Sulle famiglie per il Sinodo

Gruppo THEA, teologia al femminile dicembre 2013      – Trento – Rovereto

Quando ci si interroga sulle vie dell’evangelizzazione non si può (come suggerisce anche il Vescovo di Roma Bergoglio) cadere nell’astrattezza perché l’evangelo è la buona novella qui ed ora, riferita a soggetti in carne ed ossa, non a categorie astratte. Per questo sembrerebbe opportuno fare riferimento all’evangelizzazione delle famiglie (non della famiglia) sottolineando la pluralità di queste esperienze e la presa di distanza dall’idea di un modello assoluto a cui ci si debba uniformare. Inoltre va sottolineato che l’attenzione non può che rivolgersi alle persone che compongono le famiglie e alle relazioni che esse sono in grado di vivere al loro interno.

In riferimento a ciò non va taciuto il fatto che i motivi della crisi di tanti nuclei familiari, nell’Italia di oggi e in gran parte dei paesi a livello mondiale, vanno ricercati nelle difficoltà che caratterizzano le relazioni tra uomini e donne. I cambiamenti socio-economici infatti hanno messo in crisi la tradizionale disparità di ruoli, autonomia e dignità tra maschi e femmine, ma non abbiamo ancora saputo raggiungere un equilibrio e ciò si riverbera nell’instabilità di tante relazioni.

Gli uomini d’oggi vanno formati a percepire diversamente se stessi nel rapporto con le donne, a vivere rapporti paritari e a rinunciare al possesso nei confronti delle persone con cui sono in relazione. Vanno aperti maggiori spazi al pensiero teologico femminile, che può favorire una diversa percezione di sé delle donne, nel rapporto con gli uomini, e può concorrere a far sì che ci si sottragga alla mercificazione imperante che caratterizza la società d’oggi.

Questa è la frontiera della nuova evangelizzazione che non può non coinvolgere la chiesa, non solo nella formazione delle nuove coscienze, ma anche nella riformulazione delle proprie gerarchie e dell’istituzione stessa. Sarà infatti molto difficile abituare gli uomini ad immaginare se stessi al di fuori di schemi di esercizio di potere sulle donne se nel contempo la Chiesa propone un modello di strutturale autorità dei maschi sulle femmine.

Questa visione distorta della relazione si manifesta oggi evidentemente come il pilastro su cui si reggono alcuni dei problemi più odiosi della nostra società: non solo le difficoltà relative alla vita di coppia nell’ambito familiare, ma anche il fenomeno del pagamento delle relazioni sessuali (che sembra coinvolga 1 maschio adulto su 3), e ancora la violenza spesso esercitata nei confronti delle donne in forme ordinarie e straordinarie fino a giungere alla loro eliminazione fisica.

Lo stesso odioso fenomeno della pedofilia all’interno della Chiesa affonda le sue radici in questo brodo culturale. Infatti l’abitudine a collocarsi in modo asimmetrico nelle relazioni, esercitando un ruolo di autorità e di potere, ha una parte importantissima nel favorire lo strutturarsi di rapporti squilibrati.

Gli ultimi vent’anni della storia d’Italia purtroppo hanno rafforzato ulteriormente visioni del mondo e delle relazioni che erano già presenti nella nostra cultura, ma erano state fortemente messe in crisi dal femminismo: l’idea che le donne siano oggetti sul mercato del sesso e non solo, che gli uomini danarosi possano comprare i loro corpi e il loro spirito, che siano bisognose di chi le sostiene e le protegge confinandole negli angusti limiti di una minorità permanente ecc. ecc.

Contro questa cultura dilagante forse la Chiesa di Roma si è impegnata troppo poco e troppo scarso è stato lo spazio che hanno potuto occupare nel dibattito e nella formazione culturale le donne cristiane e femministe che, attraverso la rilettura dei testi sacri e il rapporto diretto con la realtà del proprio tempo, hanno sviluppato una nuova teologia che non si pone come “neutra ed universale” ma dichiara la propria specificità di genere, e quindi la propria parzialità, aprendo un cammino che, ridando dignità alle donne, favorisce la nascita di una società più giusta e capace di relazioni paritarie.

La chiesa cattolica si è deprivata dell’altra metà del cielo (o della terra) fino ad ora, escludendo la donna dalla missione dell’annuncio evangelico. Oggi è necessario partire dal “principio”, come spesso ha fatto Gesù nei suoi discorsi, al fine di poter realizzare quell’equilibrio tra maschi e femmine che è presente nel sogno di Dio (“Non è bene che l’uomo sia solo….. Maschio e femmina li creò…”).

In conclusione si potrebbe dire che prima di ogni altra questione è strettamente necessario affrontare il tema della percezione di sé e delle proprie relazioni con gli altri e le altre che hanno gli uomini d’oggi. Senza questo cambiamento non si potrà parlare né di stabilità del rapporto coniugale, né di paternità e maternità responsabili, né di mentalità aperta alla vita (formulazione da preferirsi rispetto a quella usata di apertura “alla natalità”) proprio perché, per realizzare un processo di costruzione di una società veramente cristiana ed evangelica, non basta rafforzare l’istituto familiare tradizionale scaricando sulle donne tutto il peso del mantenimento di un equilibrio fondato sulla cura e sull’attenzione ai più deboli.

È necessario che la consapevolezza dell’interdipendenza, della centralità di relazioni di cura, non soltanto nei confronti delle persone ma anche in rapporto alla natura di cui siamo parte integrante, diventino patrimonio culturale condiviso. Solo allora finalmente sapremo vedere che per cristiani e cristiane radicati in Gesù Cristo, non ci sono rapporti di potere a fondamento del vivere, né obbedienza assoluta alle leggi, ma semplice adesione all’amare.