L’oltraggio della Social Card

di Antonio Pizzo
da testo giunto tramite email

La Social Card non è un’operazione caritatevole, non è la carità. La carità veste ben altri abiti, per la fortuna di noi tutti. Ed è comunque personale, esula dagli affari di stato, la carità.

La Social Card al contrario è un oltraggio (perché offende la dignità personale di chi non può operare altra scelta).
La Social Card è una violenza (perché, contro la volontà del soggetto dell’interessato, timbra nei fatti un’esclusione sociale). La Social Card è il simbolo più illuminante della cultura di destra.

Per questo l’operazione Social Card deve essere spiegata con chiarezza dal punto di vista culturale e politico, sino a suscitare, forse, nei suoi ideatori un qualche frammento di vergogna.

E deve essere spiegata soprattutto per marcare una differenza discriminante tra la cultura della destra, che è una cultura dell’insofferenza verso ogni tipo di limite (lacci e laccioli, regole e diritti), soprattutto da parte di chi ha ogni genere di “possibilità”, una cultura del perpetuo calcolo economico privato, una cultura dell’esercizio del potere della forza, in una parola una cultura dell’ ”ordine”, soprattutto nei confronti di chi non ha tutte le “possibilità”, e la nostra cultura di sinistra, che è una cultura del limite, una cultura dei diritti, in ambito pubblico e privato, una cultura della nonviolenza, in una parola una cultura della mitezza, e nei confronti di tutti, a prescindere dalle “possibilità”.
La Social Card, dunque, nasce da un’operazione di concerto tra centri di poteri, pubblico e privato, forti della propria arroganza decisionale, un’operazione tra un governo decretista convinto e un colosso dei circuiti elettronici del credito, tra il governo italiano e Master Card; e il primo risultato, a leggere i giornali, è un costo a carico di noi tutti e un guadagno reale solo per Master Card. Ed è un esempio concreto dell’intelligenza affaristica della cultura della destra, anche quando si tratta di alleviare “l’area del bisogno estremo” (così parlano i nostri governanti!).

Con questa operazione la cultura della destra, incapace di sostenere il dialogo nel senso pieno del termine, ha mostrato tutto il suo disprezzo per la pratica della trattativa democratica con le rappresentanze sindacali proprio nella soluzione di un problema (l’indigenza) così strettamente legato all’esperienza assistenziale dei sindacati tutti.

La cultura della destra, lontana veramente, anche per condizione oggettiva, dai bisogni materiali e culturali degli indigenti, risolve il problema della povertà decidendo di affidare questo compito, improprio, appunto, per la cultura della destra, ad altri operatori (Master Card e Distribuzione Alimentare Convenzionata), pagando da lontano, senza guardare in faccia le persone.

Con quest’operazione la cultura della destra tende a cancellare anche l’azione mite e compassionevole delle associazioni impegnate nell’assistenza ai poveri; e genera in qualche modo una violenza, perché il vecchio si troverà solo con la sua Social Card, e magari per un anno non avrà più bisogno di un piatto caldo, ad esempio, e del calore umano, alla mensa dei Cappuccini. E così la cultura della destra rivolge, forse inavvertitamente, forse per ignoranza, un messaggio di arrogante autosufficienza a tutto il mondo del volontariato (anche se inutilmente per la verità, sia per la entità della SC sia per la qualità delle persone impegnate nel volontariato).

Con quest’operazione la cultura della destra dimostra anche di non conoscere a fondo la dignità intima dei poveri; non saranno infatti pochi quei pensionati (e pensionate) indigenti che non avvieranno nemmeno la pratica per assicurarsi questo estraneo strumento elettronico di credito alimentare, ma quotidiano marcatore di una condizione di miseria, per difendere, nella solitudine personale, appunto la propria dignità, anche a costo di rovistare nei cassonetti.

Con quest’operazione la cultura della destra tende a controllare, anche nominativamente, tutti i poveri, coerentemente con l’idea di contribuire a garantire il buon ordine sociale, specie se i tempi e le modalità della rinnovazione del credito alimentare sono saldamente nelle mani del governo.

Con quest’operazione la cultura della destra, nel ridurre l’idea nobile di welfare a pratica di individuale sovvenzione, dimostra una sua estraneità nei confronti della parte fondante della nostra Costituzione, soprattutto l’art. 3, dove è definito il compito della repubblica in quel suo “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

E da qui, dalla persona, dall’idea di “sviluppo” della persona deve partire la nostra cultura della sinistra che è cultura del limite, cultura dei diritti, cultura della nonviolenza, in una parola una cultura della mitezza.

La cultura della sinistra che è cultura del limite è una cultura fondata sul rispetto della persona umana, sempre e dovunque, e non è mai definibile una volta per tutte. In linea generale, è la conoscenza responsabile, rispetto al valore persona, dei limiti dell’agire umano. Superare i limiti significa andare oltre, significa compiere un oltraggio, una violenza, significa arrendersi all’ibris.

E allora esiste un limite economico oltre il quale la persona perde la possibilità del suo “sviluppo”? Perché non definiamo questo limite? E una volta definito questo limite perché non lo si assicura a ogni persona? Senza bisogno di Social card e Bonus? E perché non definiamo anche un limite alla ricchezza? E’ una grande idea liberale, ma da valorizzarsi oggi a sinistra.

La cultura della sinistra che è cultura dei diritti tende a garantire a tutti un reddito di “dignità personale”, senza necessità di discriminare i cittadini attraverso il possesso o non di una carta di credito alimentare. Perché è un diritto della persona, sia se abbia lavorato, sia se per qualsiasi altro motivo si trovi a non aver un reddito, avere comunque un reddito di “dignità personale” (almeno in questi nostri paesi sviluppati e fortunati!).

La cultura della sinistra che è cultura della nonviolenza, e quindi dell’ascolto di tutti, risolve il problema ora dell’indigenza, senza arroganza decisionale, rispettando le proposte di quanti da sempre sono impegnati nella lotta alla povertà.

La cultura della sinistra che è cultura della mitezza ha in programma il superamento della povertà, per ora all’interno del proprio territorio, perché, non vincolata al calcolo perpetuo dell’interesse economico privato, comprende il valore economico e sociale, di grande interesse pubblico, del superamento della miseria. Ecco perché da sinistra sono dalla parte dei poveri contro la Social Card.