Cdb proposta di chiesa altra

Marcello Vigli

Dobbiamo essere grati ad Antonio Guagliumi che, la scorsa settimana in queste pagine, ha riproposto, attualizzandone i termini e auspicando il rispetto delle diversità, il tema che da sempre,  più o meno latente, è stato centrale nella vita delle singole comunità e nel loro essere movimento impegnato a costruire esperienze di “chiesa altra” in piena autonomia dalla istituzione ecclesiastica.  Il rapporto con le sue strutture centrali e periferiche, pur se nei fatti è stato  vissuto in modo diverso, perché nel tempo e sul territorio i suoi comportamenti non sono sempre gli stessi, è concepito all’interno di una comune consapevolezza. Su di essa, anzi, hanno maturato la loro disponibilità a sentirsi collegate fra loro per un percorso comune senza perdere la propria identità.

L’istituzione ha trasformato nel tempo l’articolazione delle  funzioni, che in ogni comunità umana sono necessarie per la sua stessa esistenza, in ruoli definiti e distribuiti a diverso livello in rapporto al’importanza delle funzioni stesse. Si è  creata così una  gerarchia che progressivamente ha rinnegato  il carattere di servizio proprio dell’esercizio di quelle funzioni, pur se a parole lo ha proclamato fino a definire il suo supremo vertice, il papa,  servus servorum dei. Al suo interno l’autorità è diventata potere e le risorse finanziarie destinate ai poveri sono servite a remunerare chi lo esercita. La gerarchia ha così assunto le caratteristiche delle pubbliche autorità fatte si tensioni e conflitti, ipocrisie e carrierismi.

Le Comunità si sono ritrovate concordi, distinguendosi da analoghe esperienze di base, proprio nel denunciare e  contrastare  questa assimilazione, sancita in Italia nel regime concordatario, che condiziona l’intera istituzione ecclesiastica.

Alle logiche di questa istituzione le Cdb si sono dichiarate, perciò,  estranee rifiutando non solo la falsa contraddizione fra dentro e fuori  la Chiesa, che non si identifica con essa, ma anche  la ipocrita e comoda posizione di chi la critica nelle sacrestie e la esalta nelle piazze.

Ovviamente si sono sempre rallegrate degli sforzi che al suo interno sono stati fatti e si fanno per limitare i danni che le sue carenze e contraddizioni impongono alla funzione affidata da Gesù alla sua Chiesa – le Cdb non si sono lasciate tentare  dall’antistorica idea che senza di essa il vangelo sarebbe  arrivato fino a noi  dopo duemila anni – ma non se ne sono fatte coinvolgere restando fedeli  alla loro vocazione di praticare modi diversi per rispondere al mandato di annunciare la nuova legge dell’amore, che nessun Diritto canonico riuscirà mai a codificare, e di praticare l’uguaglianza,  che i Movimenti cattolici rinnegano  facendosi chiese parallele subalterne al proprio leader.

Si sono anche rallegrate  per ogni sussulto che dall’interno della Comunità ecclesiale  ha sollecitato  innovazione e riforma, superando mugugni spiritualistici interni e soprattutto diffidenze esterne, ma senza rinunciare alla propria specificità. Non si può ignorare  che, se in questi giorni il movimento di rinnovamento conciliare ha trovato il fulcro della sua mobilitazione in Noi Siamo Chiesa, le Cdb furono determinanti, senza nessun intento egemonico, nella raccolta delle quarantamila firme che introdussero anche in Italia questa esperienza già diffusa in Europa.

Soprattutto, però, si sono coinvolte in quei movimenti di liberazione laica che si levano dalle masse di tutto il mondo, a cui fa riferimento il documento dell’Isolotto, consapevoli che i mutamenti da essi prodotti sono  anche un forte incentivo per il rinnovamento della Chiesa: senza le cannonate di Porta Pia  non sarebbe finito il potere temporale e senza il movimento socialista non ci sarebbe stata la Rerum Novarum.  Per questo coinvolgimento con la “ base “ della società continuano ad usare questo nome, che un tempo le aveva contrapposte ad un vertice che ieri le discriminava  e reprimeva  ed oggi le ignora.

A questa consapevolezza  s’ispira il comunicato sul Conclave  della Segreteria nazionale:  non si rivolge ai cardinali – non ha senso, a mio avviso, scrivere una lettera sapendo che non avrà risposta – dichiara, anzi, la totale estraneità  delle cdb alle loro logiche.

Sul piano dell’ideale evangelico poi, altre sono le valutazioni ed i sogni delle comunità cristiane di base: dal ritorno del papa al ruolo originario di vescovo di Roma, “colui che presiede nella carità” (S. Ignazio di Antiochia), con la rinuncia al centralismo monolitico Vaticano a favore di una ampia e diffusa collegialità nelle decisioni, fino ad arrivare ad un rispetto del pluralismo e della libertà dei figli e delle figlie di Dio riuniti in comunità locali vive e non in strutture puramente dispensatrici di sacramenti.

Questo auspicio hanno rinnovato nel salutare l’avvento di papa Francesco accompagnandolo con la pressante richiesta di introdurre radicali innovazioni nella composizione e nelle competenze del Sinodo previsto dal Concilio.

Accogliendo l’invito di Antonio ad intervenire nel dibattito da lui avviato, non mi riconosco nell’alternativa da lui posta fra la assoluta estraneità, comunque pienamente  legittima,  e il dialogo critico.

Penso che le Cdb possono accompagnare la loro autonoma e irrinunciabile ricerca di “chiesa altra”  – fatta di pratica eucaristica, di studio biblico e di testimonianza evangelica nel quotidiano – con la costante  denuncia del carattere antievangelico dell’attuale struttura istituzionale,  accompagnata dalla puntuale sollecitazione di cambiamenti radicali e sostenuta dalla partecipazione attiva alle iniziative per contrastare il connubio delle gerarchie con i poteri forti e  la ricerca di finanziamenti pubblici.

Le impediscono di essere povera di potere e di denaro!