Femministe in Europa, per davvero di M.Lanfranco

Monica Lanfranco
www.womenews.net

Con buona pace di chi pensa che il femminismo sia sorpassato, che sia roba vecchia oppure che sia morto, la notizia è che il femminismo sta benissimo, e che in Europa ci sarà un seggio per un partito che si chiama femminista.

Con un bel 5 per cento dei consensi la Svezia ha votato per Soraya Post, leader antirazzista di 57 anni di origine rom, eletta nel partito Iniziativa femminista, che esiste dal 2005, cresciuto da allora lentamente ma costantemente nel paese scandinavo fino a diventare una forza di tutto rispetto.

Nella precedente notte elettorale, verso le 2, sul sobrio sito del partito andava in onda la diretta, nella quale si attendevano i risultati: sembrava un altro pianeta, o un film utopico di fantascienza.

Una sala piena di donne, canti, balli, slogan, abbracci.

Ma non era né una festa privata, né una manifestazione femminista sui temi canonici, pur fondamentali in una società civile. Era la celebrazione del successo, personale e collettivo, in una formazione politica tradizionale, un partito insomma, con la differenza che però Feministisk Initiativnon è un partito tradizionale.

Di partiti femministi al mondo non ce ne sono molti: Kvennalistinn, Alleanza delle donne, attivo in Islanda fino al 1998, confluì nella compagine socialista dopo una stagione di lotte anche all’interno della sinistra quando decise che il separatismo politico aveva dato i suoi frutti, rendendo l’Islanda uno dei paesi dove la vita delle donne è più felice socialmente.

A parte il legittimo e importante dibattito sui pro e i contro di una scelta come quella di formare un partito per un movimento, come quello delle donne, che da sempre si è chiamato fuori dalle istituzioni (almeno in Italia e in molta parte del mondo) è innegabile il fascino e la forza che evocava quella sala e quel risultato.

Non sappiamo ancora, ovviamente, cosa farà Iniziativa femminista al Parlamento Europeo, né quale sarà il gruppo al quale si accorperà: la stampa ha però raccontato di un metodo di raccolta di consensi porta a porta, basato sull’autofinanziamento e sulla paziente costruzione di relazioni vis a vis, per le strade, casa per casa, con uso moderato dei social media e in generale della tecnologia. Alla faccia della ’democrazia digitale’ e dell’imprescindibile, spesso tirannica, ideologia di internet come divinità.

Sarà che son svedesi, diranno gli scettici, ma auspicare, come ha fatto la Post che “il femminismo deve fare parte integrante delle politiche europee” è un bel dire e un bel sentire, di qua dal sud Mediterraneo, soprattutto potendolo affermare andando al Parlamento.

Il paese delle donne ha pubblicato il loro programma elettorale lo scorso 3 maggio (http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article12942)

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Veronica o della vecchiaia

Monica Lanfranco
www.womenews.net

Oggi invecchiare è uno stigma, per una donna, nella nostra società esteticamente pedofila, nella quale il passaggio del tempo sui corpi e sui visi delle donne è vietato ed è un’onta, che determina esclusione.

A metà del 2007 Veronica Lario, moglie dell’imprenditore e potente politico Silvio Berlusconi scrisse una missiva nella quale stigmatizzava il comportamento del marito, (aduso tra le altre cose a frequentare minorenni), iniziando così il rapido percorso che avrebbe portato al loro divorzio.

Il nostro ex presidente del Consiglio, negli anni, si era già reso famoso a livello planetario per avere, per esempio, dato dal nazista ad un parlamentare verde tedesco; per il gesto delle corna dietro la nuca di un collega ministro in una foto ufficiale; per avere consigliato ad una giovane precaria di sposarsi con un uomo ricco, (magari suo figlio), per ‘sistemarsi’ e via così discorrendo lievemente, fino ad arrivare agli insulti sessisti nei confronti della cancelliera Merkel, (iniziando una moda ancora non tramontata), rea di non avere forme fisiche a lui gradite.

L’uomo politico, comunque non isolato in Italia nella visione delle donne e del loro ruolo nel mondo, sembra caduto in disgrazia, ma gli effetti di ciò che ha seminato in oltre 20 anni di dominio politico e culturale son ben saldi: prova ne è l’ultima sortita di uno dei giornali (se così vogliamo chiamarlo) di proprietà dell’imprenditore, che ha di recente pubblicato immagini di Veronica Lario, stigmatizzando nelle didascalie che la signora è invecchiata, ingrassata, e non più desiderabile.

Così come nel 2007, Lario ha scritto in risposta a quello che ha definito un ‘agguato’ alla sua privacy: quelle righe, allora come ora, vergate da una donna di certo privilegiata, toccano un problema che riguarda non solo lei e nemmeno una classe sociale, ma tutte le donne, nessuna esclusa.

Il cuore del problema, sollevato da una testimone certamente scomoda, è straordinariamente attuale: stiamo parlando dell’aggressiva revanche del maschilismo, che spesso contagia anche le donne, dopo una feconda e troppo breve stagione di opposizione dei movimenti femministi, che avevano costruito e proposto modelli, linguaggi e visioni non sessisti nella relazione tra i generi.

Oggi invecchiare è uno stigma, per una donna, nella nostra società esteticamente pedofila, nella quale il passaggio del tempo sui corpi e sui visi delle donne è vietato ed è un’onta, che determina esclusione.

Torna necessario, come già fece tra le altre Lorella Zanardo ne Il corpo delle donne, ricordare le parole di Anna Magnani, che al truccatore che voleva ritoccare le rughe disse: “Non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele”.

Oggi Veronica Lario rivendica non solo il diritto a non essere vittima di sciacallaggio per sè, ma anche per tutte: nessuna, infatti, è al riparo se vince il concetto secondo il quale se non corrispondi al canone estetico dominate sei una perdente.

Nel 2007, in risposta alla lettera di Lario, brillò la reazione della deputata Pdl Melania Rizzoli (che era in prima fila all’ormai storico incontro di mille italiane con Gheddafi). Rizzoli scrisse chiamando la signora Lario non con il suo cognome, ma con quello del celebre marito, ricordandole che “lei ha sposato un uomo fuori dal comune, che ha sempre avuto quel carattere che lo contraddistingue e che è parte del suo fascino”. Rizzoli sostenne che il ‘ciarpame’ denunciato da Lario non fosse il frutto della semina sessista che ha colonizzato il paese, ma colpa sua, invitandola a lavare i panni sporchi in famiglia, come si conviene.

Oggi il tema è ancora lo stesso: un anziano uomo di potere che compra corpi giovani è invidiato e portato a esempio di successo e libertà, mentre una donna sulla sessantina che vive la sua età senza corrispondere alle tendenze ossessive di giovinezza obbligatoria è una perdente, e c’è anche chi gongola a vederla ‘così’.

Forse ci vorrebbe un ripassino sugli esiti della folle rincorsa all’apparenza: consiglio di vedersi La morte ti fa bella, magari illumina.