Pluralismo e legge bavaglio ovvero…

…”avete mai visto un pastore valdese a Porta a Porta”?

di Maria Bonafede
da www.ilfattoquotidiano, 6 luglio 2010

Ringrazio tutti, ma proprio tutti, degli interventi di reazione al mio primo post su questo Blog. Resto su un tema politico che io preferisco definire civile: la libertà di stampa, il bavaglio alle testate che pubblicano delle intercettazioni, lo scontro tra potere pitico e sistema dell’informazione. E lo faccio per dire che sono preoccupata soprattutto dell’idea che sta dietro i provvedimenti, tanto controversi, che si vorrebbero approvare in questi giorni: l’idea che la politica debba cercare protezione dalla prepotenza dell’informazione. La mia idea è opposta: l’informazione deve cercare protezione dalla prepotenza della politica.

La libertà di informazione – di un giornale di tendenza, di una radio locale, di una rivista di settore – è un presidio e un presupposto della democrazia e del controllo popolare sull’operato del sistema politico che in democrazia agisce per suo conto e per suo mandato. Insomma tra potere politico e informazione deve esserci assoluta autonomia perché la seconda deve esercitare un controllo sul primo: controllati e controllori, secondo uno dei principi fondamentali del liberalismo classico.

In realtà questo bel principio l’Italia lo ha accantonato da tempo dal momento che abbiamo evidenti esempi di soggetti pubblici che svolgono al tempo stesso la funzione di controllori e di controllati, attori che interpretano diversi ruoli in commedia. E’ una anomalia italiana che con ogni evidenza non fa bene alla politica e non fa bene all’informazione.

Ma c’è una seconda ragione di preoccupazione, che mi coinvolge come esponente di una minoranza qual è la chiesa valdese: il nostro paese ha un concetto debole di pluralismo tout court, per cui al massimo lo si interpreta in chiave di rassegna delle posizioni politiche su un dato argomento. E il pluralismo delle culture? E delle comunità di fede? Proprio perché sempre più sotto il controllo diretto della politica, grandi giornali e programmi televisivi ignorano ciò che si muove fuori dal Palazzo; citano mille volte che cosa ha detto l’On X e come ha replicato il partito Y ma raramente gettano un fascio di luce su ciò che si muove nella società, tra i movimenti, le minoranze, le piccole e le grandi comunità di fede diverse da quella maggioritaria in Italia.

Avete mai visto un pastore protestante a Porta a porta? Avete mai assistito a un dibattito sul testamento biologico in cui ci fosse un rabbino o un imam? Avete mai visto un grande giornale occuparsi dei movimenti evangelici o delle confraternite sufi? No, non è una dimenticanza, ormai è il frutto di una distorsione culturale che ignora ciò che si muove “a margine”, le realtà non clamorose; quelle che elaborano pensieri e sentimenti piuttosto che occupare rumorosamente la piazza.

Ecco perché sono preoccupata: perché così facendo spariscono le minoranze e i soggetti deboli. Nessuno ne parla e quindi non esistono. E chi se ne importa del pluralismo!