Si fa presto a dire Dio e si fa presto a scrivere al papa

Mira Furlani

Via Dogana n. 107, dicembre 2013

Scrivere al papa è diventato facile (ho saputo che riceve duemila lettere al giorno), ma penso che le donne che lo fanno si illudono se credono di raggiungere, con tale mezzo, qualche scopo utile per la loro libertà. L’ho capito durante la mia partecipazione all’incontro seminariale promosso dalle Comunità cristiane di base (CdB) intitolato “Si fa presto a dire Dio”, svoltosi dall’1 al 3 novembre 2013.

Noi donne, che nel 1988 abbiamo cominciato a riunirci separatamente dalle CdB per pensare in modo autonomo il nostro rapporto col divino (vedi lettera Chi siamo, pubblicata su Via Dogana 106), di questo seminario siamo state co-promotrici, insieme agli uomini e alle donne delle CdB storiche. Le presenze: circa 170 persone, donne e uomini. Abbiamo ritenuto importante fare questa esperienza insieme agli uomini perché altrimenti, ci siamo domandate, come faremo a rendere pienamente significante l’alterità originaria dell’essere donne e uomini su questa terra?

Il seminario si proponeva non tanto di parlare di Dio come oggetto di fede e di speculazione teologica, quanto del nostro stare al mondo con cura reciproca e nei confronti di ogni creatura; fare il punto, insomma, su ricerche e pensiero messi in atto da donne e uomini, perché ci riguardano come “divenienti umani”, al di là dell’essere credenti o meno.

Noi dei gruppi donne CdB e altri gruppi donne (compresa l’associazione Identità e Differenza) ci siamo presentate con alle spalle un lungo percorso comune, al centro del quale abbiamo messo il vuoto, il Divino e la vita. Con la forza delle nostre relazioni abbiamo potuto co-gestire con autorità i gruppi di lavoro e il dibattito nelle assemblee. L’incontro si è svolto con agio e attenzione fino al momento culmine dell’espressione comunitaria spirituale, durante la quale abbiamo comunicato il nostro pensiero, di cui riporto di seguito alcuni spunti salienti:

Pensiamo che la parola “Dio” rappresenti ancora un simbolico patriarcale, a partire dal quale noi donne abbiamo potuto decostruire per rinominare un divino che supera concetti astratti come “trascendenza” e immanenza”. Lo abbiamo fatto partendo dal nostro corpo, dalla nostra storia, dalle nostre radici, dalla nostra vita. Abbiamo ri-scoperto una “trascendenza” e una “immanenza” non più separate, ma legate alla realtà dell’esperienza del nostro essere donne potenzialmente madri, esperienza non data all’essere maschio.

Crediamo che solo partendo da questa fondamentale differenza sia possibile far nascere una “relazione” fra il divino che è in noi e quello fuori di noi, il “Dio” cosmico. Confidiamo che il “Dio assoluto”, nominato solo al maschile, possa e debba finalmente essere riconosciuto e contemplato anche al femminile, come è avvenuto in altri tempi e in altre civiltà, con la consapevolezza dei reciproci limiti umani, dando un senso nuovo alla vita su questa terra.

La maggior parte degli uomini presenti sono rimasti sconcertati, il clima generale era di interesse. Ma, a parte un piccolo numero di uomini che da tempo fa pratica politica di autocoscienza, a mio parere, gli altri maschi si sono sottratti al confronto vero con noi. Alcuni si sono zittiti. Un relatore, l’antropologo G. Biondi, ha detto con forza di aver parlato dell’evoluzione biologica solo come scienziato, riferendosi unicamente alle scienze sperimentali e non intendeva andare oltre: la vita non è stata creata da Dio, è nata dalla chimica. L’altro relatore, il filosofo G. Giorello ha dovuto assentarsi, avrebbe risposto alle domande via e-mail (?). Altre figure di spicco delle CdB storiche hanno schivato il confronto diretto con noi, in particolare sulla visione maschile di separare cielo e terra e tutto quello che ne consegue. Tale visione è stata scalzata dalle parole autorevoli delle due relatrici presenti in quel luogo, Luciana Percovich e Letizia Tomassone.

E’ stato un vero e proprio avvenimento aurorale, di cui le CdB in generale non potranno non tenere conto. Siamo di fronte a un cristianesimo irrigidito nell’immagine paterna, unico modo di dire Dio, espressione di una chiesa cattolica maschile e gerarchica, che ha escluso le donne e di cui il papa è il capo supremo. Una chiesa sulla quale oggi l’attuale papa invoca il soffio dello Spirito del Vangelo di Gesù. Se la sua strada è questa, sarà proprio il lavoro che molte donne, laiche e religiose, stanno facendo sul Divino che lo aiuterà. Crediamo che il papa sappia che la libertà femminile comporta indipendenza simbolica e non omologazione al maschile. Sarà questo il motivo per cui l’autorità femminile fa tanta paura?