«Norme indecenti, pronti a insurrezione non violenta»

di Luca Kocci
da il manifesto, 4 luglio 2009

Il Vaticano prende le distanze da chi aveva criticato il “pacchetto sicurezza” ma la Chiesa italiana, sia al vertice che alla base, esprime una durissima condanna delle nuove leggi razziali approvate dal governo. «La criminalizzazione dei migranti è il peccato originale dietro al quale va tutto il resto», la legge «porterà molti dolori e difficoltà a persone che già si trovano in una situazione di precarietà», aveva detto a caldo mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti. Ieri è arrivata la nota ufficiale del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi: «Non consta che ci siano state critiche che si debbano qualificare come critiche del Vaticano». Cioè Marchetto, questo il senso delle parole del portavoce del papa, è intervenuto a titolo personale.

La precisazione non ha però bloccato le reazioni del mondo cattolico. L’immigrazione è «un fenomeno assai complesso che deve essere governato e non subìto», dichiara mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, ma «una risposta dettata dalle sole esigenze di ordine pubblico, che comunque va garantito, risulta insufficiente». Il ddl approvato dal Senato comporta «un danno reale e uno simbolico», dice don Domenico Ricca, presidente della Federazione Scs/Cnos-Salesiani per il sociale: reale «quando si scopriranno tutte le implicanze pratiche», simbolico perché «rinsalda le paure e le fobie di tanti verso gli stranieri». «Sorge il dubbio – conclude – che anche questa legge serva per coprire inadeguatezza e scarso senso etico di chi ci governa».

Per i missionari comboniani le norme sono «indegne di un popolo civile» e «incompatibili con l’ordinamento giuridico della Repubblica italiana», per questo chiedono a Napolitano di «non avallare la legge». Categorico don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele: «Non sicurezza, crudeltà. Non c’è altra parola per definire le nuove misure sull’immigrazione», un «accanimento contro chi fugge dalla miseria, dalla discriminazione, dall’oppressione, dalle guerre». La legge, prosegue, «ci fa scivolare indietro, ai tempi della discriminazione razziale». Il 2 luglio è stata una «giornata di lutto nazionale», dice Alex Zanotelli, che oggi, alle 11, parteciperà insieme al Forum antirazzista ad un sit-in davanti alla Prefettura di Napoli, indossando magliette nere. «Ora il clandestino è criminale per legge, tutti sceglieranno di rendersi invisibili. Ma criminale non è l’emigrazione, criminali sono le strutture economiche che costringono le persone ad emigrare».

Le norme approvate sono ispirate «ad un’idea discriminatoria di sicurezza», «senza una corrispondente attenzione né al fenomeno globale dell’immigrazione né a chi sfrutta il lavoro traendo dall’irregolarità e dal lavoro nero un ingiusto profitto», si legge in un comunicato del Movimento lavoratori di Azione Cattolica. E il presidente delle Acli, Andrea Olivero, critica «le misure restrittive e punitive» che vanno «ad agire nella sfera dei diritti fondamentali e della dignità umana. Il governo – aggiunge – dovrà assumersi la responsabilità per aver favorito un clima pericoloso di paura e di sospetto che alimenterà la clandestinità anziché combatterla, renderà gli immigrati irregolari ancora più invisibili, soprattutto sui posti di lavoro, provocherà forti limitazioni nell’esercizio dei diritti fondamentali, complicando la vita degli stessi immigrati regolarmente residenti».

La nuova legge «avrà una sola conseguenza: rendere la vita ancora più difficile a centinaia di migliaia di persone immigrate», dice Lucio Babolin, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza. «L’introduzione del reato di clandestinità – prosegue – segnerà duramente l’esistenza degli immigrati, che ora dovranno aver paura anche quando si rivolgono ai servizi sociali, alle strutture sanitarie, alla scuola». «Il provvedimento varato al Senato è un atto eversivo verso la civiltà del diritto espressa nella Dichiarazione universale dei diritti umani e nella Costituzione italiana», è il duro giudizio di Pax Christi. «Una bestemmia civile e cristiana così grande deve essere respinta da un’insurrezione nonviolenta».