COS’E’ CHE SPINGE GLI IMMIGRATI CLANDESTINI

di Linda S. Heard
da onlinejournal.com

In Europa c’è una mancanza di comprensione per gli immigranti clandestini che sacrificano tutti i loro risparmi e rischiano la vita attraversando il mare su barche sgangherate o che si introducono illegalmente in Inghilterra all’interno di container senz’aria. Anche quelli che raggiungono sani e salvi le loro destinazioni vengono comunque espulsi o messi dentro o fatti sentire come dei cittadini di serie B, considerati dalle popolazioni locali come potenziali criminali o portatori di malattie, che arrivano per togliere loro il lavoro. Quelli senza documenti vengono spinti ai lavori umili più sottopagati, con salari che a stento permettono loro di sopravvivere.

I pochi che riescono a rimanere nella loro “terra promessa” spesso diventano di fatto degli emarginati da incolpare per tutti i mali della società. Perché sarebbero così ansiosi di lasciare le loro famiglie e i loro amici per imbarcarsi in un’avventura tanto pericolosa che finisce così spesso in tragedia e lacrime?

La scorsa settimana il ministro degli esteri dell’Egitto ha annunciato che si erano perse le tracce di un’imbarcazione che trasportava 83 clandestini di nazionalità egiziana, scomparsa prima di raggiungere le coste della Grecia. È un fatto fin troppo frequente.

A giugno la Marina egiziana ha soccorso 55 emigranti dall’Egitto e dal Bangladesh la cui barca diretta in Europa stava colando a picco, mentre nello stesso mese un peschereccio, che poteva portare al massimo 40 persone ma su cui ne erano state stipate fino a 150, è affondato al largo delle coste della Libia. Non hanno mai raggiunto l’Italia. Molti non sapevano nuotare e solo due sono riusciti a sopravvivere.

Dubito che ai contrabbandieri importi. Loro ingrassano sulla morte della povera gente, tra cui molti, secondo le notizie riportate da Al-Arham Weekly, arrivano a pagare 4.640 dollari per il viaggio. Questa somma equivale al salario di quattro anni o più per la maggior parte degli egiziani, il che fa pensare che membri di intere famiglie debbano spesso contribuire, forse anche vendendo la gioielleria o le proprietà avute in eredità, nella speranza di raggiungere legalmente il proprio parente in futuro.

Lo scorso anno l’Egitto ha firmato con l’Italia un accordo bilaterale, che ha avuto come risultato il rimpatrio di 2400 egiziani nel loro paese. Ma molti sono scomparsi da allora e viaggiano senza documenti nella speranza di farsi passare per palestinesi o iracheni in modo da non rientrare nell’obiettivo dell’accordo.

La Spagna da molto tempo tenta di affrontare l’immigrazione clandestina di africani sub-sahariani che arrivano sulle sue coste aggrappati ai gommoni o terrorizzati che le loro imbarcazioni, tutt’altro che in condizioni di navigare, si capovolgano. Questi sono i fortunati. Varie migliaia muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra dopo aver pagato a trafficanti senza scrupoli più di 2.000 euro per un viaggio che chi possiede un visto paga molto meno.

A luglio, la Marina del Marocco ne ha arrestati 52, mentre in centinaia sono stati sorpresi dalle autorità spagnole mentre tentavano di entrare illegalmente. L’anno scorso un clandestino di 24 anni, mentre veniva arrestato al largo delle coste della Spagna, brandiva con gioia due chili di cannabis sperando che gli facessero da passaporto per una galera spagnola piuttosto che essere espulso. Tuttavia, il giudice era fin troppo esperto e il suo stratagemma è fallito.

La Gran Bretagna ha sperimentato le proprie tragedie, come le dozzine di clandestini cinesi che sono morti soffocati all’interno di un container ermetico con destinazione Dover nel 2001. Un ventenne che è sopravvissuto a un viaggio simile ha spiegato in tribunale che era stato tenuto prigioniero in un appartamento a Londra fino a quando la sua famiglia in Cina non ha pagato all’incirca $34.000 alla banda che ha organizzato il suo viaggio infernale di sei mesi.

Come titolare di passaporto britannico che non è mai stato, fortunatamente, un senzatetto e non ha mai conosciuto la vera fame lancinante, non è facile per me immaginare di essere nei panni di persone tanto disperate quanto l’iracheno in estreme difficoltà che a Bangkok mi ha avvicinato in cerca d’aiuto. Dei truffatori lo avevano adescato lì con la promessa di un visto per l’Australia e invece poi avevano spogliato lui e una dottoressa irachena fino all’ultimo penny. Lui è finito a vagare per strada elemosinando il cibo, e la donna si è gettata da una tromba delle scale per la disperazione di non sapere come accudire i suoi due bambini che viaggiavano con lei.

Paura, disperazione e povertà sono la spinta all’immigrazione clandestina. In qualsiasi luogo la gente desidera una vita e chi siamo noi, seduti con le pance piene nelle nostre case o uffici con l’aria condizionata, mentre progettiamo le nostre prossime vacanze, per incolparli?

Qualche giorno fa mi sono ritrovata faccia a faccia con la povertà degradante. Ad Alessandria d’Egitto mi sono imbattuta in un minuscolo gattino bianco per strada, e l’ho seguito pensando che potesse aver bisogno di soccorso. È venuto fuori che apparteneva a una famiglia di cinque persone (una coppia e i loro tre bambini) che non possedeva nemmeno dei materassi o cuscini, figurarsi una tavola, un frigo o una macchina del gas. Lo spazio in cui vivevano consisteva in una stanza non più grande di un ampio armadio e di parte di un pozzo delle scale scoperto. Il solo cibo che si vedeva in giro consisteva in un po’ di pane stantio e una confezione aperta di formaggio di pecora. Questo è il genere di persone che sfidano le onde aggrappate a un sogno.

Nessuno dei loro bambini è mai andato a scuola perché il salario del padre, di 120 lire egiziane al mese, non avrebbe coperto nemmeno le spese più piccole. Ma qualsiasi mancanza d’istruzione era più che compensata da caldi sorrisi e cuori che si erano aperti a un gattino orfano. Quegli europei che hanno indurito i loro cuori nei confronti di persone che fuggono da povertà e persecuzioni, potrebbero trarne una lezione.

Linda S. Heard è una scrittrice inglese specializzata nelle questioni del Medio Oriente. Accoglie con piacere opinioni e può essere contattata via email a heardonthegrapevines@yahoo.co.uk.