RIFLESSIONI INTORNO A ZAMBRANO IN PREPARAZIONE DEL CONVEGNO GRUPPI DONNE CdB

Anna Turri – Verona

Dalla ricchezza degli interventi e delle riflessioni emerse al Coordinamento di BO, sono scaturiti i temi che ci portano a questo XXI Convegno Donne Cdb e non solo. Per prepararci ad affrontarlo abbiamo pensato di avvalerci, nel gruppo donne in ricerca di Verona, del pensiero filosofico di Maria Zambrano, racchiuso ed elaborato nell’interessante libro che Giuliana Savelli ha scritto di recente: Maria Zambrano e il sogno del divino femminile, che abbiamo letto e commentato nel nostro gruppo.

Focalizzerò l’attenzione su quattro punti. I primi due:

Metafisica sperimentale – Sentire dell’anima e trasformazione dal sacro al divino.

Una precisa e puntuale analisi dei percorsi di ricerca compiuti da molte donne, nel tentativo di esprimere, di dare forma al concetto di sacro e di divino, si trova nella bella presentazione che Chiara Zamboni fa del libro di Giuliana.

A pag. 7 C. Zamboni spiega che cosa Zambrano intende per “metafisica sperimentale e che Giuliana a pag. 88 del suo libro descrive ampiamente. Riferisce le parole di Zambrano la quale, risalendo agli archetipi, così si esprime “il sacro preesiste a qualsiasi manifestazione del divino. Preesiste e persiste sempre: è la realtà stessa della vita. E l’azione che l’uomo (m/f) compie, è cercare un luogo per raccoglierlo e dargli forma, nome: collocarlo in una dimora per ottenere lui stesso la sua, il suo “spazio vitale”. Il sacro non si impadronisce né dello spazio né del tempo, è il fondo oscuro della vita: è l’arcano”. Il sacro continua a germinare portando con sé un nucleo, permeato di mistero, che risale ai primordi dell’umanità, e che le antiche culture orientali ci hanno trasmesso. Difficilmente il pensiero delle varie culture che sono seguite è riuscito però a penetrarlo.

I percorsi di ricerca che da vari decenni questi gruppi di donne hanno compiuto, si sono orientati verso la ricerca di questi spazi vitali. Come dice Chiara Zamboni si imbocca una strada, la si percorre, se ne tentano altre; si cerca un luogo dove poter esprimere l’ansia di ricerca, dove poter dare forma al pensiero che emerge da quel sentire dell’anima a cui si è imparato a dare ascolto. Ci si incammina su quei sentieri che Zambrano indica a chi si accosta alla sua filosofia.

La ricerca del divino, dice, è una necessità interna dell’uomo (m/f), esprime una qualità intrinseca del pensiero, un piano di realtà tutto suo, che tocca l’apice quando giunge all’idea di Dio, che è il più alto grado di unità e di ordine a cui l’uomo possa arrivare. Ma anche l’idea di Dio fa parte di un processo in divenire, e proprio per questo Zambrano assegna un compito alla filosofia: quello di recuperare la dimensione metafisica, una metafisica sperimentale che si assuma il compito di ripensare il divino, consapevole che anche questo è un concetto in divenire.

Gli altri due:

L’ Aurora – La Vergine Maria e Diotima di Mantinea

Nella nostra cultura, l’idea del divino è qualcosa di puramente astratto: è collocato nei cieli, in alto, tra le nuvole, raramente nelle cose concrete, nella natura, assolutamente separato dal corpo, dai corpi, dal corpo cosmico.

Nei nostri Convegni, nelle nostre ricerche, abbiamo invece riscoperto e valorizzato la dimensione corporea.

Maria Zambrano dà molto rilievo a questo aspetto e allo stesso tempo sa cogliere tutte le dimensioni della vita, collocandola in una dimensione cosmica. Alle donne e anche ad uomini che desiderino ispirarsi alla sua filosofia, indica spazi aperti, sentieri percorribili. E’ un avventurarsi nelle radure del bosco; si percorrono spazi oscuri, in ombra, o in penombra, poi d’improvviso filtra la luce e il sentiero si illumina (Chiari del bosco). La mente si apre, il corpo trova pace, sperimenta nuove dimensioni.

La grande filosofa spagnola chiede alla donna di trasformare a livello simbolico la potenza generativa del corpo, un simbolico che non sia solo cultura, ma passi attraverso la nascita di un sé interiore. Un sé interiore che sia integrato con la coscienza, affinché possa divenire tramite di trasformazione di sé e di altri. E’ parola sorgiva che nasce dall’incontro di ciò che anela di venire alla luce, espressione di corpo-psiche-mente. E’ sperimentazione sempre nuova di concetti che si formano nell’incontro con l’esperienza umana indicando un’altra via di accesso al divino rispetto al pensiero dominante.

La grande filosofa fa comprendere che cosa intende per sentire poetico presentando delle figure simboliche potenti. Ne traccio qualcuna.

ANTIGONE: Zambrano ne fa una figura della coscienza aurorale. La giovane tebana contravviene alla legge di Creonte e da ascolto al suo sentire interiore; mediante una nuova forma di pietas trasformerà la legge di morte del tiranno nell’unico modo di agire per lei possibile: la legge dell’amore. Ridarà in tal modo nuova vita e dignità alla sua famiglia.

Quei gesti e azioni dettati dalla legge dell’amore, hanno valenza politica: è l’agire ispirato dall’amore che si trasforma in legge.

 

DIOTIMA di MANTINEA: racchiude in sé un sapere antico, distillato nel tempo; il suo corpo ora evoca i profili delle montagne, ora è evanescente come le luci dell’alba. E’ Manto (o grembo?) che accoglie le ansie dei viventi e quelle delle anime dei defunti. E’ sapere smisurato. Curvandosi verso la terra con il gesto della semina, compie un gesto simbolico molto significante: dona a piene mani il suo “Sapere”, la sua Sapienza. E’ Materno che va oltre la filiazione (pag. 118). La sua visione mistica è alla base del suo agire. Anche per Diotima di Mantinea è la dimensione dell’amore che deve divenire Legge (visione politica).

 

ELOISA: è espressione di integrità mentale e di pensiero. Tenacemente rivendica la dignità del suo amore per Abelardo e, collocandolo in questa dimensione, ne difende la purezza e l’integrità, andando contro ogni convenzione del tempo e suo malgrado anche contro l’inadeguatezza di Abelardo.

 

LA VERGINE MARIA: di questa importante figura del cristianesimo Zambrano mostra di conoscerne tutta la complessità già nel suo tempo, quando non esistevano ancora tutti gli studi e ricerche avvenuti di recente.

Aveva saputo cogliere l’icona risalente a una grande divinità femminile arcaica, e che la cultura egizia ha rappresentato come la Dea Iside.

Al tempo stesso Maria è stata donna semplice, donna del popolo, che credeva in Dio e a Lui si è affidata.

La sua figura di luce ha ispirato tutto il pensiero filosofico della grande pensatrice.

Ciò che caratterizza tutte queste figure è una visione aurorale, un pensiero luce, capace di trasformazione.

 

Vorrei concludere con una espressione che Zambrano attribuisce a Diotima di Mantinea: La musica non va cercata, si schiude inaspettatamente all’anima solitaria.

A mio parere qualcosa di simile accade anche per il divino. Sovente nel silenzio, inaspettatamente, capita che ci sfiori, che si lasci intravedere…