Una Chiesa che frena il Paese. Più lontana l’Europa dei diritti

Marco Ventura
http://www.corriere.it

Tutti i «no» su coppie di fatto, eutanasia e sessualità

L’ufficiale pontificio con cui Goethe era in viaggio verso Perugia nell’autunno 1786 pose la domanda a bruciapelo: «A voi è permesso vivere in buona amicizia con una bella ragazza senza averla sposata? Lo ammettono i vostri preti?» Il poeta tedesco riportò nel Viaggio in Italia la propria risposta a Torquato Cesarei: «I nostri preti sono gente avveduta e non s’immischiano in codeste piccolezze. Naturalmente, se gliene chiedessimo licenza, non la concederebbero». Il capitano perugino esclamò allora: «Non avete dunque bisogno di chiederla? Beati voi! E dato che non vi confessate, essi non vengono a saperlo». Cesarei proseguì poi, secondo il racconto di Goethe, imprecando contro i suoi preti e cantando le lodi «della nostra beata libertà».

Nel libro La Chiesa contro (Longanesi), in uscita domani, Sergio e Beda Romano percorrono all’inverso il viaggio del poeta. Se Goethe discese la penisola descrivendone l’arretratezza civile e religiosa, i due Romano risalgono un’Europa nord-occidentale aperta e dinamica, il cui sviluppo dipende, secondo gli autori, da un maturo rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza e fede. Identica a quella che emerge dallo scambio tra Goethe e Torquato Cesarei l’inquietudine: l’italiano sente di appartenere ad un’Europa nord-occidentale libera e mobile al cui modello agogna, ma anche ad un’Italia irrimediabilmente diversa e lontana. Se le due appartenenze confliggono, quanto pesa la religione? Quanto conta il conflitto tra cattolicesimo romano e modernità? E cosa rappresenta per l’Europa e per l’Italia una «Chiesa contro»?

I distinti itinerari dei due autori si sovrappongono, si integrano. Sergio Romano torna allo scontro tra Stato costituzionale ottocentesco e Chiesa di Roma, per raccontare lo sviluppo dei rapporti tra gli Stati liberaldemocratici e la «Chiesa contro». Il figlio Beda viaggia per gli stessi Paesi, ma segue le strade dei più recenti conflitti su famiglia, sessualità, medicina, e mostra i nessi tra la storia dei rapporti tra Stati e Chiese e l’approccio dei diversi Paesi alle questioni bioetiche.

Il viaggio di Sergio Romano è la storia di un conservatorismo cattolico che invano contrasta lo sviluppo tecnico-scientifico e la complessità socio-religiosa dell’Europa degli scambi e dei commerci. Così i liberali belgi di metà Ottocento sono, scrive l’autore, «persone spesso devotamente cattoliche, ma troppo moderne e intraprendenti per tollerare tutti i precetti della Chiesa romana ». In egualmodo la Svizzera moderna nasce dal superamento della pregiudiziale cattolica e dall’affermarsi di «un patriottismo elvetico fondato sulla tolleranza»; e lo stesso Impero austro- ungarico deve cercare la propria stabilità nella «pacifica convivenza tra persone di religione diversa». Si dimostrano invincibili i due nemici della «Chiesa contro»: lo Stato moderno che preferisce alla legittimazione religiosa la sovranità di un popolo composto da cittadini di orientamenti diversi, e la liberal-democrazia dei diritti civili e della separazione dei poteri.

Nel Novecento, scrive ancora Sergio Romano con particolare riferimento alla vicenda italiana, la «Chiesa contro» oscilla tra «il desiderio di una presenza politica nella società» e «il timore che quella presenza pregiudichi la sua autorità e libertà d’azione». Con i Patti lateranensi e i concordati con Hitler e Franco, il compromesso vince sull’intransigenza. Restituita alla sua sovranità e spinta dal nemico comunista, la Santa Sede si sente di nuovo Stato e abbraccia la logica concordataria: la «Chiesa contro», nota l’autore, si «diplomatizza», ovvero accetta, «come in tutti i rapporti diplomatici, la prospettiva dei compromessi e degli accomodamenti».

Sopravvissuta, e per giunta da vincitrice, al crollo del nazifascismo, la Chiesa si riconcilia con la modernità occidentale nel Concilio Vaticano II: il negoziato con i governi dei Paesi marxisti-leninisti, la celebre Ostpolitik vaticana, è il capolavoro di una Santa Sede sicura del proprio ruolo internazionale in nome di una Chiesa cattolica a suo agio nella modernità. Tutto cambia con la fine del comunismo e la saldatura tra la rivoluzione degli anni Sessanta e il liberalismo di Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Il mondo è di nuovo ostile.

La «Chiesa contro» rinasce nell’Europa secolarizzata, ma soprattutto negli Stati Uniti dove il cattolicesimo si trasforma da Chiesa degli immigrati in Chiesa «nazionale»; come scrive Sergio Romano, la nuova Chiesa cattolica americana si vuole dogmatica e liberale insieme: «dogmatica quando proclama le sue verità, liberale quando il liberomercato della fede le impone le sue norme». Una nuova miscela di intransigenza e compromesso muove la «Chiesa contro»: quella di un Giovanni Paolo II «contemporaneamente autoritario e popolare»; quella di un Benedetto XVI che, ancora secondo Romano, «mette definitivamente fine a qualsiasi pretesa ecumenica della Chiesa di Roma» e dà battaglia al relativismo culturale.

Si innesta qui il viaggio di Beda Romano. L’eutanasia svizzera, la clonazione britannica, il matrimonio gay olandese e spagnolo, sono l’esito del percorso raccontato dal padre Sergio. Dai testimoni intervistati e dai dati forniti, appare evidente come l’impossibilità di un veto cattolico elaborata dalla storia dei rapporti tra Stati e Chiese nell’Europa nord-occidentale abbia prodotto un biodiritto meno restrittivo e più ottimista nei confronti della scienza e della libertà del cittadino.

Non a caso i medaglioni di Beda Romano da Amsterdam, da Monaco di Baviera, da Parigi mostrano come gli scontri bioetici riecheggino i conflitti interni alla Chiesa di Roma: il magistero cattolico in tema di sessualità, famiglia e bioetica suona lontano dai credenti quanto le posizioni sugli scandali sessuali, sul celibato dei preti e sul no al sacerdozio femminile. Se in alcuni Paesi lo scollamento tra realtà sociale e ideale cattolico è accettato come fisiologico, nell’Europa nord-occidentale la pretesa di coerenza agita i credenti. Soprattutto nel mondo di lingua tedesca, gli abbandoni e le proteste raccontano una «Chiesa contro» se stessa. Beda Romano vede proprio nella Germania di Benedetto XVI «il Paese che più di altri, al momento opportuno, indurrà la Chiesa a cambiare identità ». Nell’Europa nord-occidentale non esistono oasi felici, è la conclusione dei due autori, ma, scrive Sergio Romano, «la società che si conforma alle prescrizioni della Chiesa è destinata a essere scavalcata dalle altre».

Sembra essere il caso dell’Italia in cui all’opportunismo politico-religioso che l’autore definisce il «peggiore dei relativismi» si sommano, denuncia il figlio Beda, le «pecche» dell’establishment italiano: la «vena gerontocratica e corporativa» e il «pregiudizio antiscientifico». Come nell’Europa del Viaggio in Italia, anche in quella di Sergio e di Beda Romano è importante chiedersi cosa permettono i nostri e gli altrui «preti».Ma prima ancora, ci si deve domandare con Goethe se spetti a un «prete» concedere «licenza».

(*) Sergio e Beda Romano, «La Chiesa contro» – Longanesi, pagine 250

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LA CHIESA CONTRO. RIFLESSIONI SULLA LAICITÀ IN EUROPA E IN ITALIA

Sara Zanon
www.libertiamo.it

L’ultimo libro di Sergio e Beda Romano, La Chiesa contro, edito da Longanesi, è destinato a quei lettori che amano conoscere le ragioni della Storia, per comprendere quelle dell’attualità. Si indagano i confini delle due grandi rivoluzioni degli ultimi decenni: quella dei costumi sessuali e quella della bioetica.

La prima rivoluzione ha mutato il rapporto tra i sessi, la tradizionale struttura della famiglia e la sua stessa “naturale” esistenza.
La seconda rivoluzione ha dato alla società umana originali modi per nascere, sposare, procreare e morire.

Su questo il giudizio è aperto. Viene fornito uno sguardo complessivo sul modo in cui gli Stati europei hanno adattato la loro legislazione ai cambiamenti fisici e metafisici della loro stessa Storia.
Mentre la Chiesa rimaneva impegnata a conciliare tutto, anche l’inconciliabile. Restia ai cambiamenti, viveva le battaglie giuridiche e scientifiche percependo un’innata minaccia alla sua funzione e alla sua missione.
Di qui viene il conflitto, nella cui trama invisibile, ma onnipresente e imperiosa vengono immerse persone e cose che di scienza e dogma si nutrono.

Qual è la causa di tanta difformità in un continente dalle radici condivise? Non esiste uno ius comune? Quali sfumature ha il diritto nei diversi contesti nazionali?
Se è vero che il diritto trova oggi “normalmente” nel legislatore e nella pubblica amministrazione i suoi abituali prodotti, è pur vero che la produzione del diritto è privilegio esistenziale di ogni agglomerazione sociale che intenda vivere appieno la propria libertà nella storia.
In virtù di questo, Sergio Romano analizza la nascita e lo sviluppo dei contesti legislativi, con attenzione alla dimensione spirituale del potere ecclesiastico.

L’oggetto storiografico è la discontinuità delle esperienze storiche e delle distinte maturità dei tempi e dei luoghi. Il filo che corre ininterrotto è quello della ricerca delle radici laiche e spirituali dell’Europa, dal Settecento ai giorni nostri.

L’excursus, articolato in sottocapitoli, va dal Belgio con l’alleanza tra cattolici e liberali, alla Svizzera con l’apparente guerra di religione del Sonderbund.
Dal giurisdizionalismo dell’Austria, alla Francia divisa dall’errore nel caso Dreyfus e unita nella beatificazione di Giovanna d’Arco. Senza trascurare l’ampia pagina dedicata all’Italia dei Papi (Pio IX, Pio X, Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), fino al sessantotto, alla rivoluzione sessuale e all’incubo dei preti pedofili. Concludendo, con puntuali pagine sulla Germania, e in particolare sul paganesimo di Hitler e di un’intera nazione. Senza trascurare quanto accadde negli Stati Uniti. Viene narrato il ruolo diplomatico che ebbe il vescovo Francis Joseph Spellman, il quale agì come un vero e proprio ponte tra due mondi fino a quel momento distinti.

La seconda parte del libro, scritta da Beda Romano, e strutturata, in parte, sui presupposti emergenti da mini-interviste report, tratta dei nuovi costumi e della rivoluzione bioetica. Balza agli occhi la nostra condizione di naufraghi. Stiamo vivendo una fase storica in cui la scienza e il mercato hanno preso il sopravvento, indebolendo il dibattito giuridico, umanistico, religioso, etico in generale. Scienza e mercato sono cavalli impazziti e sembra che non ci sia nessuno capace di tener loro la briglia.

Viene racconta la storia di Louise Joy Brown, prima bambina concepita in provetta, e della Cryos International società impegnata, per l’appunto, a fini commerciali, nella raccolta di liquido seminale. Intervistato, il fondatore Ole Schou descrive la tipologia di persone che si rivolgono a lui. Da registrare il desiderio di donne molto istruite, giornaliste, medici, avvocate pronte a soddisfare all’età di trent’anni il bisogno biologico della gravidanza. Avendo tralasciato la sfera sentimentale per assicurasi una carriera, il compagno della vita lo cercheranno più tardi. Prima vogliono avere un bambino.
Mutato è anche, secondo l’imprenditore danese, il desiderio che hanno le coppie di conoscere tutto del donatore, mentre un tempo l’essenziale era poter beneficiare del seme per ovviare ad una loro infermità. Addirittura, molti uomini vorrebbero che il bambino rassomigliasse loro.

La rivoluzione è in atto e la transizione non è facile, né da un punto di vista morale né da un punto di vista giuridico, come nella fattispecie dei matrimoni gay. Per secoli la regola d’oro nel mondo del lavoro o nella buona società era don’t ask, don’t tell: non chiedere, non dire. Poi ci sono stati i coming out e qualcosa è cambiata. La Danimarca è stata la prima a regolamentare il rapporto tra due gay, mentre il primo governo a introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato quello olandese. In Franca, contrariamente ad ogni previsione, il Pacte civile de solidarité si è dimostrato utile per rispondere non solo ai desideri delle coppie gay, ma di un’intera società alla ricerca di soluzioni diverse dal matrimonio.
Tra i paesi che accettano il matrimonio tra omosessuali e quelli che ancora lo vietano non si possono individuare né criteri geografici né fattori religiosi. Vedi l’esempio delle cattolicissime Spagna e Irlanda dove, rispettivamente, matrimoni e unioni di fatto sono legalmente riconosciuti. La Chiesa rimane contro, ammette le tendenze omosessuali, ma rifiuta la possibilità di sposare due persone dello stesso sesso.

Esistono differenze tra le Chiese medesime, non solo in tema di omosessualità. Nella composizione del clero (maschile e femminile), e dei comportamenti (etici e morali) dei sacerdoti: si trovano molteplici divergenze, basta avere il coraggio d’unire i puntini. L’autore accentua, soprattutto con riferimento alla Germania, le divergenze esistenti tra Chiesa cattolica ed evangelica. Lo fa percorrendo la strada del dibattito sul celibato dei preti e sull’esclusione delle donne dal sacerdozio, senza trascurare il dramma dei preti pedofili, a causa del quale molti fedeli tedeschi hanno rinunciato alla religione. Sessualità e femminismo nel clero evangelico non solo esistono, ma sono oggetto d’autobiografie. Margot Kassmann vescovo di Hannover, madre di quattro figli e divorziata, n’è autrice.

Ognuno, laico o religioso, almeno in linea di principio, dovrebbe essere libero di praticare la propria religione. In ogni Stato democratico e civile dovrebbe essere applicato quello che in Francia si chiama principio di laicità:la fede appartiene alla sfera privata. Ogni cittadino deve rispettare le regole comuni ed evitare proselitismi.
Non è un caso che proprio in Francia, patria della laicità e del Napoleone autoincoronatosi imperatore, esista il Ccne. Tale ente ha il compito di offrire opinioni su problemi etici e sulle questioni sollevate dal progresso della conoscenza nei campi della biologia, della medicina e della salute. In esso la libertà di parola è assoluta, le sessioni di lavoro sono private e ciascuno è presente a titolo personale.

In Italia, invece, il Comitato nazionale per la bioetica è nato con un decreto del presidente del Consiglio ed è ad esso collegato. L’unica autorità religiosa è il rabbino capo della comunità ebraica di Roma. Né il cattolicesimo né il protestantesimo né l’islam sono rappresentati, ma la maggioranza dei componenti è allineata sulle posizioni bioetiche della Chiesa cattolica. Definizioni e concettualizzazione diventano così l’oggetto del dibattito all’interno di queste commissioni. Definizioni che forse separano, ma non decretano il tramonto dell’una o dell’altra posizione: Evoluzionismo o creazionismo? Le cellule staminali e la pecora Dolly sono esempi di un buon modo di fare ricerca o corrono il rischio di generare nuovi Frankenstein? Quanto è lontana la clonazione umana? La cellula sintetica del biologo americano Craig Venter è il futuro di chi studia in questo campo o una chimera come tante? Le donazioni e il trapianto di organi sono il passato non ancora recepito? Qual è il criterio per sancire il decesso di un individuo? Questioni aperte che necessitano di risposte magistrali. Una di queste risposte si è avuta nel caso dei trapianti di organi. L’allora cardinale Ratzinger intervenne, dichiarando che l’essenziale era evitare qualsiasi relazione tra eutanasia e trapianti. Ma davvero esiste una relazione? E se sì, qual è?

Beda Romano scrive di nazioni dove l’abitudine alla donazione è radicata e altre dove stenta a mettere radici. Il sistema sanitario spagnolo, ad esempio, è riuscito a effettuare trentadue trapianti in un solo giorno, grazie a tredici donatori. L’operazione ha coinvolto ventitré ospedali in otto comunità autonome del paese. Sempre a proposito di sanità europea, in Svizzera il suicidio assistito avviene in un ambiente pulito, piacevole e dignitoso della periferia di Zurigo. Molti svizzeri, anche quelli che non sono contrari all’eutanasia, guardano con diffidenza e malessere l’arrivo a Zurigo di decine di persone che ogni anno decidono di terminare la loro esistenza con le associazioni Dignitas e Exit. Un turismo della morte su cui alzare, senza paura, il velo di Maya, per evitare che evangelicamente gli ultimi rimangano tali. Non valga il motto: sono benestante, realizzo all’estero ciò che nel mio paese è vietato.

Oggi in molti paesi del mondo l’eutanasia è un diritto acquisito. Una morte senza dolore provocata in caso di prognosi infausta e di sofferenze ritenute intollerabili. Persone, vite, storie che con le loro scelte hanno fatto un discorso chiaro. L’opinione pubblica e l’establishment politico non hanno potuto non udirlo. E ora? Riecheggiano i nomi di Roman Spadero, Vincent Humbert, Terri Schiavo, Piergiorgio Welby e Eluana Englaro.

La riflessione finale è tutta sull’Italia. Un ripensamento sulle scelte di bioetica fallite e su quelle male assimilate. Infatti, dalla fecondazione assistita del 2004 alla morte di Eluana Englaro, non c’è tema in cui non ci sia stata spaccatura, spesso in fazioni che non rispecchiano la tradizionale divisione politica tra destra e sinistra. Rispetto ad altri paesi, da noi, il dibattito ha assunto i connotati di una forte valenza morale, sfociando poi nella dicotomia tra giustizia e prediche. Una biografia particolarissima quella del nostro paese. Forse punteggiata da una certa selvaticità: monopolio delle aderenze politiche e dei vuoti normativi.