La tunica verde della Sapienza

Giovanna Romualdi

La lettura del libro “La quadratura del cerchio. Incarnazione e libertà del ‘Liber Divinorum Operum’ di Ildegarda di Bingen” di Teresa Lucente (antropologa dell’Università di Siena, collaboratrice del Centro Donne Mara Meoni di Siena) è stata l’occasione per superare il fosso della mia nota insofferenza (diffidenza?) verso le ‘mistiche’. Negli ultimi tempi, indirettamente, dalle amiche più colte che sempre più spesso citavano la viriditas di Ildegarda di Bingen sicuramente mi arrivavano sollecitazioni ma se l’autrice non mi avesse regalato il suo libro forse sarebbe passato ancora molto tempo per cominciare ad acculturarmi in materia.

Quasi per ‘dovere’ ho, dunque, cominciato a leggere queste pagine in cui – come dice l’autrice – “il Liber divinorum Operum” viene letto restituendo alle immagini la priorità che la visualizzazione ebbe nell’esperienza della badessa di Bingen”. Ma l’attenta messa in relazione delle immagini ( le dieci visioni) con il testo “all’interno del contesto storico e filosofico in cui l’opera è stata prodotta” subito mi ha coinvolta, suscitando la curiosità per “questo intreccio di visione e scrittura, di immagini e parole” di cui vengono messi in risalto gli elementi innovatori del suo pensiero rispetto alla cultura dell’epoca. Non è importante, infatti, soltanto il fatto che sia una donna a scrivere “in un’epoca in cui scrivere è un fatto pubblico che richiedeva l’autorizzazione papale ed è un affare esclusivamente maschile”. Mi colpisce, ad esempio, quanto l’autrice sottolinea: la simbologia delle immagini di Ildegarda di Bingen rinvia spesso ad un patrimonio simbolico che affonda le sue radici nel tempo, segno quindi di un patrimonio di conoscenze da parte della badessa. Mi piace questo intreccio di tradizioni culturali che l’umanità ha via via messo in campo per rispondere al suo bisogno di dare risposte ad interrogativi.

Non sta a me, ignorante in materia, analizzare il meticoloso lavoro analitico di visioni e scrittura fatto da Teresa Lucente con sguardo sia antropologico sia filosofico (accompagnato da un enorme quantità di riferimenti bibliografici), voglio però di nuovo sottolineare il suo valore di strumento di iniziazione alla conoscenza della “sola voce femminile che si unisce al coro dei filosofi medievali”. In vista dell’incontro “Le orme del divino sulle strade dell’oggi. La forza mistica e politica del corpo-parola delle donne”, mi piace ad ogni modo segnalare – come fonte di spunti simbolici – le pagine relative all’intreccio visioni-scrittura delle immagini 3-4 della III parte del Liber divinorum operum (cap. 6 – “Femminile, desiderio di Dio”). Le figure centrali di queste visioni sono femminili e danno conto del fatto che “alla donna privata di ogni dignità, Ildegarda di Bingen oppone una donna in cui risiede la potenza e la creatività di Dio”.

Nella visione 3, tre figure femminili danno forma trinitaria alle tre virtù: carità, umiltà e pace; emergono da un vaso colmo d’acqua. La luminosità delle tre figure e l’accostamento al vaso e all’acqua non possono che far riflettere su simbolismi forti ma anche antichi.

E’ soprattutto dalla visione 4 che traggo uno spunto simbolico forte per il nostro incontro che nel sottotitolo rinvia ad azioni, esperienze di donne. Prendendo le parole di Ildegarda, è “un’immagine il cui volto e i piedi irradiavano un fulgore così grande che risplendeva anche nel mio viso. Era vestita di una veste che sembrava di seta bianca e sopra aveva una tunica verde tutta ornata di pietre variopinte; e sembrava avere orecchini alle orecchie, collane sul petto e braccialetti ai polsi, tutti d’oro purissimo con pietre preziose incastonate”. Un’immagine festosa che ci rimanda all’abitudine di Ildegarda e delle sue monache di ornarsi nei giorni di festa con abiti sontuosi e gioielli, ma che nella visione 4 è la Sapienza “con la quale ‘Dio onnipotente a tutto ha dato fondamento’, e con la quale ‘rivela i molteplici significati delle sue opere’”.

Mi allontano a questo punto dalle parole di Ildegarda e leggo questa immagine nell’oggi alla vigilia dell’incontro: un invito a rivestire il nostro desiderio di ‘una sottile striscia di futuro’ (tante volte immaginata) con esperienze ed azioni, espressioni di quella energia vitale necessaria ad attraversare il presente. Come tagliare con le forbici della sapienza e cucire con i fili della speranza le nostre tuniche verdi per andare sulle strade dell’oggi?

Teresa Lucente, quasi a compimento della sua analisi, dice: “Le dieci visioni del Liber ci mostrano che si può pensare per immagini proprio come si pensa per concetti e che l’immagine genera conoscenza in maniera diretta, senza il bisogno di ri-pensarsi nel codice del pensiero concettuale. Immagini e concetti (e quindi parole) non esauriscono l’essenza del pensiero ma costituiscono i diversi contenuti con cui il pensiero produce conoscenza”.