La rivoluzione dell’idrogeno

Sara Seganti
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La settimana scorsa, ad “Annozero”, è andata in scena l’ennesima discussione sul nucleare. Un esponente del governo cercava di difendere la scelta di annullare il referendum rinunciando, per il momento, a portare avanti la costruzione di nuovi centrali. La tattica è volta unicamente a depotenziare il voto in programma il 12 giugno: il governo ha paura che si raggiunga il quorum e il problema non sembra tanto essere il nucleare, quanto l’altro quesito, quello di rilevanza strategica per la sopravvivenza berlusconiana: il legittimo impedimento.

Serve però qualcuno che sostenga la causa e così, spariti dalla scena in seguito agli eventi giapponesi i più illustri sostenitori dell’atomo come Chicco Testa e Veronesi, si presenta un professore che espone il seguente raffinato concetto: “Le energie alternative sono un truffa! L’energia del sole non può essere usata di notte, quando il sole non splende”. Che tradotto significa: non esiste un metodo per immagazzinare l’energia alternativa in modo che sia accessibile sempre e possa sostituire le attuali forme di produzione e distribuzione dell’energia fondate sui combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) o sul nucleare. Tutto molto interessante. Peccato che non sia vero.

Il nostro professore dimentica, ad esempio, il solare termodinamico: una nuova tecnologia che da noi sta avendo grande sviluppo e che permette di trasformare l’energia termica in energia elettrica e, soprattutto, di conservare il calore prodotto dal sole in degli appositi serbatoi. Un’altra soluzione su cui in molti stanno puntando si chiama cella a combustibile e funziona a idrogeno. Certo, esistono problemi di costi, ma visto che su questi temi la disinformazione impera, vale la pena approfondire.

Jeremy Rifkin, noto economista e consulente di molte amministrazioni, nel libro “Economia all’idrogeno”, uscito ormai una decina di anni or sono, getta le basi di quella che lui stesso ha definito come la terza rivoluzione industriale, basata sull’idrogeno come soluzione per lo stoccaggio di energie prodotte senza combustibili fossili.

Rifkin, al contrario di molti pensatori filo-terzomondisti, non invoca un cambiamento nel nostro stile di vita né la cultura del risparmio energetico. La sua è una nuova concezione dell’energia diffusa sul modello del funzionamento della rete internet.

In questo Rifkin sembra avere il coraggio di operare un vero e proprio cambio di paradigma, così come lo intendeva Thomas S. Kuhn nella “Struttura delle rivoluzioni scientifiche”: quando non si è più in grado di risolvere e ridurre i piccoli problemi rompi-capo all’interno della struttura dominante e si è costretti a fare un salto rivoluzionario.

Rifkin, infatti, identifica l’era dei combustibili fossili con un modello organizzativo verticistico dato dagli ingenti investimenti necessari alla scoperta e allo sfruttamento delle varie forme di energia che hanno favorito la nascita di pochissime e colossali imprese dotate di poteri pressoché illimitati sui destini del mondo. Solo il cambiamento di questo modello produttivo e distributivo può essere fondamento di una nuova democrazia. E questo cambiamento per Rifkin si fonda sull’idrogeno.

I presupposti della sua teoria sono dati difficili da negare: il petrolio e tutte le riserve fossili diventeranno sempre più rari e difficili da estrarre provocando una crisi petrolifera, e questo processo, irreversibile, sarà accelerato dal continuo aumento della popolazione mondiale e della conseguente richiesta di energia.

L’idrogeno può rappresentare una soluzione a patto che si risolva il problema del suo isolamento. Si tratta del più semplice e diffuso elemento chimico presente in natura, ma non esiste in forma libera e deve essere estratto con il processo elettrolitico da fonti naturali.

Procedimento complesso, che oggi si riesce a realizzare con il solo utilizzo delle energie alternative (fotovoltaica, eolica idroelettrica e geotermica), a condizione che i costi di queste energie diminuiscano per renderle competitive. L’immagazzinamento dell’energia alternativa avviene grazie alle celle a combustibile, per l’appunto alimentate a idrogeno, che sono microimpianti energetici installati presso l’utente finale che entrano in funzione solo quando serve e non presentano controindicazioni per l’ambiente.

Oltre all’azzeramento dell’impatto ambientale, l’economia all’idrogeno può fondare un nuovo modello di produzione e distribuzione dell’energia nel quale ogni essere umano diventerà produttore, oltre che consumatore. Nasce così con Rifkin l’idea della generazione distribuita: milioni di microimpianti connessi in un’estesa rete energetica che utilizza i medesimi principi architetturali di progettazione del web, formando una rete in cui le persone condividono e scambiano energia fra loro da pari.

I rischi e le difficoltà sono in agguato: la rete elettrica così com’è stata costruita non prevede la possibilità di immettere un flusso in entrata e non è interattiva; non è in grado cioè di tenere conto delle variazioni della domanda. Inoltre, le multinazionali dell’energia cercheranno di mettere le mani sulla produzione e distribuzione dell’idrogeno per garantirsi maggiori profitti, proprio com’è avvenuto con internet: i centri di potere difficilmente saranno disposti a vedere ridimensionata la loro influenza.

Ma prima ancora di organizzarsi collettivamente per tutelare l’idrogeno dalle speculazioni, bisognerà superare le polemiche sulla sua sicurezza. Secondo Rifkin l’idrogeno non è più pericoloso della benzina, anzi invece di contaminare il terreno, l’idrogeno al contatto con l’atmosfera si disperde nell’aria, ma la questione non è chiusa.

Questa rivoluzione energetica dell’idrogeno diffusa e rispettosa dell’ambiente, unita alla rivoluzione della conoscenza basata su Internet potrebbe minare le basi del capitalismo contemporaneo, restituendo al singolo un potere oggi nelle mani dell’oligarchia energetica.

I principi della diffusione, dell’accesso, della rete, sono i fondamenti di un nuovo modello che Rifkin intreccia in una teoria affascinante, cui va riconosciuta l’ambizione dei sistemi filosofici, quelli di cui abbiamo tanta nostalgia. Per renderla realtà servirebbero studi, analisi e investimenti. Tutte cose alle quali evidentemente questo governo, che ha appena promulgato il decreto detto ammazza-rinnovabili, preferisce l’esimio professore atomico.