Bologna: senza oneri per lo Stato

Maurizio Cecconi (*)
Adista Segni nuovi n. 17/2013

Bologna, la prima città italiana che nel 1995 ha “inventato”, a sinistra, i finanziamenti pubblici alle scuole private, sarà anche la prima a rimetterli in discussione, grazie a un coraggioso manipolo di volontari che hanno fondato, due anni fa, il Comitato Articolo 33 (http://referendum.articolo33.org) laddove la Costituzione stabilisce che «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». I politici inclini ad assecondare i voleri delle gerarchie cattoliche e del Vaticano tentano spesso di “contestualizzare” questa libertà e questo limite che la Costituzione garantisce e impone. Arrampicandosi sugli specchi: il significato, letterale e giuridico, del «senza oneri per lo Stato» è invece chiarissimo.

Da questo desiderio di laicità, di rispetto delle istituzioni e di difesa delle funzioni repubblicane che la scuola pubblica deve assolvere – prima fra tutte, la formazione dei cittadini – è nato il referendum che si svolgerà domenica 26 maggio. Il quesito, al di là di alcuni tecnicismi giuridici, è semplice e di immediata comprensione: quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
A) Utilizzarle per le scuole comunali e statali.
B) Utilizzarle per le scuole paritarie private.

In altre parole, il referendum chiede se, per assolvere all’obbligo delle istituzioni di garantire il diritto alla scuola pubblica, gratuita ed aperta ad ogni orientamento esistenziale e a ogni confessione religiosa, sia meglio finanziare le scuole pubbliche e private (sottraendo dunque danaro al bilancio delle scuole statali e comunali) o finanziare esclusivamente quelle pubbliche.

Parrebbe, a una prima distratta analisi, una questione solamente di principio, senza nulla togliere ai principi, che sappiamo tutti quanto siano importanti per il vivere collettivo. È anche, invece, una vicenda che ha risvolti drammaticamente pratici: la situazione delle scuole pubbliche bolognesi è infatti disastrosa.

Un tempo avanguardia dei progressi nel campo dell’istruzione, da qualche anno il capoluogo felsineo registra un numero crescente di bambini e di bambine che chiedono di iscriversi alle materne comunali ma che si sentono rispondere «no, non c’è posto» e sono poi esplicitamente invitati dagli esponenti del Partito democratico e dai suoi assessori a «rivolgersi alle scuole private» cattoliche, a cui il Comune ha elargito, nel 2013, un milione e duecentomila euro.

Sempre quest’anno, ben 463 famiglie si sono viste negare il loro diritto, costituzionalmente protetto, alla scuola pubblica. Con quel milione e più che l’Amministrazione regala alle scuole private, si potrebbero aprire 11 nuove sezioni di scuola comunale, eliminando le liste d’attesa e aprendo una nuova stagione di investimenti nell’edilizia scolastica.

Il referendum ha dunque un significato di principio – il rispetto della nostra Magna Carta – e anche un significato politico, trasparente e forte: invertire la tendenza che vuole le istituzioni impegnate nella dismissione dei beni comuni: acqua, scuola, sanità. Per questi motivi, noi referendari siamo particolarmente felici di avere Stefano Rodotà quale primo firmatario dell’appello nazionale e quale Presidente onorario del Comitato promotore della consultazione.

Le parole di Rodotà hanno cancellato dalla discussione l’accusa, velenosa e pretestuosa, di essere contrari all’esistenza delle scuole private: «Appoggio un’iniziativa non aggressiva nei confronti dei privati e rispettosa dei diritti e degli obblighi della Repubblica. Le scuole private si possono liberamente istituire senza oneri per lo Stato, è un principio della Costituzione. Sempre la Costituzione prevede che sia la Repubblica a istituire le scuole statali, di ogni ordine e grado. E quando ci sono difficoltà economiche, bisogna prima di tutto garantire le risorse per le scuole statali».

Riassumendo: da una parte abbiamo un manipolo di coraggiosi senza mezzi economici ma, per fortuna, con molta creatività e tanto entusiasmo. Dall’altra, uniti a Bologna come a Roma, il Pd, il Pdl, Scelta civica, la Lega Nord e la Curia: ricchi e con robuste organizzazioni alle spalle. Se volessimo usare una metafora biblica, diremmo “Davide contro Golia”.

Aiutateci a far vincere Davide. Perché la battaglia di Bologna riguarda l’Italia tutta: la vittoria della scuola pubblica potrà dare un segnale di forte cambiamento alla cittadinanza.

(*) Volontario Comitato Articolo 33