Gruppo Donne della Comunità di Oregina – Genova

“ IL TEMPO DELL’ATTESA – INTRECCIO TRA VITA SPIRITUALE E VITA QUOTIDIANA ”

ATTESA – ATTENZIONE

L’attesa è di per sé un evento: forse l’evento dell’incompiutezza verso la compiutezza, e quindi della speranza, più consono alla condizione umana, che rimanda continuamente all’origine, alla nascita, al farsi dei corpi, dei movimenti, dei gesti, del pensiero e delle cose.

L’attesa è simultaneamente finalizzata a un risultato, ad un esito, propedeutica ad un futuro che non c’è eppure è desiderato o temuto, è un tempo sospeso ed è attenzione, vigilanza, azione della mente e del corpo (non è aspettare una cosa e una persona, prigionieri pietrificati annoiati o divorati dall’impazienza o dalla frenesia) attesa è lavoro creativo, portare il lutto (in un certo senso) la disperazione dell’assenza, decifrarla, decodificarla, accoglierla se si può. Adoperiamo anche il termine ‘attesa’ come indicativo della dimensione ‘altra’, trascendente , indistinta, informale…uno spazio/tempo del Divino oppure del Nulla o del Vuoto. Questo per noi può essere il senso dell’attesa.

Oggi vivere e far vivere nel tempo dell’attesa è diventato necessità: ma crediamo che l’importante sia essere sempre “in movimento” anche quando si attende…e constatiamo che siamo in una società contraddittoria e complessa che non ci dà soluzioni, che ci tiene col fiato sospeso, siamo in mezzo a guerre e a contemplazioni, a contrasti tra affetti familiari e difficoltà di vivere le relazioni, tra vita e morte, tra conservazione e cambiamento, tra mancanza di cibo per tanti/e e ricerca di acqua sui pianeti estranei, tra ricchezza e povertà il cui divario diventa sempre più grande…….tra una religiosità tradizionale e bigotta , ed una spiritualità rivoluzionaria e proiettata verso “un salto quantico”…..

Due brevi poesie ci parlano del tempo dell’attesa

 

“…Ho detto alla mia anima: taci e attendi senza speranza

Perché la speranza sarebbe speranza mal collocata: attendi senza amore

Perché l’amore sarebbe amore mal collocato; rimane la fede

Ma la fede e l’amore e la speranza stanno tutti nell’attesa

Attendi senza pensiero, perché non sei pronta al pensiero:

Così il buio sarà la luce, e la quiete la danza” (Tomas S. Eliot “Four Quartets”)

 

“Abbandonati in braccio al buio

Monti

Mi insegnate l’attesa

All’alba – chiese

Diverranno i miei boschi.

Arderò

Come cero sui fiori d’autunno

Tramortita nel sole”

(Antonia Pozzi – Responsabilità e speranza, Einaudi)

 

ATTENZIONE – PREGHIERA – VITA QUOTIDIANA

Attesa è quindi presenza nella storia, il tempo viene ‘sospeso’, non perché alienato o rimosso, ma perché vissuto pienamente come segno e significato e quindi non subíto passivamente.

Non dobbiamo restare puri a tutti i costi, ma dobbiamo essere presenti nella nostra storia.

Ricordiamo insieme ad Antonietta Potente nel suo testo “La religiosità della vita – capitolo terzo – un tempo di transizione” alcune riflessioni importanti scaturite dalla lettura del Vangelo di Luca cap.23. Tra la morte e la resurrezione di Gesù c’è un tempo di transizione. E’un tempo psicologicamente lungo e preziosissimo, un tempo silenzioso e solenne. Protagoniste di questo tempo sono le donne. Esse restano, vivono la transizione, fanno ponte tra morte e resurrezione. Anche noi dobbiamo restare presenti in questo tempo di transizione e di attesa, che è la nostra storia. E’ un tempo importante: silenzioso, perché parla di quotidianità, di solitudine, perché qualcuno/a manca alla tavola comune, di mistero perché dobbiamo riscoprire chi siamo.

In questo tempo di transizione emergono le “piccole luci della resurrezione” rappresentate dai gesti delle amiche di Gesù – l’importanza e il valore di questi gesti che preparano ma non pretendono definitività: ….. “Il nostro tempo è tempo di attesa: non solo la creazione aspetta con pazienza, ma anche noi gemiamo dentro di noi, aspettando la redenzione del nostro corpo. E tempo per tessere insieme donne natura e cristianesimo ovvero creare una teologia eco-femminista” (Elizabeth Green 1° convegno di Eco-teologia settembre 2011)

Oltre che da un’esigenza di concretezza, di realtà, l’apertura sempre più intensa al femminile nel contemporaneo è poi determinata dal bisogno sempre più urgente nel nostro tempo di una filosofia capace di dialogare con emozioni, sentimenti, passioni, di un pensiero che sia più attento alle differenze. Solo questo tipo di filosofia è infatti utilizzabile nel quotidiano, solo essa educa a quelle “piccole virtù” che sono indispensabili nella vita di tutti i giorni.

Cosa fare nell’attesa? Per esempio pregare: La preghiera come pensiero, ringraziamento, dimensione della vita; pensiero inteso come ‘visione’ del mondo, come esigenza della mente e del cuore di avere la possibilità, la speranza della ricerca di senso. Pregare è pensare al senso della vita, è rivolgere il ringraziamento per essere inseriti nello spazio immenso della creazione.

Oppure vivere appieno: la vita quotidiana è prima di tutto lo spazio in cui attesa, attenzione, preghiera si intersecano, hanno la possibilità come atteggiamenti ricercati e sottostanti la ritualità e la ripetitività dei gesti e delle azioni di essere realizzate anche parzialmente.

Come nel fare un tappeto si manifesta l’ordito della trama attraverso i gesti di chi tesse e come nelle carte antiche si manifestava la filigrana, i nostri piccoli gesti quotidiani rivelano l’ordito e la tessitura della realtà spirituale da cui, anche inconsapevolmente, provengono.

Ma attenzione, la quotidianità non esiste per consolarci, questa oggi è la nostra tentazione: sono passati i grandi miti, le grandi ideologie, e sentiamo il desiderio di rifugiarci da qualche parte e non ci resta altro che la quotidianità. NO! Dobbiamo saper vivere fuori di noi, sempre nella quotidianità, sapere morire noi per non morire! “Vivo sin vivir in mi y muero porque no muero”, con queste parole di Teresa D’Avila , la Potente ci richiamava l’eloquenza mistica e politica del corpo delle donne (atti Verona 2015 p.31 e pag.33)

L’attesa è il lavoro del desiderio.. si può aspettare che Dio ci visiti, come la Hillesum, in ginocchio sul “ruvido tappetino di cocco” di una disordinata camera da bagno……. Ma possiamo anche noi continuare nella nostra ricerca del divino…tendere l’orecchio, aprire gli occhi, toccare con mani……attendere di scoprire!

Nella formazione di un pensiero eco-femminista la teologa Sallie McFAgue (Modelli di Dio) nella sue elaborazione sceglie piuttosto il tatto come strumento di conoscenza, anziché lo sguardo; questo significa la capacità di lasciarsi toccare dalla natura entrando in relazione con lei ed anche di saper toccare gli altri, le altre gli esseri animali e vegetali, abbracciare gli alberi, ma anche saper lavorare le cose, saper fare i cibi, saper relazionarci con gli alimenti, in questo senso il divino ci spinge a fare relazione con la natura! La natura rivela il divino: questo albero, questo paesaggio, questo mare, questo oggetto, questa manifattura …..così noi abbiamo mille intuizioni del divino, consideriamo la molteplicità di Dio ed arrivando a scoprire la metafora del mondo come corpo di Dio.

Per concludere con le parole di E. Green (relazione citata): “Nel tempo dell’attesa tra gemiti e speranza, non ci stiamo con le mani in mano ma tessiamo, tessiamo una teologia che unisce la liberazione e trasformazione del creato con la manifestazione della gloriosa libertà delle figlie di Dio. L’eco-femminismo partendo dalla relazione privilegiata tra donne e natura smaschera un sistema potente di dominio che abbraccia molte donne, alcuni uomini e il pianeta intero. Esso mostra come le diverse istanze di sfruttamento, economico, sociale e ecologico sono connesse.”

Allora è possibile pensare ad un divino che vive con noi e che si adopera insieme a noi per la liberazione dell’umanità e del creato, ricordando questa bella poesia di M. Riensiru :

Dio è seduta e piange,
La meravigliosa tappezzeria della creazione
Che aveva tessuto con tanta gioia è mutilata.
è strappata a brandelli, ridotta in cenci;
la sua bellezza è saccheggiata dalla violenza.

Dio è seduta e piange,
Ma guardate, raccoglie i brandelli,
per ricominciare a tessere.
Raccoglie i brandelli delle nostre tristezze,
le pene, le lacrime, le frustrazioni
causate dalla crudeltà, dalla violenza, dall’ignoranza, dagli stupri, dagli assassinii.

Raccoglie i brandelli di un duro lavoro,
degli sforzi coraggiosi, delle iniziative di pace,
delle proteste contro l’ingiustizia.
Tutte queste realtà che sembrano piccole e deboli,
le parole, le azioni offerte in sacrificio,
nella speranza, la fede, l’amore.

Guardate!
Tutto ritenesse con il filo d’oro della gioia.
Dà vita ad un nuovo arazzo,
una creazione ancora più ricca, ancora più bella
di quanto fosse l’antica!

Dio è seduta, tesse con pazienza, con perseveranza
E con il sorriso che sprigiona come un arcobaleno
Sul volto bagnato dalle lacrime.
E ci invita a non offrire soltanto i cenci
Ed i brandelli delle nostre sofferenze
E del nostro lavoro.

Ci domanda molto di più;
di restarle accanto davanti al telaio della gioia,
e a tessere con lei l’arazzo della nuova creazione.

 

Genova , 10 ottobre 2016