Impastate di terra… guardiamo alla vita

Giuseppina Corrias

Il titolo di Torino Spiritualità 2015,”L’impasto umano”, è davvero splendido e molto si sarebbe potuto dire a partire da questa profonda intuizione sulle differenze che danno luogo agli “impasti”, compresa la differenza sessuale. Ma il sottotitolo, “Fatti di terra/guardiamo le stelle”, di cui ho colto benissimo il significato metaforico, universale…. astratto appunto, non dà adito a dubbi sul genere del soggetto che parla. Ciò che dirò, tuttavia, non vuole contestare né il linguaggio né il modo di stare al mondo, e dunque di sentire, che esso riflette. Semplicemente, quando ho provato a farci stare la mia esperienza esistenziale, quella mia di donna, ho visto che essa restava muta o mutilata. E mi sono nate le seguenti considerazioni.

Impastata di terra. Quando mi sono sentita così? Molte volte! Sicuramente nel parto: messa in una posizione oscena davanti a sconosciuti, impossibilitata a vedermi e a muovermi… coperta di sudore, sangue, acque… spinta da doglie atroci ad agire secondo un istinto totalmente avulso dalla mia mente… la bocca aperta in un grido che aveva della bestia… mi dissero. Fuori di me. Ebbene, impastata di terra… ho guardato… la vita.

E quando – dopo – ho avvicinato mio figlio al petto e lui ha iniziato a succhiare il mio latte, io ho saputo che cosa è la felicità: io ero sua madre e lui era mio figlio.

Questo è l’eternità. La Grazia. Quando l’accadimento sprigiona la sua verità e la parola riesce a dirla, così che tra esperienza e parola non resta scarto, e simbolico e sovrannaturale, ossia ciò che dà senso all’accadere selvaggio e ciò che è buono, coincidono.

E Dio nominò la luce. E la luce fu. E Dio vide che era buono.

Accade. A volte. Anche a noi. Misticamente.

E ancora. Ecco la domanda che ha aperto la manifestazione a cui ho partecipato con grande attesa, non delusa da parole di uomini intelligenti, ma che nonostante tutto, è risultata una domanda monca: Cosa muove gli uomini?

E le donne?

Peccato! Dieci anni di risposte ignorate! Sarebbe stata un’occasione speciale per sapere, oltre a ciò che gli uomini sanno dire, che cosa hanno detto e scritto le donne migranti, proprio qui a Torino, nel Concorso Lingua madre, per esempio, per capire insieme, per capire di più. Nient’altro. Non quote, non parità, non diritti… niente… solamente un’altra parola, anzi: la parola dell’Altra.

Per aggiungere altri racconti a quelli che dicono che il meraviglioso girovagare degli Ulissi serva alla ricerca di “virtute e canoscienza” e che l’errare degli Enea, senza più terra, cacciati da ogni dove – portandosi dietro Penati, Patria e Guerra, – che perdono per strada mogli e amanti, e sposano infine figlie di re, – serva a creare Imperi e Pace.

La realtà sembrerebbe dire altro. Potrebbe dire anche altro.

Scrive Karl Kraus nella sua “costruzione maestosa e mostruosa” (R.Calasso) sulla prima guerra mondiale, Gli ultimi giorni dell’umanità, (Adelphi 1980, p. 208):

“STRILLONE: Edizione straordinaria…! Quarantamila russi morti davanti a Przemys…!

PRIMO MEDIATORE: Tu che scruti le stelle…
SECONDO MEDIATORE: …bada a te…!”

Anche la filosofa A. Cavarero, “rubando” la figura della servetta di Tracia, “garbata e graziosa” aveva ammonito Talete, dicendogli ridendo che “si dava un gran da fare a conoscere le cose del cielo, ma le cose che gli stavano, dappresso, davanti ai piedi, gli rimanevano nascoste”.

Un po’ come qui, le donne migranti. (A. Cavarero, Nonostante Platone, Editori Riuniti, 1990)

E dunque: Cosa muove le donne?

Rispondo con una poesia scritta da anonime giovanette del liceo classico di una città siciliana affacciata sul mar d’Africa, che si intitola “Senza radici”, proprio come chi è… impastata di terra.

Una bambina nata in mare

Nel sangue una vita da affermare

Senza una patria vera

Una terra che non c’è e non c’era

Con un mare che diventa culla

Un nido che scaturisce dal nulla

Tocca l’acqua prima della terra

Perché nella sua si combatte la guerra

Che radici ha il mare?

È un vuoto che non si può colmare

La sua salvezza è un bene di cui ringraziare

Un nuovo grembo potrà generare.

Perché: Impastate di terra… guardiamo alla vita. Anche a quella che le migrazioni portano con sé. Voglio aggiungere da credente che, poiché mi sento totalmente inadeguata di fronte alla complessità di ciò che sta accadendo, mi viene da dire con forza in questo contesto, che è tempo di benedizione e preghiera. Di benedizione perché troppi maledicono e di preghiera perché, come dice un anonimo, la preghiera fa giustizia. E il nostro mondo ha un grande bisogno di giustizia!

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