Fidarsi di lui, il quale ti dice: fidati di te stessa – Commento a Lc 7, 36- 8,3

Paola Cavallari

Benché di pubblicani e prostitute si parli sovente, questo è l’unico passo, in un racconto evangelico, che ospita una prostituta come soggetto preciso. È personaggio senza nome, ma, al tempo stesso, lavorato a sbalzo nella rappresentazione; ella “Sta dietro”, ricorda il testo, ma, nello stesso tempo, è protagonista.

La scena si svolge nella casa di Simone fariseo, un classico tipo sociologico: esprime ciò che l’opinione benpensante racchiude (il fatto che sia fariseo contiene certo un significato, ma qui, per lo spazio concesso, non ne sviluppiamo argomentazioni). Senza esitare, egli inquadra colei che si è introdotta nella casa -per acquattarsi ai piedi di Gesù- come una prostituta, non come una persona. Prevale l’incasellamento in categorie precostituite, anteponendo il pregiudizio stigmatizzante alla relazione autentica, alla misericordia per il prossimo ( rimando per es. alla parabola del samaritano), confinando a priori i reietti della società. Non solo: eleva il suo pregiudizio a norma, ed incolpa Gesù – “quindi non è profeta”- di non adeguarvisi. Gesù, infatti, non ha filtri: si espone all’imprevedibilità dell’incontro e si relaziona a lei per quel che compie e comunica. Simone, confermando i suoi pregiudizi, vede in lei uno scarto (di cui però uomini, non altrettanto stigmatizzati, si servono) e in lui un millantatore.

La donna è una delle figure più estreme dei quattro vangeli. I suoi gesti e la sua personalità inebriano; sono proprio il tatto e l’odorato ( per così dire: i sensi più sensuali) a fermentare intensamente l’impasto dell’incontro. Fluiscono lacrime, profumo e baci, che si riversano sui piedi di un Gesù che non si ritrae, mentre in un crescendo di elegiaco erotismo compaiono anche i suoi folti capelli sciolti (cosa assolutamente interdetta ad una donna, fuori dalla sua dimora).

Scrive l’evangelista: la donna “stava dietro”; non voleva apparire, dunque. Notazione decisiva. Presumiamo che avrà sentito parlare di questo inusitato profeta e maestro, misericordioso anche con i peccatori, e avrà voluto osare: perchè non conoscerlo? perchè non adorarlo? Pur sentendosi amaramente colpevole per la sua condizione, e donna abietta, la speranza vince: lo raggiunge, si rannicchia ai suoi piedi come un cagnolino, e, tra le lacrime, versa su di essi il profumo e li bacia. Si è fidata di lui, si è potuta per una volta fidare di un uomo che non la usasse. Si è fidata allora anche di se stessa: ha avuto fede. “La tua fede ti ha salvata” affermerà Gesù alla fine. Enunciato fondativo della fede cristiana: “Non io, ma la tua fede ti ha salvata”.

Essa non parla, come tante altre donne che non hanno nome e non lasciano traccia di parola nella storia. Donne relegate alla sfera della natura, e non a quella della cultura/storia.

Ma non è la sua audacia, la sua creatività operante comunque un dire poetico? Un dire per analogia? Nella sua grammatica del corpo, ella significa la sua umiltà ( accovacciata dietro come un cagnolino) e al tempo stesso il bisogno imprescindibile di accostarsi alla radice dell’amore, con estrema vicinanza, intimità, ardore. Con la semplicità e purezza dei gigli nei campi e degli uccelli nel cielo. Non c’è scandalo per Gesù, nè provocazione erotica: solo l’amore conta, è il primo comandamento. Non un accenno di un invito al pentimento. Essa gli appare vittima del peccato maschile, più che peccatrice; costretta a quel servizio disumano fin dalla fanciullezza, come ricostruzioni storiche ci informano.

La parabola incastonata al centro dell’episodio (del creditore e dei due debitori), con una vena di arguzia annunciata da Gesù («Simone, ho da dirti qualcosa.»), rende esplicita la predilezione per gli ultimi e gli esclusi.

Con la chiusura dell’episodio e l’avvio del capitolo ottavo, sembra intervenga una cesura, ma non è così. Le donne “che egli aveva guarito da malattie e liberato da spiriti maligni”, donne lasciate in ombra nel racconto dei redattori, sono anch’esse anello di quella catena umana – femminile e maschile- alla sequela di Gesù che si inscrive in questo sigillo: “La tua fede ti ha salvato”. È stata riconosciuta loro la dignità di persone, di singolarità, di amici – non servi- del Signore (Gv 15,15). Matriarche di quel popolo di Dio costituito da donne, troppo spesso tradite dall’istituzione Chiesa.

(Adista Notizie n° 18 del 14-05-2016)