Scuole cattoliche, Zaia ai vescovi «Mettiamo in mora lo Stato»

Sara D’Ascenzo
http://corrieredelveneto.corriere.it/ 14 novembre 2011

La Regione alza il tiro con lo Stato centrale. E nel giorno di massimo assedio del mondo delle scuole paritarie del Triveneto a Roma e alla Regione per avere i fondi necessari a non far tracollare il sistema delle scuole cattoliche in Veneto, il governatore annuncia una doppia strategia di smarcatura e di attacco a Roma: messa in mora dello Stato per i fondi alle paritarie con ricorso eventuale alla Corte Costituzionale e ricorso contro il Patto di Stabilità. Ce n’è abbastanza per capire che i ricorsi di agosto contro i ticket non sono figli unici e che la Regione ha decisamente voltato pagina con l’ex governo amico e soprattutto col futuro governo tecnico. La scintilla è stata l’agitazione che si respirava sabato mattina nell’auditorium della Cassamarca nella tenuta di Ca’ Tron a Roncade, dove i vescovi del Triveneto avevano arruolato oltre duemila persone per far salire ai più alti gradi la protesta del mondo cattolico, soprattutto veneto, contro un sistema di finanziamenti che sta strozzando le scuole paritarie della regione.

Il grido al governatore Luca Zaia arriva in faccia in «mondovisione »: «Siamo alla fine, presidente! Perché dobbiamo essere sempre noi a pagare?». Sono mesi che a ogni occasione pubblica genitori, insegnanti, laici e religiosi delle scuole paritarie venete assediano Zaia (e i suoi assessori) sui fondi necessari al «sistema veneto» delle scuole religiose per continuare l’attività didattica. E sabato, nell’atmosfera surriscaldata di Ca’ Tron, il presidente del Veneto ha piazzato la sua difesa con annesso attacco al governo centrale: «Mettiamo in mora lo Stato sui fondi alle paritarie del Veneto: diamogli trenta giorni e vediamo se ci sono anche gli estremi per un ricorso alla Corte Costituzionale. I genitori hanno diritto a scegliere, e una scuola aperta a tutti è compito della Repubblica. In questi 18 mesi di governo abbiamo dovuto far fronte alla crisi, non si possono disconoscere gli altri problemi: 142mila persone senza occupazione, 2 giovani su 4 sotto i 30 anni che non studiano e non lavorano: abbiamo cercato di garantire a tutti lo stipendio. Abbiamo anche fatto una delibera sul pensare a ricorrere contro il patto di stabilità».

In particolare, la giunta ha incaricato il costituzionalista Mario Bertolissi di valutare se ci siano gli estremi (e pare che gli estremi ci siano) per fare un ricorso contro premi e sanzioni del patto di stabilità contenuti nel decreto 149 del 2011. Il teatro dello sfogo del governatore è stata la II Conferenza sulla scuola libera e paritaria e formazione professionale organizzata dai Vescovi del Triveneto. Uno «sfogatoio» delle realtà scolastiche paritarie di Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia sotto l’occhio preoccupato dei vescovi, che in questi mesi hanno dovuto far fronte con economie e appelli al taglio dei fondi o al ritardo registrato nell’ottenerli e che ora sono arrivati al capolinea delle richieste: «La legge che istituiva le paritarie doveva costituire una tappa, non un punto d’arrivo del sistema», ha tuonato monsignor Mariano Crociata, Segretario generale della Cei. Dalla platea il pasdaran don Carlo Velludo se n’è uscito con una «messa in mora anche alla Regione» e i vescovi presenti non hanno reagito in modo così entusiasta alla mossa di Zaia.

«Mi manca la competenza, Zaia ha fatto un’avance piuttosto ardita. Le competenze sono diverse, ce n’è una più culturale e religiosa che attiene a noi, una più politica ed economica che attiene a loro», ha detto il vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. «Bisogna sentire i giuristi—ha detto monsignor Gianfranco Agostino Gardin — non sono la Corte Costituzionale. Ognuno fa la sua parte e ognuno porta le sue ragioni. Le famiglie sono già spremute come limoni e la Chiesa cosa può fare? Vendere le chiese?». Mentre più preciso è monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza: «Mi sarei aspettato una condivisione dell’orizzonte di monsignor Crociata sul significato della pluralità e della libertà dell’insegnamento, lasciando allo Stato le indicazioni sui contenuti. Invece in questo momento di difficoltà diamo sempre agli altri la responsabilità delle cose».