“Avvenire” e i vescovi raccontano l’ICI. Ma i conti non tornano…

Valerio Gigante
Adista n. 97/2011

Dopo le parole prudenti del card. Angelo Bagnasco («La Chiesa paga l’Ici. Occorre dirlo, visto che si parte sempre dall’assunto contrario. Eventuali casi di elusione relativi a singoli enti, se provati, devono essere accertati e sanzionati con rigore»), passata la fase più acuta della bufera, sulla questione dell’esenzione Ici, e più in generale sui privilegi ecclesiastici, per la Chiesa cattolica è ora di passare all’attacco. E di rintuzzare una ad una le accuse comparse sulla stampa e sui media radiotelevisivi nelle ultime settimane.

«Sul tema Ici-Chiesa è stata fatta una campagna un po’ mistificatoria. La Chiesa paga l’Ici come parrocchie e come diocesi», ha affermato l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, a margine dell’incontro di Natale con i giornalisti torinesi. In diocesi, ha aggiunto Nosiglia, «paghiamo milioni di euro, dove ci sono lasciti e donazioni, insomma dove c’è un profitto. Non paghiamo invece l’Ici sul tipo di immobili che, anche per altre associazioni laiche, non sono soggetti all’imposta». Poi l’arcivescovo di Torino rilancia: «Ho chiesto ai parroci di specificare nel prossimo bilancio, alla voce “tasse”, la spesa per l’Ici: così si capirà che la paghiamo».

Più spicce le dichiarazioni di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che nella sua settimanale rubrica sul settimanale Oggi (n. 52), dice a chiare lettere: «Se si vuole cambiare la legge, il Parlamento lo può fare. Ma fino a che l’attuale norma è in vigore, ogni protesta tesa a delegittimare l’azione della Chiesa con la consapevole, errata presentazione dei fatti, è ugualmente un reato da perseguire». Ma Fisichella va oltre. Scrive infatti: «se non ci fosse la Chiesa a rispondere ai bisogni di cui lo Stato dovrebbe occuparsi e non lo fa, l’Ici non sarebbe più il loro primo problema. L’onestà, in questo caso intellettuale, deve essere una dote comune. Creare sospetti e dubbi con la cattiva informazione è deplorevole, chiunque ne sia responsabile».

Ma il dibattito sull’Ici si sposta anche nelle diocesi. E i vescovi, in questi giorni, hanno deciso di parlare all’opinione pubblica attraverso la stampa laica locale.

Sulla Gazzetta di Mantova, il vescovo della città, mons. Roberto Busti, sceglie la strada delle cifre e, in un’intervista rilasciata il 22/12, “apre” il libro contabile della diocesi. E spiega: «Non è vero che “basta avere una cappellina” per non pagare. La diocesi è proprietaria di un albergo (modesto, ma ben tenuto) a San Martino di Castrozza, da sempre dotato di cappella con tanto di presenza eucaristica; da sempre paga l’Ici e le imposte sui redditi. Che si stia svolgendo un attacco in malafede, lo suppongo e lo valuto da molte segnalazioni risultate poi false; ma, sapendo di dove vengono, dubito che ci si voglia fermare qui».

«Lo posso affermare con assoluta certezza», assicura Busti: «l’Ici viene pagata su tutti i beni messi a reddito. Su quelli gestiti dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero abbiamo versato quest’anno 352.063 euro. Diocesi e parrocchie hanno invece prevalentemente beni utilizzati per il culto e la pastorale. Laddove (in pochi casi) ci siano immobili della diocesi o delle parrocchie soggetti all’Ici, questa viene regolarmente versata. Per offrire qualche numero: la diocesi ha versato 11.655 euro e le parrocchie hanno complessivamente pagato per l’imposta comunale sugli immobili 36.538 euro».

Tempo di cifre anche per il vescovo di Vicenza, mons. Beniamnino Pizziol, che le snocciola sul Giornale di Vicenza (21/12): «Quando è scoppiata la polemica, ho chiamato l’economo e ho chiesto di verificare subito la situazione della Diocesi di Vicenza e di tutte le sue strutture. Oggi mi è arrivata anche la posizione dell’Istituto per il sostentamento del clero, ecco ce l’ho qui: nel 2011 paga 114 mila euro di Ici, 7 mila di Irap e 149 mila di Ires. La Diocesi paga tutto quello che deve. Se c’è qualche istituzioni che fa attività commerciale e la fa apparire come attività legata al culto va perseguita e, anzi, chiedo di segnalarla».

Stessa linea la Curia di Ferrara. A farsi intervistare sul tema Ici dal quotidiano locale, la nuova ferrara (12/12), è mons. Danilo Bisarello, direttore dell’uffico amministrativo diocesano ed economo del seminario: «La Chiesa cattolica ferrarese paga regolarmente l’Ici su quegli immobili non destinati esclusivamente al culto. Può girare a testa alta e non si sente toccata dalle invettive di questi giorni».

In particolare, «nel 2011 la diocesi di Ferrara-Comacchio ha versato complessivamente oltre 200mila euro di Ici ai vari Comuni. Solo il seminario arcivescovile quest’anno ha pagato 43.294 euro per immobili a Ferrara, mentre a Comacchio l’imposta è stata di oltre 10mila euro. A questi si devono aggiungere i pagamenti dell’Ici per gli immobili dell’ente Diocesi per quasi 50mila euro. Delle 171 parrocchie, una cinquantina beneficia di immobili a uso non di culto, per cui su questi pagano un’Ici annua di circa 26mila euro e oltre 74mila dall’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero».

Per la diocesi di Reggio Emilia a parlare è invece il vescovo ausiliare, mons. Lorenzo Ghizzoni: «Per le attività commerciali e per gli ambienti dove esse si svolgono – dice – paghiamo già l’Ici e le altre imposte, dove le leggi lo prevedono, ma abbiamo bisogno di quegli aiuti e agevolazioni che sono previste per arrivare al pareggio dei bilanci delle altre attività: del resto sono riconosciute come necessarie da tutti. Questo vale per realtà importanti come le Case della Carità, o le scuole dell’infanzia e le case di riposo, ma anche per attività più ordinarie come sale parrocchiali, mense, dormitori, circoli, oratori, campi sportivi, ecc. Solo chi è preso dal desiderio di sopprimere totalmente la Chiesa, non riesce a rendersi conto del male che si farebbe alla società con la chiusura di tutte le iniziative ecclesiali».

Intanto, prosegue la campagna di stampa tutta all’attacco di Avvenire, che per smascherare «bufale, trucchi e ambiguità» sull’8 per mille pubblica a puntate una sua “contro-inchiesta” su Ici e e Chiesa. Il 20/12 racconta come per il prestigioso Centro San Fedele di Milano, la Compagnia di Gesù paghi ogni anno «quasi 39 mila euro». E, scrive il giornale della Cei, «lo fa da sempre. Anche se in questa struttura, nella centralissima piazza San Fedele del capoluogo, convergono 80 volontari che dedicano tempo e risorse per offrire visite specialistiche e farmaci a chi vive situazioni di emergenza e marginalità sociale.

Anche se proprio l’austero palazzo dei Gesuiti ospita la “Sesta Opera”, una delle più antiche associazioni di assistenza carceraria operanti in Italia». E anche «se il ruolo dell’Istituto nell’arte, nella musica, nel cinema (ricchissimi i cartelloni stagionali per ciascuna disciplina), è riconosciuta da oltre mezzo secolo». L’Ici, continua Avvenire, la paga anche «Propaganda Fide, accreditata di ben 9 miliardi di patrimonio immobiliare nella sola Capitale». Infatti, «l’istituto che dà immobili in affitto per sostenere le missioni nel Terzo Mondo è tra i primi tre contribuenti del Comune di Roma». Quanto agli ospedali cattolici, il giornale dei vescovi ricorda che rappresentano, ad esempio, il 25 per cento dei posti letto di Roma, però pesano solo per il 6,6 per cento del bilancio sanitario regionale e dunque «fanno regolarmente risparmiare soldi allo Stato».

Ma altri numeri sembrano smentire le affermazioni di parte ecclesiastica. Come quelli forniti per il Comune di Firenze da Mario Staderini, segretario dei Radicali Italiani e dal consigliere comunale Tommaso Grassi insieme a Maurizio Buzzegoli dei Radicali di Firenze e a Mauro Romanelli, consigliere regionale della Toscana: «Su 29 strutture ricettive sul territorio fiorentino prese in esame, solo 7 pagano l’Ici al Comune, nonostante, e abbiamo provato direttamente a chiedere di poter alloggiare una notte, esse non sono riservate solo a membri del Clero o al turismo religioso ma svolgono a tutti gli effetti un servizio alberghiero. I prezzi oscillano tra i 70 e i 120 euro a notte per una matrimoniale: dei veri e propri prezzi da albergo. È proprio il caso di dire che per la Chiesa le vie dell’esenzione sono infinite».

————————————————————

Imu, ecco la Chiesa che non paga libere scuole e conventi-albergoAnna Maria Liguori e Giovanna Vitale
La Repubblica 23 dicembre 2011

Sono 1500 gli immobili della chiesa cattolica che, solo a Roma, non pagano l’Ici. Un elenco registrato al catasto e depositato in prefettura, che contiene sia gli edifici esentati per legge, come le 722 parrocchie, sia quelle centinaia di fabbricati intestati ad altrettanti enti, istituti, congregazioni, confraternite, società e opere pie che, pur svolgendo al loro interno attività commerciali, hanno presentato una autocertificazione che li mette al riparo dalla tassazione.

Numeri tuttavia sottostimati rispetto al vasto patrimonio del Vaticano: la Santa Sede, in quanto Stato estero, non è infatti tenuto a comunicare le sue proprietà alle autorità italiane. Ragion per cui nessuno conosce con certezza quanti palazzi possieda e quali attività ospitano.

Un patrimonio immenso, quasi tutto tax-free, che secondo una stima dell’Anci risalente al 2005, avrebbe impedito ai comuni di incassare un gettito Ici compreso tra i 400 e 700 milioni, 20 dei quali soltanto nella capitale. Se ne discute ormai da vent’anni: dal lontano dicembre ’92, quando il primo governo Amato introdusse l’imposta comunale sugli immobili prevedendo una lunga lista di esenzioni, fra cui i fabbricati del Vaticano contemplati dai Patti Lateranensi nonché le attività, laiche e religiose, destinate a sanità, assistenza, istruzione, sport e culto.

Norma che scatenò subito una ridda di contenziosi fino al 2004, allorché una sentenza della Corte di Cassazione stabilì che le attività “oggettivamente commerciali” dovessero essere soggetti all’Ici. Nel 2005, però, il governo di Silvio Berlusconi ribaltò il verdetto, estendo l’esenzione a tutti gli immobili della Chiesa. Fino al 2006, quando anche l’esecutivo guidato da Romano Prodi ci mise lo zampino, decidendo che dovessere essere tassati solo gli edifici adibiti ad attività “non esclusivamente commerciali”.

Una formula che ha contribuito a ingarbugliare la situazione, alimentando le zone grigie. Per richiedere l’esenzione Ici, infatti, basta che all’interno di un immobile trasformato magari in albergo ci sia una cappella. Un caso più diffuso di quanto si immagini, che ha moltiplicato le cause tributarie tra l’amministrazione cittadina e gli enti ecclesiastici

CASE PER FERIE

A Roma, secondo le stime, sono almeno un’ottantina. Gestite da frati, suore, ancelle della carità, missionarie, che spesso hanno trasformato interi palazzi, o anche solo un parte di essi, in alberghi e ostelli. “Un fenomeno”, spiega Marco Causi, ex assessore al Bilancio del Campidoglio e ora deputato del Pd, “esploso in occasione del Giubileo del 2000 quando molti istituti religiosi si sono attrezzati per dare ospitalità ai pellegrini”. Nell’elenco della prefettura romana ci sono svariati esempi.

C’è la Casa per ferie delle Ancelle di Maria Immacolata, ai Parioli, che offre camera con bagno e pensione completa a prezzi modici: da 54 a 62 euro. C’è l’Hotel Santa Brigida, nella centralissima piazza Farnese, pubblicizzata anche sul sito di viaggi tripadvisor, e l’Istituto di Suore benedettine di Torre Argentina. A Monteverde, con vista su Villa Pamhili, la brouchure di Villa Maria della Suore salvadoriane si autodefinisce hotel de charme.

SCUOLE

Sono 217 gli istituti religiosi destinati all’istruzione. Dalle materne alle superiori, sono esentati dall’Ici come tutte le scuole pubbliche italiane. Pur chiedendo, spesso, rette piuttosto alte. Alcuni licei superano anche i 7mila euro l’anno e sono gestiti da una costellazione di congregazioni. Si va dagli Highlands Institute dei Legionari di Cristo all’Istituto di Villa Flaminia dei Fratelli delle Scuole cristiane, nato nel ’56 da una sede distaccata del famoso San Giuseppe de Merode, l’istituto della Roma bene affacciato su Trinità dei Monti. C’è l’Istituto Massimiliano Massimo all’Eur, retto dai gesuiti all’Eur, dove hanno studiato Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo, Luigi Abete e Gianni De Gennaro.

CASE DI CURA

Oltre agli ospedali religiosi accreditati dal Servizio Sanitario Nazionale, dal Fatebenefratelli al Campus Biomedico, esenti dall’Ici come i nosocomi pubblici, ci sono svariati edifici gestiti da religiosi che ospitano attività sanitarie, che non avrebbero diritto all’esenzione. La Provincia delle Suore Mercenarie, ad esempio, ha una casa di cura in centro a Roma e ora sta in causa con il Campidoglio. Come pure la Provincia religiosa dei santi apostoli Pietro e Paolo dell’opera di Don Orione, nel cui elegante complesso su via della Camilluccia ha ricavato anche una struttura di riabilitazione a pagamento.

————————————————————–

Casta Chiesa, anche a Firenze: l’elenco di chi paga l’Ici e chi no (solo 7 su 29)

www.altracitta.org, 22 dicembre 2011

Pubblichiamo la comunicazione di Mario Staderini, segretario dei Radicali Italiani e di Tommaso Grassi consigliere comunale di Sinistra e cittadinanza, sulle esenzioni Ici all’interno del territorio fiorentino. L’immagine è tratta dall’Atlante civile “Autopsia della politica italiana” e rappresenta tutti i vantaggi per la Chiesa derivanti dai rapporti con lo stato italiano. Buona lettura e buona visione. (R.C.)

Nel Comune di Ici alla Chiesa: le vie dell’esenzione sono infinite. Firenze su 29 strutture ricettive solo 7 pagano l’ICI
Elenco strutture ricettive di istituti religiosi – Comune di Firenze

“I dati che emergono dal Comune di Firenze sono espliciti: su 29 strutture ricettive sul territorio fiorentino prese in esame, solo 7 pagano l’ICI al Comune, nonostante, e abbiamo provato direttamente a chiedere di poter alloggiare una notte, esse non sono riservate solo a membri del Clero o al turismo religioso ma svolgono a tutti gli effetti un servizio alberghiero – annunciano Mario Staderini, Segretario Radicali Italiani e il Consigliere comunale Tommaso Grassi insieme a Maurizio Buzzegoli dei Radicali di Firenze e a Mauro Romanelli, Consigliere regionale della Toscana. I prezzi oscillano tra i 70 e i 120 euro a notte per una matrimoniale: dei veri e propri prezzi da albergo. E’ proprio il caso di dire che per la Chiesa le vie dell’esenzione sono infinite.”
“L’accoglimento da parte del Governo Monti dell’ordine del giorno presentato dall’On. Turco (Radicali) che impegna l’esecutivo ‘ad adottare le opportune iniziative normative volte ad abrogare ogni norma che preveda esenzioni o riduzioni fiscali e tributarie a favore di qualsiasi soggetto svolgente un’attività commerciale’ rappresenta una positiva inversione di marcia. Attendiamo di vedere come verrà tradotto l’indirizzo politico in Legge e siamo sicuri porterà beneficio per le casse comunali, rimuovendo un ingiusto privilegio e una sperequazione rispetto ai normali cittadini.”

“Nell’immediato a livello comunale abbiamo presentato una mozione che chiede al Sindaco di proporre, all’interno dell’ANCI, ogni atto al fine di eliminare tale ingiustificata disparità di trattamento, a salvaguardia degli interessi della finanza pubblica, nonché al fine di evitare un’infrazione comunitaria da parte dell’Italia ed inoltre chiede di avviare un’indagine di controllo sul territorio comunale sulle esenzioni e sulle mancate dichiarazioni dovute all’introduzione dell’esenzione ICI per le attività degli enti religiosi e non profit di natura commerciale. Per adesso non è stato possibile votarla per i veti della maggioranza, ci auguriamo che l’apertura nazionale possa avere effetti positivi anche su Firenze.”

“Con la sentenza della Corte Suprema di Cassazione sezione tributaria n.23314 del 09 novembre scorso sarà più semplice per i Comuni approfondire gli aspetti legati agli immobili religiosi che usufruiscono dell’esenzione dall’Ici quando in tali edifici vengono svolte attività commerciali, tipo l’ospitalità a pagamento realizzata con le modalità del trattamento alberghiero: sarà infatti impossibile che l’esenzione dall’ICI possa avvenire “senza verificare, alla stregua della realtà fattuale, la concreta sussistenza delle condizioni legittimanti l’esenzione da imposizione dell’attività svolta” – concludono gli esponenti politici – A Firenze siamo al paradosso in cui alcune strutture non pagano l’ICI ma dallo scorso luglio le stesse obbligano i turisti al pagamento della tassa di soggiorno: si rispetta la Legge solo quando a pagare è qualcun altro ?”