a ciò che facciamo, da parte degli uomini?

L’esperienza che abbiamo vissuto tra di noi ha prodotto un patrimonio significativo che dobbiamo rivisitare. Ce lo siamo dette molte volte: mettiamo al centro la persona nella sua interezza, soggetto (donna) restituito al suo essere corpo, cerchiamo la nostra forza e la nostra libertà riconoscendoci autorità a vicenda, prendendoci per mano, condividendo pratiche e pensieri forti…

In questa relazione orizzontale, fuori dalla gerarchia del potere e della sopraffazione, possiamo cercare di dar vita a nuovi ordini simbolici, possiamo elaborare proposte nuove che possano essere rivolte a tutti e tutte.

A volte ci ritraiamo (a me capita spesso) perchè non ci sentiamo adeguate o sufficientemente preparate, ma, anche se è faticoso, penso sia urgente fare la fatica di esporci e di tentare una parola pubblica portando la nostra differenza, il nostro pensiero, la nostra elaborazione, costruiti in relazione con le altre donne con cui stiamo facendo un cammino condiviso.

A Paestum abbiamo condiviso le parole di Lea Melandri: “Il Vivere quindi è inteso non solo nel senso di ‘vita’, ma ‘buona vita’, buon lavoro, creatività, possibilità di dare espressione a tutte le manifestazioni di vita dell’umano, di uomini e di donne. Quindi in sostanza è una critica radicale al modello di civiltà che ha avuto sì dei cambiamenti nel corso del tempo, per quanto riguarda alcuni aspetti dell’economia e della politica, ma che è rimasto pur sempre un modello dato e costruito solo dalla comunità storica degli uomini” (Lea Melandri).

Parecchi anni fa, in un incontro promosso dal gruppo donne di Pinerolo, abbiamo condiviso questo slogan: “Insieme, tessendo reti, si può”. Era una nuova consapevolezza che ci faceva sentire forti, vive, determinate, coraggiose… Questo è il desiderio che ci spinge a proporre un modo nuovo di incontrarci, di conoscerci e di darci forza vicendevolmente.