IRAN/2 – Truffa elettorale, uno schiaffo di Khamenei all’occidente

di Ahmad Rafat
da www.articolo21.info

Quanto è accaduto e sta accadendo in Iran in queste ore è estremamente grave. Una gravità che oltrepassa i confini della Repubblica Islamica. Non è in gioco solo la sovranità di un popolo al quale i voti sono stati scippati ma anche il futuro di una regione importante come il Medio Oriente.

Il messaggio più importante che la Guida Suprema della Repubblica Islamica, Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha fatto uscire dall’urna, esattamente come i prestigiatori tirano fuori i conigli dal cilindro, è destinato all’occidente in generale e alla nuova amministrazione americana in modo particolare. La riconferma di Ahmadinejad, non con il voto popolare, ma per decisione dell’Ayatollah Khamenei, è un no molto chiaro alla proposta del presidente Barack Obama, che aveva parlato di negoziati senza precondizioni con la Repubblica Islamica.

Una sconfitta, quella di Obama, con la quale la Casa Bianca e i suoi alleati europei dovranno fare i conti. Mahmoud Ahmadinejad nel suo primo incontro con la stampa iraniana ed internazionale, subito dopo essere stato “eletto” presidente da una minoranza esigua degli iraniani ha depennato la questione nucleare dall’agenda di ogni negoziato futuro con l’Occidente o con le Nazioni Unite. La questione nucleare è oramai una vicenda chiusa, ha sottolineato Ahmadinejad.

La repressione scatenata poche ore dopo la chiusura dei seggi contro chi contestava pacificamente per le strade di Teheran e di tantissime altre città iraniane, dimostra la debolezza di un sistema entrato fortemente in crisi. Una spaccatura al vertice della Repubblica Islamica è forse un altro dei risultati più eclatanti di queste elezioni. Sembra che sia giunta l’ora della resa dei conti tra i padri e i padrini della Repubblica Islamica.

Il clero che negli ultimi 30 anni ha avuto in mano tutte le leve del potere, è diviso tra chi di nasconde dietro al figura del Vali Faghih, ossia l’Ayatolla Khamenei, e chi si è schierato con l’ex presidente Akbar Ali Hashemi Rafsanjani, indicato fino a qualche mese fa come l’uomo più potente della Repubblica Islamica. L’esito manipolato di queste elezioni pone fine anche al sogno di riformare la Repubblica Islamica dal suo interno;

“Queste elezioni hanno dimostrato l’impossibilità di riformare il paese ricorrendo al voto”, ha dichiarato una delle figure chiavi del riformismo islamico Hojatolislam Mohammad Ali Abtahi, che fu vicepresidente con Mohammad Khatami e che in queste elezioni sosteneva l’Hojatolislam Mehdi Karrubi, l’altro candidato riformista ed ex presidente del Majlis, il parlamento islamico. Lo slogan “ritrovate il mio voto” gridato dalle prime ore di sabato da centinaia di migliaia di giovani iraniani a Teheran, come a Roma, ha trascinato loro malgrado nelle piazze i giovani che dopo la sconfitta subita il 7 luglio di dieci anni fa, quando la rivolta studentesca fu repressa nel sangue, avevano abbandonato la scena politica.

Basta guardare le immagini delle manifestazioni di Teheran, così come quelle di Roma, Parigi, Berlino, Londra, Stoccolma, Oslo, Nicosia, Toronto, Washington, Dubai e tante altre città iraniane e straniere per rendersi conto della rabbia prodotta da questa frode elettorale senza precedenti anche nelle dittature di stampo sovietico. Esprimere la propria preoccupazione per quanto sta accadendo in queste ore a Teheran, come hanno fatto le cancellerie europee, è giusto ma non è sufficiente.

L’Unione Europea deve prendere una posizione molto chiara sulla frode elettorale che ha riconfermato Ahmadinejad alla presidenza della Repubblica, e condannare in termini molto precisi la feroce repressione che si è scatenata in questi giorni nelle strade di Teheran ed altre città iraniane, ce hanno provocato alcuni morti e centinaia di feriti.

Una ragazza iraniana che manifestava per le strade di Teheran ed è stata ripresa da qualcuno in un filmato finito poi su youtube, prima che youtube fosse oscurato in Iran, aveva in mano un cartello: “Non fate del piccolo dittatore Ahmadinejad un grande dittatore come Saddam Hussein, per poi essere costretti a bombardarci”.