Manutenzione dell’esistenza: di questo ci parla l’ennesimo disastro ambientale

di Fulvia Bandoli
da www.aprielonline.info

Dopoil terremoto dell Abruzzo ho proposto di rinunciare al Ponte sulloStretto e di destinare quei fondi, già approvati dal Cipe, alla messain sicurezza di scuole e ospedali e alla manutenzione idrogeologica delterritorio, lo ripropongo anche oggi, al Governo che annuncia che noncè una lira per il prossimo anno e a tutte le opposizioni che nondevono alzare la polemica e poi lasciarla cadere nel nulla. Ma noncredo che il punto siano solo le risorse, sbaglieremmo a pensarlo. C’èuna inadeguatezza dei governanti ( e purtroppo spesso coinvolge ladestra come la sinistra),una ignoranza inaccettabile rispetto ai temiambientali, e una “moda” diffusa che cataloga coloro che si occupano diecologia come catastrofisti e nemici dello sviluppo

Chi come me si occupa da oltre venti annni di ambiente sa benequanto sia stata finora non condivisa nei fatti la proposta di fardiventare la “manutenzione del territorio” la principale “grande” operapubblica della quale ha bisogno il nostro paese. Ho riletto in questeore tristi le cose che scrivevo quindici anni fa e potrei ricopiarleoggi, ma la rabbia più grande è quella di non essere riuscite/i ,noiche ci crediamo da sempre, a convincere le forze politiche nelle qualilavoravamo e i nostri amministratori locali a governare il territorioin modo ambientalmente sostenibile.

Dopo ogni tragedia ( e sonostate innumerevoli con un costo di vite umane – a proposito disicurezza- più alto di qualsiasi altra causa) tutti si appropriano per48 ore della parole e delle proposte degli ambientalisti, i giornali siriempiono di articoli che ci informano di quanto sia pericolosooccupare con manufatti le aree di esondazione,costruire abusivamente,ricoprire con cemento sempre più aree agricole, tombinare i torrenti,non fare le reti scolanti, non manutenere le fognature.

Così come dopoogni terremoto tutti scoprono che abbiamo 5000 scuole e 500 ospedali inarea sismica ma senza certificato di agibilità statica e dunquerischiosi per gli 11 milioni di persone che ogni giorno entrano inqueste strutture..per non dire del patrimonio edilizio abitativo (case) che andrebbe messo in sicurezza. Passate quelle 48 ore tuttotorna uguale a prima, spariscono gli allarmi e le proposte e si torna arapinare il territorio.

La classe politica italiana tutta, glieconomisti più più o meno quotati, le banche, il sistema delle impresema anche il sistema dell informazione non hanno saputo e voluto faredel nostro paese un paese più sicuro. Sono sessant’anni ( dalle primegrandi alluvioni) che sappiamo quali opere di manutenzione andrebberofatte e quali abusi non si dovrebbero compiere. Dopo il terremoto dellAbruzzo ho proposto di rinunciare al Ponte sullo Stretto e di destinarequei fondi, già approvati dal Cipe, alla messa in sicurezza di scuole eospedali e alla manutenzione idrogeologica del territorio, loripropongo anche oggi, al Governo che annuncia che non cè una lira peril prossimo anno e a tutte le opposizioni che non devono alzare lapolemica e poi lasciarla cadere nel nulla.

Ma non credo che ilpunto siano solo le risorse, sbaglieremmo a pensarlo, perchè ad esempiouna regione come la Sicilia ( a statuto speciale) ha avuto negli ultimitrenta anni una mole enorme di risorse rispetto ad altre e non li haspesi per mettere in sicurezza il territorio e la vita dei suoiabitanti. C’è una inadeguatezza dei governanti ( e purtroppo spessocoinvolge la destra come la sinistra),una ignoranza inaccettabilerispetto ai temi ambientali, e una “moda” diffusa che cataloga coloroche si occupano di ecologia come catastrofisti e nemici dello sviluppo.

Che i cambiamenti climatici siano cosa che ci riguarda,che diminuire leemissioni di CO2 sia indispensabile paiono idee fastidiose.E nessuno dicoloro che attaccano gli ecologisti pensa che vi sia,come invece diconogli scienziati di tutto il mondo,un collegamento stretto tra la manodell uomo e ciò che l ecosistema ci rimanda in termini di reazione adun uso dissennato di risorse limitate. Adesso si faranno trasmissionisulla rapidità o meno dei soccorsi, si alzerà la polemica, pernascondere tutte le crepe vere del nostro territorio, senza dire chequando interviene la protezione civile è già tardi e già tante vitesono state stroncate. E che quel che può fare questo servizio civile èsolo raccogliere più o meno bene i cocci e mettere toppe.

L’operapubblica della quale parlo ( la manutenzione e la messa in sicurezzadel territorio) avrebbe una durata almeno decennale ( meno comunque diquanto servirebbe a costruire il Ponte o altre centrali nucleari),coinvolgerebbe tante piccole e medie imprese edilizie che dovrebberoriconvertirsi alla manutenzione. La fragilità territoriale dell Italiaè un dato strutturale, intervenire dopo costa il doppio che prevenire.

Ma non nutro molte speranze a meno che non si cambi radicalmente ilmodo con il quale si pensano in Italia lo sviluppo e soprattutto illavoro. L’Italia a brandelli, allagata, rotta e crepata è lo specchiodel fallimento di una intera classe politica e questa classe politica èstata quasi esclusivamente maschile. Consiglio a tutte e tutti coloroche vorranno farlo di andare sul sito della Libreria delle Donne diMilano ( luogo storico del femminismo italiano) e di dedicare una mezzora a leggere un testo appena uscito che si chiama ” Immagina che illavoro”.

Si tratta di un testo forte e che contiene una buonaanalisi e qualche ottima intuizione. In sostanza quelle donne ci diconoche il lavoro futuro più che produrre altre merci sarà sempre di più “arte della manutenzione di tutte le sfere dell’esistenza umana” E chesiccome le donne già da decenni fanno due lavori “produttivo eriproduttivo insieme”, sanno da sempre cosa significhi manutenere unacasa,una comunità di persone giovani e vecchie, e forse, aggiungo io,saprebbero, loro si, fare della manutenzione del territorio unapriorità di intervento. Ho parlato prima del fallimento di una classepolitica intera che attraversa almeno tre generazioni ,ma tutte e tuttisappiamo che ai vertici della politica ci sono e ci sono stati quasiesclusivamente uomini,abbarbicati al loro posto, al loro potere,al lororuolo.

Una mia cara amica mi ha detto pochi giorni fa ” non chiediamoagli uomini di darci posti, chiediamo loro di farsi da parte”. Unanuova classe politica dirigente, a tutti i livelli, non può che partiredalla libertà e dalle forti competenze che tante donne hanno acquisitoin questi decenni. Se noi affideremo il futuro dell Italia nelle solemani degli uomini che finora l hanno diretta il risultato non cambierà.Non è un discorso separatista, è una semplice constatazione dellarealtà.

Come sulla violenza sessuale gli uomini devono prendereconsapevolezza del fatto che “non tutti i maschi sono stupratori matutti gli stupratori sono maschi” e che dunque è della loro sessualitàche si tratta, così sulla direzione della vita politica,sull’organizzazione della rappresentanza e della democrazia tutto èstato fatto dagli uomini a loro misura. E quella misura solo maschileoltre a non poter misurare un mondo di donne e uomini liberi ha portatoanche il nostro paese, la sua democrazia,il suo sviluppo alla paralisi.

Peroccuparsi di manutenzione dell esistenza in tutte le sue forme bisognaalmeno averlo fatto qualche volta, le donne lo fanno ogni giorno.