Il ventennio dell’arabesco

Roberto Saviano
Repubblica, 14 novembre 2011

Esisteuna parola che più di tutte descrive ciò che il governo Berlusconi è stato per l’Italia, ciò che lo ha davvero caratterizzato in senso politico ed economico, questa parola è immobilismo. Negli ultimi venti anni non è successo niente per il Paese. Non una delle riforme promesse nel 1994 e che avrebbero contribuito a scongiurare la crisi che ora l’Italia sta vivendo, è stata fatta. Ed è evidente che dove non sono riusciti gli elettori, dove non sono riuscite le opposizioni, dove non è riuscita la stampa, dove non sono riusciti gli intellettuali, è riuscito il mercato. Ironia della sorte, proprio Silvio Berlusconi, che si è sempre vantato di aver creato un impero dal nulla, di aver incarnato il sogno americano del self-made man, che si è sempre considerato campione di numeri e denaro, è stato sopraffatto dove si sentiva onnipotente, in quello che ha sempre detto essere il suo stesso elemento: dal mercato. È stato commissariato da un’economia che della sua gestione non poteva più fidarsi.

Ennio Flaiano diceva: in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco. I vent’anni di governo Berlusconi sono stati un arabesco: la linea più lunga possibile tra il vecchio e il vecchio che si vestirà di nuovo. Quante bugie in questi venti anni, quante mistificazioni. Dalle false, umili origini, perché in lui l’italiano medio potesse identificarsi, alla menzogna più grande di tutte, passata di bocca in bocca e progressivamente svuotata di ogni significato, secondo cui un uomo che ha creato un impero, che è ricco e a capo di aziende floride – o che floride apparivano – non ha bisogno di rubare, di sottrarre denaro pubblico al Paese, come avevano fatto i partiti nella prima Repubblica. Un sogno fondato su menzogne ed equivoci perché, fatti fuori i padrini politici, occorreva che Berlusconi prendesse in mano la situazione. Del resto lui stesso ripeteva che il suo ingresso in politica avveniva per tutelare i suoi interessi. Suoi personali e delle sue aziende.

Ed è esattamente quello a cui abbiamo assistito nei venti anni in cui è stato protagonista indiscusso della scena politica italiana. Gli incarichi istituzionali sono divenuti strumento di realizzazione di affari privati. Gli stessi capi di Stato stranieri, che negli ultimi anni gli sono stati più vicini, non sono altro che soci. Dal gas di Putin: gli affari energetici russi rappresentano il 70% delle esportazioni verso l’Italia e la stessa Hillary Clinton ha avanzato dubbi sulla natura affaristica delle convergenze politiche tra Berlusconi e Putin, all’imbarazzante amicizia con Gheddafi: dal giugno 2009 la Lafitrade della famiglia Gheddafi e la Fininvest, tramite la controllata lussemburghese Trefinance, sono i veri proprietari della Quinta Communications di Tarak Ben Ammar. L’affare con la società tunisina, in cui Lafitrade ha il 10% e Fininvest il 22%, ha aperto la strada al riciclo occidentale, a partire dall’Italia, di una massa voluminosissima di petroldollari di Gheddafi, valutata 65 miliardi di euro.

Nessuna legge per l’Italia, solo leggi per lui. E non che gli mancassero i numeri in Parlamento. Ha avuto, e per molto tempo, una maggioranza incredibilmente forte che gli avrebbe consentito di attuare le riforme promesse, che lo avevano consacrato – all’indomani della sbornia seguita al terremoto giudiziario che ha distrutto i vecchi partiti italiani all’inizio degli anni ’90 – l’uomo nuovo, il vento nuovo, il campione di quel riformismo liberale che lui contrapponeva alla stagnazione delle sinistre incapaci di trasformarsi. Non la riforma della giustizia, non quella delle pensioni, nessuna prospettiva per le nuove generazioni vittime, viceversa, di una nefasta deregolamentazione del mercato del lavoro che ha portato con sé una precarizzazione finalizzata solo a favorire le aziende, legittimate ad adottare un sistema di sfruttamento dei lavoratori, che non prevede alcuno spazio per la formazione.

In Italia il settore pubblico è allo sfascio, la sanità non ha standard degni dell’Europa, la scuola e l’università arrancano. Le spese per la nomenclatura militare deliberate dal ministero della Difesa – presieduto in questi anni da un ex (ma non tanto, come ama ripetere) fascista, Ignazio La Russa – hanno umiliato, deriso, lo stato di abbandono nel quale versa la ricerca scientifica nel nostro Paese. Il Parlamento è stato per anni impegnato a discutere, emendare e votare leggi ad personam e leggi, come le abbiamo definite, ad aziendam. E il mondo nuovo che Berlusconi aveva promesso è diventato un mondo vecchio, più vecchio di quello che lo ha preceduto. Il sogno liberale è divenuto un incubo di “lacci e lacciuoli”, quelli dai quali prometteva di liberare gli italiani e che invece ha solo contribuito a stringere più forte, come in una morsa. Il governo che verrà avrà l’arduo compito di attuare le riforme economiche che potevano essere pensate e discusse con le parti sociali nei passati venti anni e che invece strozzeranno l’Italia nei prossimi mesi, come un boccone troppo grande, da ingoiare comunque, poiché la necessità poco spazio lascia al contraddittorio politico.

L’Europa si fida di Mario Monti e ciò potrà dare ossigeno all’economia italiana. Ma se davvero toccherà a lui raccogliere il testimone, dovrà fare scelte difficili che, la storia italiana lo dimostra, non saranno premiate. Formare il nuovo governo sarà infinitamente più facile che farlo resistere, nelle insidie dei prossimi giorni, settimane, forse mesi. La lenta e ingiustificabile agonia inflitta nell’ultimo anno del berlusconismo, in uno con la pratica dell'”acquisto” di parlamentari dell’opposizione, nel tentativo disperato di puntellare una maggioranza politicamente inesistente, ha prodotto la paralisi del Parlamento e ha favorito la formazione di numerosi centri di potere all’interno del partito del padrone, il Pdl.

Nella prima Repubblica si sarebbero chiamate correnti e, forse, non è un caso che uno degli uomini chiave del tracollo berlusconiano sia stato un esponente simbolo della corrente andreottiana, Paolo Cirino Pomicino, ministro delle Finanze in epoche scellerate, di vacche grasse e irresponsabilità diffusa. Tutti questi piccoli potentati non rispondono più al vecchio capo e il Pdl non è più un partito coeso, dato che lo stesso suo fondatore Berlusconi è pronto a disfarsene; uno scenario grottesco, nel quale ognuno pare essere pronto a sabotare il percorso del governo Monti, per guadagnare un posto al sole, una visibilità perversa. Il governo che dovrebbe nascere nelle prossime ore potrà morire da un momento all’altro. E ciò accadrà nonostante lo sforzo del presidente della Repubblica, che nel pieno rispetto delle sue prerogative costituzionali, ha condotto il Paese con spirito saldo.

Del resto, anche se l’uomo Berlusconi sembra finito, il berlusconismo non è ancora morto. Sta lì, paziente, aspettando di risorgere, pronto a dire “senza di me è stato peggio”. I suoi protagonisti aspettano di speculare sui momenti difficili che l’Italia vivrà, fingendo di non esser stati anche loro a generarli. Già adesso, alcuni surreali ex neo-con e ora neo-keynesiani (alla bisogna) maître a’ penser mistificano la realtà, difendendo l’indifendibile e reclamando libere elezioni, ovviamente senza spendere una sola parola sulla legge elettorale in vigore, dalla stessa uscente maggioranza introdotta e significativamente definita, dal suo medesimo estensore, porcellum. L’impressione è che, ancora una volta, ci sia spazio per tutto tranne che per il talento e per la volontà di ricostruire davvero un Paese che più ancora che economicamente è piegato nel morale, nella fiducia e nella speranza che si possa tornare a essere felici e realizzati senza dover andar via. In Italia ancora una volta il rischio è che si faccia piazza pulita perché si possa più agevolmente tornare indietro.

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IL VENTENNIO CLERICAL-SFASCISTA

Marco Comandè
www.italialaica.it

13.11.2011 – Sembrerebbe arrivato il momento di fare un bilancio del ventennio clerical-sfascista. Ho coniato questo ironico sberleffo per evitare i ripetuti rinvii al Nerone che muore sotto la Roma incendiata, al Re Sole, al Craxi della prima Repubblica.

Sul piano politico, l’annotazione di rilievo è stata l’altalena dei mercati alle voci di dimissioni. Parrebbe aver tifato contro. Tuttavia mi sembra che non abbia sempre fatto il tifo. Lo spartiacque è stato il taglio alle pensioni di anzianità. Quando le borse hanno visto che prevaleva il veto della Lega, hanno capito che il Cavaliere non avrebbe fatto più nulla per salvare il Paese dai propri interessi ad personam.

Vorrei riempire, adesso, una lacuna al generale De Profundis. Quale influenza ha avuto la lobby di Comunione e Liberazione nel generale degrado istituzionale? Mentre assisto alla Notte della Seconda Repubblica, non posso fare a meno di riandare a due date vicinissime: 2006, vince Prodi con la legge Porcellum, l’appello di Cardinal Ruini & Company fu lapidario, “Mamma mia, c’è da preoccuparsi con un Parlamento pieno di Comunisti e Transessuali!”; 2008, vince Berlusconi con la medesima legge, Benedetto XVI si mostrò entusiasta, “Esprimo grande gioia perché finalmente il Parlamento ha una maggioranza stabile!”.

Apriti cielo! Dov’è finita la vecchia, buona diplomazia? Il Vaticano è uno Stato straniero, che vige in Terra straniera (naturalmente non la Terra promessa). La battuta del diplomatico è ormai un luogo comune: “E ricordatevi che se dice sì vuol dire non lo so, se dice non lo so vuol dire no, se dice no allora non è un diplomatico!”. In quanto frasi dette da nunzi diplomatici, avrebbero dovuto essere più moderate: “Auguriamo a Prodi un buon governo dell’economia e della giustizia sociale, che si apra al dialogo con il Vaticano!”; “Auguriamo a Berlusconi un governo meno propenso all’eugenetica liberista e più attenta ai valori tradizionali, che si coniughino con il dovere di solidarietà verso gli extracomunitari!”.

Se invece ascoltiamo le sparate che sappiamo, capiamo subito che dei potentati stranieri non si nascondono sotto il galateo diplomatico nell’esprimere un giudizio su governi italiani.

Non è l’unico incidente di percorso. Non posso non ripensare al Concordato del 1984 tra il padre spirituale di Silvio (un tal Bettino) e la Santa Sede. Non c’è bisogno di essere di sinistra per dichiarare come Forza Italia sia stata la continuazione del Partito Socialista, nei suoi andazzi, interessi clientelari mascherati da aiuti all’imprenditoria. Il Vaticano sotto il segno craxian-berlusconiano è stato molto diverso rispetto al Concilio secondo. Proprio un voltafaccia. Se ne deduce che la predicazione clericale non è quel monolitismo fedele ai vangeli, bensì si lascia influenzare dal corso della Storia. Gli anni Cinquanta erano del boom, in una visione positivistica e nemica della dittatura nazista, pertanto c’è stato l’auspicato rinnovamento democratico. Gli anni Settanta sono stati gli anni delle ristrettezze economiche, pertanto nella generale corsa a salvare il salvabile la Santa Sede ha garantito l’appoggio al craxismo edonista (la Milano da bere) in cambio di una rinnovata concessione di privilegi (otto per mille). Si prosegue nella Seconda Repubblica con il patto scellerato tra Ciellini e Piduisti.

E adesso? Il discorso è sempre lo stesso: attendo il giorno in cui umilmente il nunzio apostolico varca il Parlamento per chiedere di essere ascoltato e negoziare con trasparenza i propri diritti, alla pari con le altre religioni e nel rispetto della Costituzione laica bistrattata.

Mentre scrivo, penso alla catena di immagini televisive dedicate alla caduta dell’Impero orwelliano. Mi domando quale effettivamente simboleggi l’evento epocale della fine della Seconda Repubblica.

Gruppi di facinorosi circondano Palazzo Quirinale gridando slogan insultanti, in attesa dell’arrivo del Grande Comunicatore. Era atteso per le venti e trenta, ma in quel minuto il cronista annuncia: “No, non è ancora arrivato!”. Il potere è duro da lasciare.

A mezzanotte escono i titoloni dei giornali. “È la fine di un regno!” “Silvio esce con onore!”. Decisamente una figura polarizzante. E la associo al personaggio cui si è soffermato il libro del vaticanista Marco Politi sugli errori di Benedetto XVI. L’introduzione del volume è spiazzante: “Ratzinger non doveva essere eletto! Quella figura è polarizzante, può suscitare solo amore od odio, spaccare la comunità cristiana tra amici e nemici. Invece un Papa rappresentativo dovrebbe essere ammirato da più di due terzi della comunità!”. Questo è un altro legame invisibile tra i due, l’Unto del Signore e il Pastore Tedesco.

Ma è la terza immagine a colpirmi maggiormente. Viene da fuori Roma, più precisamente da Atene. È stato varato il Governo di Unità Nazionale. Lo guiderà Papademos, che non è un Papaboys, occhio a non lasciarsi trarre in inganno dal nome! Ripeto: non lasciamoci ingannare. Avete notato chi lo circonda mentre è nei Palazzi laici del Potere? Mentre firma, mentre presta giuramento? Potrei sbagliarmi, ma non è lui, il Pope ortodosso? La commistione tra potere temporale e spirituale è pericolosa, il Vaticano e il Sultanato islamico sono solo la punta dell’Iceberg del fondamentalismo al potere.

È questa presenza imbarazzante a raffigurarmi il simbolo pericoloso del clerical-sfascismo. Le religioni maggioritarie che si ergono al di sopra degli scranni del Parlamento e dettano l’agenda delle due Camere, questa legge sì, questa va modificata, questa non va, questa è relativista.

Non è un’immagine già vista? La legge 40 sulla fecondazione assistita? Il Non Possumus dell’Avvenire contro i Dico del ministro Bindi? L’inefficacia dell’articolo 32 della Costituzione nel caso di Eluana?

Rendere inapplicato uno degli articoli della Carta, sarebbe stato un precedente pericoloso. Il Premier Clericale aveva già varato altre norme incostituzionali che si sarebbero avvalse del nuovo metodo interpretativo della Costituzione: “quello che non mi piace è un articolo comunista!”. Infatti la Corte Costituzionale era ed è comunista!

Dal punto di vista laico, la biografia di quest’uomo al Potere va arricchita di questi episodi.

Ma, un momento, non vi pare di aver già colto in fragranza di reato (attentato alla Costituzione) in altri atti parlamentari? Il metodo usato per adattare la Costituzione alla leggi Ad Personam, vale sia per la fecondazione assistita che per la contrattazione sindacale et altro.

Cos’è stato questo ventennio, se non una sfilza di decreti emanati al di sopra del Parlamento? Una politica non polarizzata su una figura politica (l’Unto del Signore), avrebbe ricercato una mediazione tra le varie correnti che rappresentano il Paese. Invece no, qua sta la libertà, là stanno i comunisti scomunicati. Se il Parlamento non conta più nulla, allora i decreti sono obbligatori per scardinarlo.

Non si negozia! Non l’ha gridato Benedetto XVI, ma l’altro tiranno. Con i sindacati: vediamo di comprarci i loro leader, così ci faranno passare il licenziamento! Con la sinistra: quante volte è saltata la legge sul conflitto d’interessi, in nome di accordi mai venuti alla luce? Con le istituzioni: il rifiuto di dimissioni di Bini Smaghi dalla BCE, il rifiuto di Bossi di tagliare i privilegi del Nord, il rifiuto di seguire le norme costituzionali sui processi penali.

Berlusconi e Benedetto XVI sono due figure polarizzanti, tanto più nocive in quanto cercano di sopravvivere in un mondo che cambia. Ma, aspettate! Non cogliete oltre oceano vasti echi di assolutismo? “Bene assoluto”, “Male assoluto”, “Morale assoluta”. Non ascoltate le chiacchierate del Tea Party? Le tasse non si toccano, mai e poi mai. L’esperienza del liberismo è fallimentare e loro si rifiutano di tenere conto dell’esperienza. Una vena di fondamentalismo conservatore, il Bush anti aborti, il Papa anti relativista, il Silvio anticostituzionale.

Eppure c’era qualcuno che ci aveva avvertiti, in passato! L’illuminismo tanto disprezzato ci ha regalato un capolavoro letterario, “La democrazia in America” di Tocqueville. Nell’ammirazione di tutto quello che è sinonimo di libertà, uguaglianza, parlamentarismo, giustizia, l’illuminato scrittore ci ha messo in guardia da un pericolo proveniente dal seno dell’America democratica. Si chiama “dittatura della maggioranza”. Una maggioranza che, essendosi insediata legalmente, essendo radicata nel cuore delle istituzioni, può nascondersi sotto la facciata del rispetto delle istituzioni per fare i propri comodi. Maggioranza che, in Italia, si chiama Cattolicesimo.