Può un movimento per l’acqua non riconoscersi nell’Onda?

Lettera aperta alle studentesse e agli studenti

Siamo donne e uomini da sempre impegnati nei nostri territori e a livello nazionale e internazionale per il riconoscimento dell’acqua come bene comune e diritto umano universale, da sottrarre al mercato e al profitto e da restituire alla gestione partecipativa delle comunità locali.

Insieme abbiamo prodotto e animato decine di conflitti territoriali contro la privatizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni.

Insieme abbiamo costituito, nel marzo 2006, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una rete che raccoglie più di settanta associazioni ed organizzazioni e più di trecento comitati territoriali.

Insieme abbiamo raccolto più di 400.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell’acqua.

Insieme abbiamo costruito, il 1 dicembre 2007, la prima manifestazione nazionale per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni, che ha visto più di 40.000 persone sfilare per le strade di Roma.

Vi abbiamo visto inondare le città e le piazze di questo paese chiedendo a gran voce la difesa della scuola pubblica, il diritto all’istruzione, alla conoscenza e al futuro, lottando contro la mercificazione del sapere e della formazione, la precarizzazione della conoscenza e della vita, lo svilimento della scuola primaria, la privatizzazione dell’università.

Vi abbiamo sentito urlare con rabbia ed allegria : “Noi la vostra crisi non la paghiamo” riprendendovi gli spazi delle scuole e delle università e facendole diventare nuove agorà di socialità, conoscenza e incontro fra i movimenti e le lotte di chi vuole cambiare le politiche di questo paese e di chi vuole praticare un altro mondo possibile.

Questo mondo è oggi attraversato dalla più importante crisi economica e finanziaria che la storia ricordi, mentre si è approfondita la crisi alimentare globale e si è definitivamente appalesata la crisi ecologica e resi evidenti i primi effetti permanenti dei cambiamenti climatici planetari.

Un modello di ordine mondiale, fondato sul pensiero unico del mercato, sull’accaparramento predatorio delle risorse naturali, sulla mercificazione dei beni comuni e la loro consegna ai grandi capitali finanziari, sullo svuotamento della democrazia e della partecipazione popolare sta dimostrando il proprio completo fallimento.

Il “crack” globale dell’economia finanziaria rappresenta l’esito di trenta anni di politiche liberiste, basate sull’assioma “privato è bello”, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici, sulla espropriazione dei diritti sociali.

Oggi sono i grandi poteri bancari e finanziari ad invocare l’intervento pubblico e il sostegno statale.

Oggi sono i più sfrontati liberisti a dichiarare il fallimento del mercato.

Lo scopo è chiaro : ottenere un nuovo travaso di risorse dalle collettività ai poteri forti per rilanciare i flussi finanziari mondiali e riprendere l’espropriazione di risorse.

Così si chiedono sostegni pubblici alle banche, mentre si approvano normative –come l’art. 23 bis della Legge n. 133/08- che perseguono la definitiva messa sul mercato dei servizi pubblici locali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico integrato.

Così si approvano normative per il drastico taglio dei fondi alle scuole di ogni ordine e grado, si inasprisce la precarietà e si attaccano i diritti del lavoro, si militarizzano gli spazi della democrazia e del conflitto sociale.

“Noi la vostra crisi non la paghiamo” avete detto voi per primi, inondando le strade di questo paese e riaffermando un protagonismo diretto, senza deleghe alcune né qualsivoglia rappresentanze.

“Noi la vostra crisi non la paghiamo” diciamo anche noi, reclamando la fine delle politiche liberiste di privatizzazione e ponendo al centro della nostra iniziativa la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, la loro cura e conservazione per le generazioni future, la loro gestione partecipata dai cittadini, dai lavoratori e dalle comunità locali, come motore di una ricostruzione dei legami sociali, di una riaffermazione dei diritti collettivi, della riproduzione di un’appartenenza sociale aperta e condivisa.

In una parola, di una nuova democrazia e di un altro mondo possibile.
Senza acqua non c’è diritto alla vita.
Senza saperi, formazione e conoscenze c’è solo dominazione del più forte.
Senza spazio pubblico non c’è partecipazione né democrazia.

Per questo ci riconosciamo nella vostra lotta e salutiamo la vostra assemblea nazionale, confermando la nostra piena solidarietà alle vostre mobilitazioni e proponendovi intrecci fra le nostre reciproche esperienze.

Intrecci che possono essere resi ancora più forti e solidi, partendo dalla consapevolezza -che poi è anche la cifra del nostro percorso- di come unità, radicalità, autonomia e inclusione delle differenze costituiscano il carattere fondante dei movimenti sociali.

Il 22-23 novembre prossimi, il movimento per l’acqua terrà ad Aprilia il suo secondo Forum nazionale, per fare il punto delle mobilitazioni attivate e per rilanciare con ancora più forza le ragioni della riappropriazione sociale dell’acqua e della difesa dei beni comuni.

Ci piacerebbe che fra gli interventi di apertura, sabato 22 mattina, ci fosse anche un contributo di una/uno studente che racconti al popolo dell’acqua pubblica l’esperienza del popolo della scuola pubblica.

Ci piacerebbe che, nell’autonomia dei reciproci percorsi, si potessero innescare importanti connessioni, promuovendo iniziative comuni dentro e fuori le Università che facciano incontrare le nostre battaglie per i beni comuni.

Ci piacerebbe ascoltarvi e raccontarvi qualcosa di noi.
Con curiosità, fiducia e determinazione.
Dobbiamo solo cambiare il mondo.
Un caro abbraccio a tutte e tutti.

Forum italiano dei movimenti per l’acqua

********************************************

ONDA SU ONDA?

di Mariavittoria Orsolato
da www.altrenotizie.org

vignetta_20081114.gif

Nonostante gli snervanti tentennamenti del governo e il continuo sobillare del “grande ex” Cossiga, l’onda del movimento studentesco continua a crescere e a rafforzasi di giorno in giorno. Si moltiplicano come funghi le iniziative di autoformazione e di didattica non convenzionale, gli atenei e i licei occupati resistono in ogni parte d’Italia, i cortei spontanei continuano a dispetto delle cariche – l’ultima lo scorso 7 novembre a Roma – e in ogni aula si lavora alacremente alle iniziative che prenderanno vita venerdì prossimo in occasione dello sciopero generale indetto assieme al sindacato in difesa dell’università.

Il movimento che ha preso corpo alla Sapienza e che si è costituito in un’assemblea nazionale, ha rivolto nei giorni scorsi un appello ai confederati e ai sindacati di base per costruire assieme una grande manifestazione capace di paralizzare il paese da nord a sud, cercando così di imporre un’agenda politica diversa in merito alle politiche sociali. Nelle assemblee universitarie è infatti ricorrente la proposta di allargare la protesta a tutte quelle categorie di lavoratori colpite dai provvedimenti del Berlusconi IV: dai dipendenti Alitalia, agli statali e – perché no? – anche a quel 13% di italiani che vive sotto la soglia della povertà.

E’ sempre più diffusa la sensazione che le istituzioni non siano in grado si fronteggiare efficacemente l’annunciata recessione: “L’offensiva che questo governo sta infliggendo alle istituzioni del Welfare – scrivono gli studenti sul sito del movimento in l
otta “ Uniriot” – ci pone di fronte ad un bivio epocale: accettare la dismissione delle garanzie pubbliche, riconquistare democraticamente il Welfare, trasformare questa riconquista in una grande sfida di nuova politica”. Sì, proprio così, “Nuova politica”: questa la parola d’ordine del movimento che punta ad un’autoriforma universitaria secondo i criteri del merito e della valorizzazione dei saperi, ma che rifiuta categoricamente ogni mano tesa proveniente dalla “vecchia politica”, quella del dialogo fasullo e delle trattative a senso unico, per intenderci.

Proprio ieri Walter Veltroni inviava una missiva alla coppia Gelmini-Tremonti, pregando i due detentori dei dicasteri di Istruzione e Finanze di sospendere i piani di taglio e il provvedimento sul maestro unico, in cambio di un tavolo di concertazione con le parti sociali e il mondo scolastico. “Non c’è dubbio, è un settore – ammette il leader del Pd – che ha bisogno nel nostro paese di una radicale riforma. Ciò che vi chiediamo – prosegue la lettera – è di esercitare una virtù che dovrebbe essere propria di ogni governo: quella dell’ascolto e dunque del confronto”.

Per la serie “provaci ancora Walter”, il leader dell’opposizione si ostina quindi a cercare un dialogo, morto in fasce, dopo il bel discorsetto del “volemose bene” pronunciato il giorno dell’insediamento, non rendendosi conto di quello che gli studenti e, in generale, tutto l’universo della mobilitazione, hanno capito fin dai primissimi giorni: con un esecutivo che va avanti a suon di imposizioni, l’unica via da seguire è quella dell’opposizione attiva, basata più sull’azione dimostrativa che sull’articolata favella.

La mobilitazione va quindi avanti sicura e forte di un consenso popolare quasi senza precedenti, mentre il governo comincia a fare passi indietro e a fare a meno dei famosi sondaggi nazionalpopolari che attribuiscono all’esecutivo Berlusconi consensi da far invidia a Kim Jong-Il. La scorsa settimana il Parlamento ha votato quasi unanimemente l’abrogazione dell’articolo 3 della ormai legge Gelmini che prevedeva la chiusura di tutti i plessi scolastici con meno di 500 alunni e la relativa riorganizzazione delle dirigenze, scaricando la responsabilità del provvedimento sulle regioni. L’articolo è stato completamente riformulato per dare respiro alle 6500 scuole che rischiavano di essere chiuse soprattutto nelle piccole comunità, e per gli addetti ai lavori questa è già una piccola vittoria.

Dall’altra parte però, qualcuno sembra caldeggiare le proposte di Cossiga in merito al “contenimento” della protesta. In una lettera aperta al capo della polizia Manganelli, l’ex Presidente della Repubblica ed ex Ministro dell’Interno degli anni di piombo (’76-’78) ha consigliato di aspettare “tempi peggiori” di quelli odierni, auspicando incidenti gravi – come il ferimento o l’uccisione accidentale di una donna o di un bambino per mano dei manifestanti – che suscitino paura e disapprovazione nei confronti del movimento, in modo da giustificare così la repressione violenta. La lettera ha guadagnato lo sdegno dell’onda – che si definisce come movimento pacifista e democratico – e ha sollevato più di qualche perplessità anche negli ambienti di governo.

A Bologna Digos e Procura chiedono ai presidi dei licei informazioni relative agli studenti che fanno parte attivamente del movimento, pretendendo nominativi, elenchi di riunioni e date e orari di iniziative di protesta, e ci si domanda in modo sempre preoccupato con quale strategia si penserà di gestire il fiume di persone che da tutta Italia convergerà a Roma il prossimo venerdì. “Io non ho paura, le vostre denunce non fermeranno l’onda”, recita lo striscione appeso in una delle tante facoltà occupate; ma è proprio la paura a muovere e ad arrovellare gli intestini di questi giovani. La paura che una finanziaria, approvata in nove minuti e mezzo, possa portargli via tutto quello che in una vita è stato progettato, rincorso, sudato.