In India cavie umane inconsapevoli per aziende farmaceutiche

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Vittime quasi mai ricompensate, povere e spesso analfabete, alle quali il loro medico aveva mostrato, senza leggerglielo, un modulo scritto in inglese. Lo scrive L’Independent.

Benvenuti in India, nuova frontiera delle cavie umane usate dalle grandi ditte farmaceutiche occidentali per testare medicinali, in un’industria della ricerca che solo nel Paese asiatico vale 189 milioni di sterline. Da quando l’India ha allentato le regole sugli esperimenti umani nel 2005, il settore ha subito un incremento esponenziale, dando origine ad un nuovo ‘colonialismo’ della ricerca nell’ambito del quale oltre 150.000 persone oggi partecipano ad almeno 1.600 test clinici per conto di colossi farmaceutici come Pfizer, Merck e AstraZeneca.

Tra il 2007 ed il 2010 – riporta l’Independent – almeno 1.730 persone sono morte durante o dopo aver preso parte ad uno di questi esperimenti. Sebbene sia difficile stabilire se siano morte proprio a causa dei test ai quali erano sottoposte – molte di loro erano infatti già malate – è impossibile anche affermare il contrario, in quanto sono stati gli stessi medici che conducevano l’esperimento a determinare se vi fosse un legame tra la sostanza testata e il decesso.

Qualche mese fa, il ministro della Sanità indiano Ghulam Nabi Azad ha dichiarato al parlamento indiano che 10 farmaceutiche straniere avevano versato compensi ai famigliari di 22 individui morti durante o dopo esperimenti clinici nel 2010. Gli indennizzi ammontavano in media a soltanto 3.000 sterline per persona. “Gli indiani vengono sfruttati dalle società farmaceutiche che poi guadagnano milioni vendendo i medicinali in Occidente. Usano indiani analfabeti e poveri che non potranno mai permettersi queste medicine”, ha detto al giornale Chandra Gulhati, un medico in pensione che dal suo officio a Delhi ora sta raccogliendo dati sugli esperimenti nelle diverse regioni dell’India.

Molti dei partecipanti agli esperimenti ha dichiarato di aver acconsentito semplicemente perchè il loro medico glielo aveva consigliato. Nel caso di centinaia di ragazzine minorenni, i genitori, provenienti da aree tribali del Andhra Pradesh, non erano stati informati che alle figlie sarebbe stato somministrato un vaccino contro il papillomavirus, il Gardasil.“Nessuno è venuto a chiederci il permesso”, ha raccontato il padre di Sarita Kudumula, una ragazzina di 13 anni morta alcuni giorni dopo che le era stato iniettato il vaccino.

Un’inchiesta del governo non ha trovato collegamento tra il vaccino e la morte ma il fatto che sia stato somministrato senza il consenso dei genitori, ha concluso, rappresenta comunque una “grossa violazione delle norme etiche”. Stessa storia a Indore, dove nell’ospedale pubblico ci sono stati 81 casi di reazioni avverse a farmaci utilizzati in esperimenti. “Per noi un medico è come un dio”, ha affermato Ajay Naik, il cui figlio Yatharth ha sviluppato alcune macchie bianche sul corpo dopo un esperimento. “A mia moglie avevano detto che era un nuovo vaccino che costava 8-10.000 rupie ma che a noi sarebbe stato dato gratis”.