ITALIA PIU’ POVERA: ARRIVA LA GRAMEEN BANK DEL NOBEL YUNUS

di Mariavittoria Orsolato
da: www.altrenotizie.org

E’ notizia di ieri che una giovane ventitreenne ha rubato carne per 67 euro alla Standa di Milano e, portata immediatamente in direzione, è stata denunciata ai carabinieri di zona. Solitamente questa non sarebbe una notizia tale da assurgere all’onore delle cronache, se non fosse che la ventitreenne è un’italianissima precaria part-time, incensurata e incinta di 5 mesi. Tre pacchi di carne per lo spezzatino e alcune confezioni di affettati misti: “Era un mese che non mangiavo carne. Ne avevo davvero bisogno e non ho resistito alla tentazione”, questa la giustificazione della giovane che con gli spiccioli guadagnati al part-time ha fatto intendere di non riuscire ad arrivare alla fine del mese, nemmeno facendo la part-life che la costringe a privarsi (in gravidanza) di uno degli alimenti di primo sostentamento.

Sembra più una storia da bassifondi operai, come quelli descritti meravigliosamente – se così si può dire – da Charles Dickens nella Coketown di “Tempi difficili”, ma purtroppo questa è l’Italia del 2008, della precarietà, del carovita, dei tagli indiscriminati. La forbice che traccia il divario tra poveri e quasi-poveri, cioè quelli che sono costretti a sopravvivere con meno della metà del reddito medio italiano – tra i 500 e i 600 euro al mese – è diminuita drasticamente a favore dei primi, mentre quella che li separa dagli abbienti si allarga in modo proporzionale al tempo che passa. Secondo l’ISTAT il 13% della nostra popolazione vive secondo i canoni del depauperamento e, con riferimento all’Europa a 15, l’Italia presenta una delle più alte percentuali di cittadini a rischio povertà.

Ma se i giornalisti “gotico-dark” non possono diffondere apertamente questo genere di notizie deprimenti e ad alto tasso ansiogeno (Dell’Utri docet), ci pensano i fatti e il Nobel per la pace 2006 a riportare gli italiani alla percezione della -triste- realtà. Muhammad Yunus, il pluripremiato promotore del microcredito dal basso, ha annunciato pochi giorni fa al World Business Forum di Milano che a breve aprirà una filiale della sua banca Grameen – in bengalese “banca del villaggio”- a Bologna.

E’ già da un po’ che sotto le due torri si parla di microcredito e di ethical finance: l’associazione Micro.Bo, nata a Bologna tre anni fa sull’esempio di Muhammad Yunus, ha avviato un progetto di micro finanza che permette l’accesso al credito a persone in condizioni svantaggiate, al fine di consentire loro di realizzare piccole attività di lavoro autonomo; mentre dal 2003 l’Alma Mater Studiorum e Unidea Unicredit-Foundation (fondazione privata costituitasi allo scopo di pianificare e promuovere interventi diretti alla solidarietà e allo sviluppo cooperativo) stanno vagliando prospetti di investimento nel campo del credito fiduciario. Se infatti tutto andrà come deve andare, già dai primi mesi del 2009 potrebbe attivarsi uno sportello Grameen Bank anche nella città degli asinelli, il secondo nel mondo occidentale dopo quello di New York.

Ma in cosa consiste il progetto del nobel Yunus? La sua banca etica muove i primi passi sul finire degli anni ’70 in Bangladesh per sperimentare e verificare la fondatezza del nuovo metodo di concessione del credito e di prestazione dei servizi bancari ai poveri delle campagne legati da rapporti fiduciari, un progetto pensato soprattutto per migliorare lo status sociale delle donne bengalesi, notoriamente relegate dalla cultura popolare ad un ruolo di mera sudditanza e perciò escluse dal tradizionale sistema di credito.

La formula vincente di Muhammad è stata quella di puntare sulla fiducia nei confronti dei creditori e sull’idea che l’incremento di reddito che ne sarebbe derivato avrebbe portato a migliorare le condizioni di vita dei loro nuclei famigliari, determinando contemporaneamente un impatto significativo a livello comunitario. Una scommessa indubbiamente ottimista – e perciò anacronistica – che è però riuscita, nel giro di 30 anni, a rivoluzionare i canoni della finanza nei paesi in via di sviluppo e a stravolgere virtuosamente la pratica del credito e del debito. Eliminando gli interessi e abbattendo drasticamente l’ammontare delle rate settimanali, la Grameen Bank è riuscita a veder rimborsato ben il 98.45% dei prestiti concessi. Altrochè future e piani di ammortamento a Wall street!

A dimostrazione che l’intento di Yunus è esclusivamente sociale, sta il fatto che la “banca del villaggio” non tradisce la natura del suo nome ed è di fatto proprietà di quegli stessi indigenti a cui eroga finanziamenti: circa 6.390.000 persone di cui il 96% sono donne che finalmente riescono a vivere del loro lavoro. Il senso di questo fantastico progetto di finanza etica è appunto l’emancipazione e, se nel Bangladesh delle caste riguarda più che altro il gentil sesso e gli “intoccabili” mendicanti, qui in Italia si tratterà di coinvolgere migranti, famiglie e soprattutto giovani. Perché microcredito, nella sua accezione, non significa solo sopravvivenza ma significa soprattutto inclusione sociale e economia dal basso, termini che noi italiani sorridenti e baciati dal sole – come vuole e pretende il nostro timoniere in versione Xanax – abbiamo scordato a vantaggio di altri termini come “xenofobia” e “finanza dorata”.

Un grosso in bocca al lupo – quindi – al Nobel per la pace 2006, nella speranza che la nostra cattiva reputazione in fatto di cattiva gestione dei finanzamenti non ci preceda e non gli faccia così cambiare idea.