La festa della “vittoria”

Celebrazioni fastose per il 4 novembre. Ma che festa è quella che celebra 600mila morti?

“La guerra contro l’Austria-Ungheria…è vinta…I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”. In tutte le caserme d’Italia, fuso nel bronzo delle artiglierie nemiche, campeggia il bollettino di guerra del 4 novembre 1918. Artefice della vittoria, il generale Armando Diaz. Novant’anni dopo si celebra quell’evento. Artefice delle celebrazioni, il ministro della Difesa Ignazio la Russa. Lo si fa in pompa magna, con un programma di iniziative ‘in terra, cielo e mare’: sfilate, parate, mostre di carri armati ed elicotteri, simulazione di assalti militari e lancio di paracadutisti nelle piazze di 21 città. Lo si fa attingendo non al bilancio della Difesa – con grande soddisfazione del ministro – ma a quello della legge 133 (conversione del decreto legge 112, la Finanziaria), che, nell’articolo 60, comma 8-bis, stanzia un apposito fondo di ben tre milioni di euro.

Recita il comma: “nello stato di previsione del ministero della Difesa è istituito un fondo con una dotazione pari a 3 milioni di euro per l’anno 2008, da utilizzare per far fronte alle esigenze prioritarie del Ministero stesso”. Che i quattrini provengano dalla Difesa o da altrove, poco importa. E’ sempre lo Stato italiano a pagare, con i soldi dei suoi contribuenti. La contraddizione di tale spesa è che, in tempi di crisi e di tagli – soprattutto a quel ministero della Difesa che non ha i soldi per pagare il personale, nè la manutenzione di strutture ed equipaggiamenti militari – è che tali celebrazioni vengano considerate ‘esigenze prioritarie’. Ulteriore elemento di inopportunità è che il Governo italiano celebri, nell’ambito di una ‘festa nazionale’ (quella delle Forze Armate, ovvero il tradizionale incontro dei militari con la popolazione civile) ciò che fu invece tutt’altro che una festa. “Il momento delle trincee fu il momento di nascita dell’unità nazionale”, ha dichiarato La Russa in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’evento. Più che di celebrazione, bisognerebbe parlare di commemorazione, visto che la Grande guerra fu una inutile strage, nella quale morirono 680 mila soldati italiani.

Commemorare, anzichè celebrare, un lutto nazionale, a seguito del quale l’Italia, dopo il voltafaccia con gli alleati della Triplice, fu ridicolizzata anche dai nuovi alleati (Francia, Inghilterra e Russia) con i quali firmò segretamente un accordo (il Patto di Londra del 1915) che avrebbe dovuto concedere al nostro Paese il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria, Trieste, la Dalmazia e Fiume, oltre a eventuali ‘aggiustamenti’ delle colonie tedesche in Africa. Alla Conferenza di Versailles del 1919 le rivendicazioni di Orlando, Sonnino e Salandra, rimasero inascoltate. Gli italiani, considerati ‘utili traditori’ nel momento del bisogno, erano adesso considerati dai veri vincitori della guerra un peso, un agnello da sacrificare all’altare dell’autodeterminazione dei popoli sancito dal presidente Usa Wilson, che stabilè che Fiume e la Dalmazia sarebbero rimaste fuori dai confini nazionali. Le colonie tedesche furono invece spartite tra Francia e Inghilterra. La ‘vittoria mutilata’ offrì poi terreno fertile per la nascita di un nazionalismo radicale e bellicista desideroso di rivalsa, che degenerò nel fascismo e in una nuova, scellerata scelta interventista a fianco di Hitler.

Il ministro La Russa ha deciso di fare le cose in grande, preparando un prologo e una conclusione fastosa per la festa delle Forze Armate-Vittoria nella Grande Guerra. Il prologo sono le lezioni, già iniziate in numerose le scuole italiane, che alti ufficiali militari terranno da oggi a venerdì. Nel fine settimana sono iniziati i concerti delle fanfare dei Carabinieri, come le mostre di mezzi militari. A Milano, da ieri un Tornado rivolge il proprio muso affusolato verso il Duomo, così come due blindati dell’Arma stazionano di fronte al Palazzo Reale. Il 4 novembre la celebrazione ufficiale, mentre il fine-settimana dell’8-9 vedrà il grande concerto di Andrea Bocelli in Piazza del Popolo. In aggiunta alle varie deposizioni di corone sule lapidi ai caduti, alzabiandiera, simulazioni di assalti e lanci di paracadutisti (a Firenze, un militare verrà paracadutato su una piattaforma nel centro dell’Arno per un’atterraggio ‘ad alta difficoltà tecnica’), è previsto uno spot di 120 secondi che verrà trasmesso in tutte le reti nazionali. Paradossalmente, la musica del video, che mostrerà militari delle Forze Armate nelle strade e delle piazze d’Italia, è una canzone d’amore di John Denver, artista country americano.

Oltre all’opportunità della spesa per le fastose celebrazioni della vittoria, ciò che ha alimentato le polemiche che sono culminate nel provocatorio invito al ‘boicottaggio’ da parte del direttore di Liberazione Piero Sansonetti è stata anche la decisione di far entrare in 200 scuole superiori italiane rappresentanti delle Forze Armate per spiegare il significato del 4 novembre e illustrare come funzionano Esercito, Aeronautica, Marina e Carabinieri. Molti temono che l’iniziativa possa rappresentare una forma di reclutamento occulto o di propaganda. Abbiamo chiesto all’ufficio dell’ufficio scolastico provinciale di Milano (l’ex provveditorato), che organizza gli incontri, se ciò corrisponda a verità. “Nessuna pubblicità all’esercito, nessuna propaganda – ci è stato risposto -. Non l’avremmo mai permesso. Le lezioni si svolgono con una parte storico-letteraria, fatta da uno storico, l’altra fatta da un militare, che si limita a spiegare, con una serie di slide fotografici, la storia del milite ignoto e del monumento a lui dedicato. Il tutto è stato fatto soprattutto in un’ottica di opportunità, per i ragazzi, di attingere a fonti documentarie sull’argomento”.

Tre generali in pensione hanno commentato l’iniziativa ‘didattica’. Albino Amodio e Domenico Rossi del Cocer (comitato di rappresentanza delle Forze Armate) e Giovanni Bernardi, fondatore del sito ‘Paginedidifesa.it’. Secondo Rossi, che del Cocer è presidente, “ben vengano gli incontri dei militari nelle scuole, al di fuori di ogni retorica o propaganda. Se occorre ‘pubblicizzare’ un dato oggettivo, cioè l’inizio di un valore fondante come l’unità nazionale, ovvero un dato storico, allora gli inviti negli istituti possono rappresentare un mezzo per far conoscere meglio le Forze Armate alle scuole, ripeto, aldilà di ogni esaltazione di tali fatti”. Amodio riferisce invece che “al posto loro mi sentirei un po’ spaventato, poiché io non sarei in grado di spiegare la storia. Spesso fatico a capirla io stesso. Inoltre un giudizio storico contiene in se’ anche un giudizio politico. Se me lo ordinassero credo che dovrei obbedire. Se potessi decidere credo che direi di no”. Perplessità, per ragioni simili, è invece espressa dal generale Bernardi: “Non ho un’opinione pregiudiziale ai militari in classe. Quando si va nella ‘tana del leone’, ovvero in una classe in cui gli studenti possono essere polemici e aggressivi, bisogna essere molto preparati rispetto a quando le visite si ricevono in caserma. C’è bisogno di ufficiali molto preparati, o iniziative di massa di questo tipo possono rappresentare un rischio”.

La guerra sembrava vinta quando l’Italia firmò il Patto di Londra nel 1915. La guerra sembrava vinta anche quando Mussolini scese al fianco di Hitler nel 1940. Nel 2003, durante la guerra in Iraq, Bush esclamava trionfante dalla portaerei Lincoln: “Missione compiuta”. Solo allora Berlusconi decise di inviare un contingente italiano. A guerra ‘vinta’. Tra nove giorni si celebererà il quinto anniversario della strage di Nassiri
ya, dove morirono 19 italiani. Chissà quanto occorrerà aspettare ancora, per celebrare la ‘vittoria’ delle guerre in Afghanistan e Iraq. Chissà in quanti si asterranno, qualora tale celebrazione avesse luogo, dal parlare di ‘vittoria mutilata’. Visti i precedenti storici, chissà quali ne saranno le nefaste conseguenze.

Luca Galassi
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