Ue, l’inutile guerra alle agenzie di rating

Nicola Sessa
E-ilmensile, 17 gennaio 2012

La situazione è gravissima. Mario Draghi fa una diagnosi ben più grave di quella fornita appena tre mesi fa dal suo predecessore Trichet. Allora la crisi aveva raggiunto una “dimensione sistemica”, oggi è “gravissima”. Nel mirino rimangono le agenzie di rating: con un attacco coordinato e una potenza di fuoco mai vista Olli Rehn, Mario Draghi, Martin Schulz hanno sparato, anzi cannoneggiato, contro l’operato di Standard&Poor’s, Fitche, Moody’s, le tre Moire che che decidono della vita e della morte di corporations e di nazioni. Come se la crisi dell’euro e dell’Europa dipendesse (solo) da loro e non da politiche sbagliatissime e ancora più spesso inconsistenti.

Dire che bisogna abituarsi a vivere senza le agenzie vorrebbe dire ignorare il mondo della finanza dove le agenzie rappresentano forse l’unica regola in quella foresta che di regole non ne vuole. I fondi sono ancorati ai loro giudizi: molti investitori sono “obbligati” a vendere i titoli che oltrepassano lo scalino speculativo. Per dirla più chiaramente: i titoli con tripla B vanno venduti perché è da lì in giù che comincia la soglia del rischio. Le dichiarazioni di guerra di Draghi, Rehn, Schulz, Merkel, Sarkozy (e prima, molto prima, di Berlusconi&Co) alle agenzie di rating hanno, per la prima volta, i toni del nazionalismo europeo.

L’euro e l’Europa sono sotto attacco e stremati, a Bruxelles si alzano le barricate contro le agenzie, espressione del capitalismo americano (Fitch, è controllata interamente dalla francese Simalac). Le tre potenti sorelle non piacciono a nessuno, neanche a Washington che l’estate scorsa, per un breve periodo, subì anch’essa l’onta del declassamento. Ma ci sono e, come detto, rappresentano il faro degli investitori nel mare della finanza.

Ironia della sorte, mentre Draghi parlava, S&P declassava il fondo provvisorio salva stati (Esfs) dalla tripla A ad AA+. La Bce, di conseguenza, ha invitato i paesi a tripla A – tra cui la Germania – a investire ulteriormente nel fondo. La risposta da Berlino, che del fondo è il maggior contribuente, è arrivata immediata: non se ne parla. E’ un braccio di ferro a distanza quello tra Bruxelles e il mostro tricipite: stamattina l’agenzia francese Fitch ha battuto altri due colpi: 1) l’Italia verrà declassata entro le prossime due settimane; e, cosa ben più destabilizzante, 2) “la Grecia è insolvente, il default è inevitabile”. Sulla sentenza di Fitch, pesa sicuramente lo stallo in cui si trovano i colloqui tra Atene e l’Institute of International Finance che rappresenta gli investitori privati intervenuti nel debito greco.

Il fronte degli economisti che prevedono un futuro foschissimo per l’Europa è larghissimo; tra questi, il filosofo-economista Serge Latouche, teorico della decrescita che ieri, in un convegno napoletano, ha espresso la sua opinione: “Credo, purtroppo, che questa Europa è destinata a fallire. Speriamo che se ne possa fare un’altra”. Secondo Latouche, “i giorni dell’euro sonno contati”: questione di settimane, forse di mesi. “Fra due o tre anni sarà finita”.