Enzo Mazzi: la sua scelta per una chiesa altra di M. Vigli

Marcello Vigli

Della morte di Enzo Mazzi hanno scritto in molti su diversi giornali. Anche alcuni programmi televisivi hanno fatto la loro parte. Buono il servizio su Rainews24. Non serve sottolineare che avrebbe meritato la stessa e forse maggiore attenzione quando era in vita.

Alcuni hanno ricordato il suo impegno sociale e politico rilanciando le sue puntuali analisi e concrete proposte, altri hanno sottolineato il suo ruolo nella nascita e nello sviluppo del movimento delle Comunità cristiane di base, nella radicale svolta, cioè, impressa nel modo di fare Chiesa.

Lo si è ricordato, a ragione, Nel solco di quella esperienza comunitaria che Enzo Mazzi considerava essenziale. Come una bussola che lo ha guidato per una intera esistenza ed anche nella sua presenza attiva, ma discreta, alle riunioni, faticose e talvolta inconcludenti, del Collegamento nazionale delle Cdb che hanno, però, consentito alle loro esperienze comunitarie di superare la crisi di quella stagione di sovvertimento dal basso al cui interno, nel lontano sessantotto, esse avevano mosso i primi passi.

Certo ha contribuito a tale superamento la tenacia di quelli che hanno resistito agli interventi repressivi della gerarchia e non hanno ceduto allo sconforto dell’isolamento mediatico, a cui le hanno relegate le forze politiche democratiche, che pure avevano profittato delle loro autonome  scelte elettorali, e gli intellettuali “conciliari”, teologi e non.

Questi ne diffidarono perché avevano colto la loro funzione dirompente nei confronti di quel timido “aggiornamento” della Chiesa tentato da Paolo VI  che molti consideravano l’unica possibile forma per “continuare” il Concilio Vaticano II.

La storia degli ultimi due pontificati li ha clamorosamente smentiti: una riforma affidata alla gerarchia non poteva che diventare una controriforma!

La scelta delle Comunità non fu, però, solo quella di dissentire da quella linea; anzi, senza limitarsi a dissociarsi da essa, si assunsero la responsabilità di sperimentare una via alternativa.

A quella scelta Enzo ha dato un contributo determinante non scrivendo un trattato di teologia, ma con un gesto emblematico, che pochi ricordano, pieno di contenuto teologico.

Chiamato a Roma in Vaticano con gli altri due preti della parrocchia per tentare la conciliazione, che non era stata possibile a Firenze per l’intransigenza del cardinale Florit, ma che pur molti auspicavano per la notorietà assunta dal caso Isolotto, aveva rifiutato di partecipare all’incontro se non fosse stata invitato all’interno di una delegazione della Comunità parrocchiale.

In quel gesto clamoroso che non era solo una disobbedienza, tanto meno una bizzarria, c’era una traduzione efficace delle tante parole che, ispirate alla nuova definizione di Chiesa Popolo di Dio enunciata dal Concilio, in quel tempo si andavano dicendo in convegni e scrivendo in trattati teologici: non ci può essere una adesione, un’adesione di fede al cristianesimo, se non all’interno di una comunità di credenti.

Enzo l’aveva predicato convincendo i suoi parrocchiani e non ha voluto smentirsi.

Le Comunità sono chiesa non l’istituzione e questa deve essere modellata alle loro esigenze.

A questo punto della storia, in cui la proclamata uguaglianza degli uomini esige democrazia come forma di aggregazione politica, è fuori tempo una chiesa gerarchizzata.

A sviluppare quella intuizione teologica Enzo ha poi dedicato la sua vita aggiornandola giorno per giorno in una ecclesiologia sviluppata con la partecipazione attiva alla vita della Comunità dell’Isolotto e del movimento delle cdb

Lo ha fatto senza venir meno al ruolo di cittadino consapevole nella vita sociale politica, ma soprattutto con grande senso critico ben sapendo di esercitare una funzione di guida dalla quale, come ha confidato a Vittorio Bellavite, cercava di tirarsi indietro perché la comunità deve poter fare a meno di ruoli troppo forti, come quelli che ho avuto io.

Non si è tirato indietro si è solo messo da parte per ricordare a tutte e tutti l’impegno a continuare.

Roma, 29 ottobre 2011