Un finanziamento “creativo” per una ricostruzione virtuale

di Rossella Graziani
da www.articolo21.info

Dopo il terremoto nell’area umbro-marchigiana, il governo dell’epoca (Prodi), varò una normativa che fu immediatamente attuabile e diede vita ad una ricostruzione piuttosto rapida, che prevedeva contributi a fondo perduto per la ricostruzione dei centri storici, senza distinzione tra prima e seconda casa o tra residenti e non residenti. Varò inoltre un tariffario che disciplinava le varie voci di spesa, da quella per il puntellamento degli edifici, a quella della progettazione, a quella per la ricostruzione. nIn tale tariffario erano perfino previsti i maggiori oneri derivanti dal dover operare in un vicolo anziché in una strada più ampia.

Prendiamo l’esempio di Camerino: in questa città, a seguito di una rapida progettazione, si procedette, nei due mesi successivi al sisma, al puntellamento di tutti gli edifici gravemente danneggiati del centro storico. Furono subito coinvolti degli studi di progettazione specializzati nel recupero degli edifici. Questo modus operandi ha garantito una ricostruzione efficace e di piena soddisfazione della cittadinanza.

L’attuale governo avrebbe dovuto fare solo una normativa fotocopia di quella già applicata in quel terremoto e che aveva dato ottimi risultati. E invece no, ha voluto essere originale, anche perché si apprestava a celebrare nozze con i fichi secchi, con risultati che si profilano drammatici. Innanzitutto il puntellamento degli edifici non è previsto, né finanziato, col risultato già annunciato dagli esperti, di un raddoppio dei danni se gli edifici de L’Aquila e di tutti gli altri centri colpiti dovessero affrontare un inverno senza essere stati messi in sicurezza.

Il premier, sotto la spinta delle elezioni amministrative ed europee del 6 e 7 di giugno, aveva risposto positivamente alle giuste richieste dei cittadini e dei sindaci. Per poi, ad urne chiuse, e dopo aver sfruttato mediaticamente e senza pudore l’evento, rimangiarsi tutto respingendo gli emendamenti della opposizione e inducendo al ritiro di quelli proposti dalla stessa maggioranza.

In rapida sintesi ecco le principali promesse non mantenute:
1) la ricostruzione integrale di tutte le case dei centri storici, anche dei non residenti. Questa promessa è stata effettuata in occasione dell’incontro tra i sindaci e il Presidente Berlusconi, a seguito di una telefonata intercorsa, seduta stante, tra questi e il ministro Tremonti (“Dai Giulio, fallo per me”….). Promessa immediatamente revocata subito dopo le votazioni;

2) per gli immobili vincolati in proprietà di privati, ovvero quelli dichiarati di interesse storico, archeologico e artistico, la ricostruzione non sarà finanziata al 100% dallo Stato, ma solo in parte “tenuto conto della situazione economica individuale del proprietario”. Il resto dovrà essere pagato dal proprietario;

3) l’esenzione dall’iva, a suo tempo promessa, è stata limitata solo al 2009;

4) i contributi alle famiglie per l’autonoma sistemazione e pari a cento euro a componente, per un massimo di 400 euro (ordinanza n.3754,art. 11), non sono stati ancora erogati. Da ultimo, con ordinanza, è stato modificata la disciplina precedente e previsto che potranno accedere al contributo solo coloro che dichiarino di non avere alcuna casa intestata in tutto il territorio abruzzese. Questo significa che anche nel caso in cui si è intestatari di un immobile, anche una casetta, a 200 Km da L’Aquila, né il proprietario né alcun membro del suo nucleo familiare avranno diritto ad alcun contributo;

5) l’ordinanza n. 3769 del 28 aprile 2009 (G.U. 22 maggio 2009, n 117), che definisce criteri e modalità di assegnazione di alloggi in affitto a favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici, introduce il principio inquietante per cui non è ammesso ad usufruire del beneficio del contributo statale quella famiglia i cui componenti abbiano “la disponibilità” di un’altra soluzione abitativa nel territorio abruzzese. Orbene, il concetto di disponibilità è più ampio e nel contempo più ristretto di quello di proprietà. Ben si può avere la disponibilità di case che non si possiedono, come del resto è possibile che una casa di cui si è proprietari sia indisponibile. E poi non dimentichiamo che l’Abruzzo è regione piuttosto estesa e avere la disponibilità di una casa a oltre 100 o a 200 km di distanza dal luogo di lavoro, equivale a non averla. E poi lasciare i figli in luoghi tanto lontani da L’Aquila e viaggiare ogni giorno avanti e indietro è impossibile e impensabile per una persona sana di mente. La verità è che si chiede alla gente di pagare il prezzo dell’inefficienza e dell’incapacità nella gestione dell’emergenza e nell’organizzazione del dopo terremoto.

Anziché portare la gente in tenda e negli alberghi della costa, avrebbero già dovuto approntare delle case temporanee, o mobil houses o roulotte, comunque, pensare ad una soluzione che ci consentisse di riorganizzare lì la nostra vita. Tutto questo non è stato fatto e adesso, non sapendo dove metterci, ci impongono una vita da nomadi, di cui soprattutto i bambini pagheranno il prezzo. Questo non è accettabile;

6) l’ordinanza n. 3780 del 6 giugno 2009, all’art. 2, revoca quanto disposto nel Decreto legge sull’Abruzzo, per cui i benefici fiscali ivi concessi per tutta la provincia de L’Aquila, cessano entro il 30 giugno 2009 per tutti coloro che abbiano domicilio fiscale o sede operativa in un comune diverso da quelli del cosiddetto cratere. Non solo, ma devono versare gli arretrati non pagati nel periodo della sospensione, entro il 16 luglio. A tutti gli altri adempimenti in scadenza nel medesimo periodo, bisognerà provvedere al pagamento entro il 30 settembre. Termini questi posti in violazione dello Statuto del contribuente (Legge 212/2000) che concede un termine non inferiore a sessanta giorni dalla richiesta, per il pagamento di una imposta;

7) l’ordinanza per l’esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale, attuativa dell’art. 8, lettera f) del D.L. 39, obbligava ad una via crucis con continui cambiamenti di rotta: prima l’esenzione con dichiarazione, sottoscritta al momento del passaggio al casello, di risiedere in uno dei comuni del cratere, cosicché in autostrada si sono create file interminabili oltre che pericolose; poi è seguita l’introduzione del telepass, per la cui concessione si richiedeva svariata documentazione e notevole pazienza. Anche in questo caso lunghissime file ai punti blu con grande pericolo per gli stessi automobilisti, che attraversavano a piedi l’autostrada. Poco dopo si è scoperto che il meccanismo non funzionava e il pedaggio è stato in taluni casi interamente posto a carico dell’automobilista terremotato. L’ultima ordinanza in materia impone di munirsi di viacard, entro e non oltre il 13 giugno scorso, a pena della mancata esenzione del pedaggio autostradale. Di nuovo file, documenti e la cavillosa burocrazia fatta ad arte per scoraggiare i già provati terremotati e da ultimo la scoperta che con questa viacard si può percorrere solo il tratto dell’autostrada prescelto e cioè: A25 Teramo-L’Aquila, oppure A14 Vasto –Bussi etc, il tutto nella malcelata speranza che l’avente diritto abbandoni per sfinimento;

8 ) ma vediamo qualche dettaglio su finanziamento: per gli interventi previsti, all’art. 3, comma 6, del D.L. del 28 aprile 2009, n.39 (sulla ricostruzione in Abruzzo) è autorizzata la spesa complessiva di euro 3.041.905.000, attinti in 23 anni e la cui copertura è indicata nel successivo punto 9 della presente nota. In altre parole, con questi evanescenti 3 miliardi, da recuperare nei decenni avvenire, si dovrebbero garantire tutta la ricostruzione e gli interventi economici di sostegno, di cui all’art. 3, commi 1 e 2, ovvero: finanziamento al cento per cento della ricostruzione o restauro della prima casa, contributo per gli immobili diversi dalle abitazioni principali, esenzione da ogni tributo, eccezion fatta per
l’iva, intervento in caso di immobili gravati da mutuo con la modalità di cui all’art. 1 bis, indennizzi a favore delle attività produttive e per l’acquisto di beni per le attività produttive, indennizzi per il danno subiti dai beni mobili non registrati, indennizzi per i danni alle strutture adibite alle attività sportive, ricreative, sociali e religiose e culturali;

9) all’art.18 è disposto che alla copertura delle spese per la realizzazione urgente di abitazioni, per gli interventi a favore delle banche, per la ricostruzione privata delle prime case e degli immobili diversi da questi, per la riattivazione delle istituzioni scolastiche e per le attività urgenti della protezione civile, delle forze di polizia e delle forze armate, per le provvidenze in favore delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese, per le verifiche per la riduzione del rischio sismico – spese tutte previste nella misura pari a 6 miliardi e 131 milioni di euro, comprensivi dei tre miliardi di cui al punto 8 – si provvede come segue:
a) a 150 milioni di euro per l’anno 2010 e 200 milioni di euro per l’anno 2011, mediante corrispondente riduzione del fondo, istituito nel 2008, per il reintegro dei programmi di spesa, fondo tuttavia di soli 260 milioni;
b) a 300 milioni di euro per l’anno 2009, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1,comma 22, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
c) a 380 milioni di euro per l’anno 2009, mediante risparmi sulla spesa sanitaria;
La gran parte della spesa è coperta dalle maggiori entrate del presente decreto, attinte, come sopra detto, nell’arco di 23 anni, da fonti non ben specificate o comunque insufficienti, aleatorie, anzi improbabili, tra cui le lotterie e nuovi giochi d’azzardo, l’apertura delle tabaccherie anche il sabato e la domenica, l’immancabile lotta all’evasione fiscale e i risparmi di spesa derivanti dal decreto stesso;

10) tutto il resto è coperto con i fondi FAS (di cui all’art. 14, del D.L. del 28 aprile 2009, n. 39 sulla ricostruzione in Abruzzo), per un importo oltretutto oscillante e ricompresso tra un minimo di 2 miliardi di euro e un massimo di 4 miliardi di euro. Si tratta di soldi sottratti al “Fondo per le aree sottoutilizzate per il periodo di programmazione 2007-2013”. Sui detti fondi FAS gravano: 1) i contributi da erogare in favore delle case classificate di livello a, di cui all’ ordinanza n.3778 del 6 giugno 2009, e pari a 10.000 euro per la riparazione di danni di lieve entità, cui si aggiunge un importo massimo di 2.500 euro per le parti comuni di edifici (comprensive di Iva), 2) la spesa per la ricostruzione e funzionalità degli edifici pubblici, di cui all’art 4 del Decreto (immobili pubblici, danneggiati dagli eventi sismici, compresi quelli adibiti ad uso scolastico e le strutture edilizie universitarie e del Conservatorio di musica di L’Aquila,l’accademia internazionale dell’immagine nonché le caserme in uso all’amministrazione della difesa e gli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti formalmente dichiarati di interesse storico-artistico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; 3) la spesa per l’esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per gli utenti residenti nei comuni di cui al comma 1 in transito nell’area colpita fino alla data del 31 dicembre 2009; 4) la spesa per la ricostruzione del centro storico delle città onde assicurarne la ripresa socioeconomica e per la riqualificazione dell’abitato, ivi compresa la ricostruzione degli edifici civili privati, vincolati dalla Soprintendenza, tenuto conto, in questi casi, della situazione economica individuale del proprietario.

Come si vede, si è in presenza di un finanziamento “creativo” per una ricostruzione “virtuale”. L’inconsistenza della copertura finanziaria – sostituita invero da quella mediatica – e il rifiuto di far tesoro delle esperienze di altri terremoti e di far ricorso ad una tassa di scopo sui redditi al di sopra dei 120 mila euro annui, sono all’origine degli indugi, dei ripensamenti e degli attuali pasticci normativi, funzionali solo al disegno perverso che siano i cittadini a fare, come possono, la ricostruzione. Insomma ciò che emerge è una verità semplice e sconvolgente: lo Stato non ricostruirà né L’Aquila e né gli altri centri terremotati.